Scandalo rifiuti: i responsabili in Puglia e le nuove sfide

Scandalo rifiuti: i responsabili in Puglia e le nuove sfide
di Adelmo GAETANI
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Venerdì 26 Luglio 2019, 13:14
L’emergenza rifiuti è uno dei pochi “cantieri” sempre aperti da Roma in giù. La situazione della Capitale è da tempo un caso, ma più corretto sarebbe parlare di vergogna nazionale. Quello che nelle regioni del Nord Italia e in quasi tutta Europa è considerata una risorsa da smaltire e utilizzare ai fini economici, nel Centro-Sud diventa spesso un problema irrisolto e irrisolvibile, salvo che non si ricorra a costosi trasferimenti - quasi sempre all’estero - dei rifiuti umidi. Si tratta di un'emergenza figlia di scelte rinviate per mancanza di coraggio, o adottate per assecondare interessi privati non sempre trasparenti o sbagliate perché prive di una visione del futuro.
Le principali responsabilità di questo stato di cose sono in senso lato della politica, più precisamente, nel caso della gestione del ciclo dei rifiuti, di chi è al governo di una Regione, Ente a cui fanno capo le scelte programmatiche dalle quali devono discendere le soluzioni (come la previsione e la realizzazione di impianti di smaltimento) e gli interventi sul campo. Ma qui - soprattutto quando le decisioni riguardano territori del Mezzogiorno d'Italia - quasi sempre scatta l'atteggiamento interdittivo di sindaci, solitamente sostenuti da un chiassoso associazionismo locale. Così il solo discutere di un nuovo impianto di smaltimento diventa difficile, se non impossibile, con conseguenze che ciclicamente sono sotto gli occhi di tutti. Perché, ci sarebbe da dire, il destino dei rifiuti appare un po' cinico e baro: tutti li producono, nessuno li vuole.
Questo accade anche perché ai cittadini sfugge l'elemento di coerenza e di progettualità di interventi che appaiono improvvisati, segmentati e senza una qualche prospettiva di utilità, che non sia quella di imballare rifiuti e di stoccarli in attesa di sapere che fine dovranno fare.
La Puglia - con particolari ricadute negative nel Salento - vive da oltre un decennio nel limbo dell'indeterminatezza, tra la rincorsa a soluzioni-tampone e uno stato di emergenza incombente, nella certezza che prima o poi la crisi esploderà in modo incontrollabile. Come sta accadendo in questi giorni a sud di Bari. È stato il consigliere del Pd, Sergio Blasi, a ricordare dalle colonne di questo giornale che da anni attendiamo di discutere il nuovo Piano dei rifiuti in Consiglio regionale, così da poterne chiudere il ciclo. Ma niente, il Piano non arriva (), l'unica certezza che si delinea è il paradosso per cui i Comuni differenziano sempre di più l'umido, ma la Regione non è in grado di garantire lo smaltimento in loco.
Non si fa peccato a pensare che i ritardi del Governo pugliese siano una mossa politica, per evitare scelte impolitiche e divisive sui territori. Oppure sono la conferma che quanti sono alla guida della macchina regionale - a partire dal governatore Emiliano - non hanno idee chiare sul da farsi e non sanno in quale direzione muoversi. Allora, è normale pensare che è meglio stare fermi in attesa di tempi migliori, non considerando che le conseguenze delle decisioni eluse oggi possono diventare qualche tempo dopo problemi impossibili da risolvere.
La questione dei rifiuti non è materia semplice e facilmente gestibile: ci vuole polso, coraggio e la disponibilità ad assumere decisioni anche impopolari quando si tratta di salvaguardare la salute pubblica e il decoro urbano. Soprattutto è una questione che richiede due risposte per tempi diversi e obiettivi differenziati.
Nell'immediato e nel breve periodo si tratta di effettuare interventi che neutralizzino le ricorrenti emergenze attraverso un potenziamento della raccolta differenziata, con premi sensibili per le comunità più virtuose e taglio delle ecotasse per i cittadini, e l'attivazione dei siti necessari alla delicata gestione della frazione umida. Su questo aspetto è la Regione che ha il potere di decidere e nessuna inerzia può trovare ulteriori giustificazioni.
Nel medio e lungo periodo si tratta di lavorare ad un grande progetto capace di tracciare le linee di una svolta operativa, ma anche culturale, che parta dall'idea-forza di un drastico taglio della produzione dei rifiuti.
È il cosiddetto passaggio dall'economia lineare all'economia circolare, un salto nel futuro possibile e necessario sia nei singoli Paesi che nel mondo globalizzato e interdipendente. Economia circolare vuol dire passaggio mentale e pratico dall'usa e getta del consumismo senza limiti, all'adozione di bio-materiali, all'uso e riciclo-riuso di beni e merci. Parliamo di un cambio di prospettiva rispetto agli attuali sistemi di produzione e di commercializzazione dei beni di consumi che attualmente implementano e mandano fuori controllo una quantità enorme di fattori inquinanti.
Su questi aspetti, che potremmo definire strategici, gli interventi degli Enti locali e regionali, poco possono se non sono inseriti in un quadro d'insieme nazionale e internazionale che abbia il suo punto di riferimento nei processi di innovazione coniugati al rispetto e alla salvaguardia dell'ambiente, in quanto Casa comune.
 
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