La piazza delle sardine e lo spirito del tempo

di Stefano CRISTANTE
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Domenica 24 Novembre 2019, 18:54 - Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 18:46
C’è già chi dice che la mobilitazione delle cosiddette sardine sia destinata a sgonfiarsi in poche settimane, forse in pochi giorni. C’è invece chi dice che le sardine siano destinate a grandi cose, forse addirittura a rimettere in moto i progressisti in Italia. Chi ha ragione? La prima cosa che mi sento di dire è che esiste un travaso informativo enorme, scomposto e inarrestabile tra social network e media generalisti, che riesce a disintegrare il senso di novità dei fenomeni nel giro di un paio di giorni. Date un'occhiata ai talk show televisivi: dibattito sulle sardine e intervista obbligatoria al trentenne riccioluto Matteo. Guardate le prime pagine dei giornali nazionali: editoriali e pezzi in evidenza dedicati alle sardine. Ora cliccate su Facebook: decine e decine di post, molti con condivisioni di interviste a Matteo, alcuni con testi riconoscenti ai ragazzi e con una carica di ottimismo quasi commovente, altri scettici sulla presa del movimento, altri assolutamente contrari a questo tipo di mobilitazioni per la loro supposta vuotezza di contenuti. Sono passati davvero pochi giorni dal flash mob convocato da Matteo e dai suoi tre amici a Bologna, che ha riempito la piazza di cittadini in un numero decisamente superiore a quanto avevano fatto i leghisti quella stessa sera al Paladozza della città felsinea. Ma la quantità di messaggi, di opinioni, di servizi, di articoli, di trasmissioni televisive e radiofoniche hanno già saturato lo spazio dell'interrogazione collettiva.

È una caratteristica della nostra epoca. I media sociali e quelli mainstream viaggiano come condor sulle notizie: non si danno il tempo per capire, non cercano spazi di analisi approfondita, non valutano le sfaccettature di un fenomeno. Vanno dritti all'osso, spolpandolo. Nello stesso tempo, una parte di responsabilità è in chi si fa spolpare. Ricordate il caso del ragazzino romano di Tor Bella Monaca che, fornito di felpa scura e coraggio, divenne il protagonista di un breve video postato su youtube da cui si evinceva che teneva testa a un paio di nerboruti neofascisti anti-rom che aizzavano la folla in un'ennesima riproposizione dello slogan prima gli italiani? C'è da scommettere che i media si siano avventati come predatori sull'adolescente, e che tutto il codazzo di giornalisti da talk di prima serata se lo sarebbe conteso con durezza se solo avesse accettato di partecipare a un programma. Ma la famiglia del ragazzo ha fatto la cosa più saggia: gli ha fatto quadrato attorno, sostenendo che la scuola era la cosa più importante per lui, e che sarebbe stato sbagliato creargli un diversivo tanto potente e depistante come l'attenzione mediatica. E infatti il ragazzino scomparve dalle cronache politiche e dalle immagini televisive, e nessuno ne ricorda il nome.

Ben diverso però è il caso dei promotori delle sardine: sono giovani adulti e non adolescenti, se vanno a scuola è perché ci insegnano (uno è insegnante di sostegno per bambini disabili), e inoltre hanno fatto il possibile per farsi notare. Niente di male, naturalmente. Non è certo una colpa inventarsi un nome azzeccato e promuovere una manifestazione, né tentare di arginare il capo di un partito che fa il possibile per alzare i toni della polemica politica, per rendere le parole le più contundenti possibili, per dileggiare e offendere gli avversari, per insultare e infangare la memoria di persone uccise dalle botte di appartenenti alle forze dell'ordine. Tutti gli italiani conoscono Matteo Salvini. Per molti (secondo i sondaggi più del 30% degli elettori), le sue posizioni sono giuste e lui è un personaggio solido e rassicurante, che parla come bisogna parlare, diretto e senza peli sulla lingua. Per molti altri, Salvini è un personaggio pericoloso, brutale e disposto a tutto pur di tornare al potere.
Dall'infelice gestione della crisi estiva da lui stesso provocata, Salvini ha ricominciato a muoversi. Prima scompostamente, come quando si disse disposto a offrire a Di Maio la poltrona di primo ministro durante le ultime battute della crisi di governo (e dopo averlo bollato come traditore fino a poche ore prima), poi con più decisione, come nel corso della vittoriosa campagna delle recenti elezioni umbre. Ora, eccoci al capitolo Sardine versus Salvini. La posta in gioco è il governo dell'Emilia-Romagna. La Lega ha una candidata-governatrice nota al pubblico televisivo, Lucia Bergonzoni, ma in realtà si vota su Salvini.

L'immediata popolarità dell'iniziativa delle sardine è dovuta a due fattori: all'intuizione di un nome che è anche un hashtag capace di essere virale sia nella rete che nelle piazze e strade, una specie di ombrello sotto cui contarsi ed esserci, facilmente registrabile da tutti i media. L'altro fattore è l'insoddisfazione di milioni di cittadini critici e indignati verso l'espressione salviniana della politica, e che tuttavia non si sono sentiti mobilitati né dal centrosinistra né dai 5 Stelle, che anzi con Salvini hanno governato.

L'imminente periodo festivo si presta a un grande classico: mobilitazioni fiorenti fino alla settimana pre-natalizia arrancano alla ripresa dell'anno nuovo e spesso si indeboliscono irrimediabilmente. Le elezioni in Emilia si terranno il 26 gennaio, e quindi se il centrosinistra vuole continuare a governare ha tutto l'interesse ad assecondare le mobilitazioni, che hanno un valore potenziale di contro-tendenza rispetto all'attuale interpretazione dello spirito del tempo, pro-leghista e pro-destra nel breve e forse nel medio periodo.
La cartografia dei conflitti politici e sociali mondiali è molto complessa: persiste un successo dei leader associati al populismo mediatico, ma sono in atto varie controspinte, spesso in una situazione molto confusa, come nel caso del Sud America, dove Lula viene scarcerato, Evo Morales ripara in Messico, il Cile è dilaniato e militarizzato, e in quasi tutti i paesi il conflitto sta salendo di temperatura. In Italia abbiamo avuto un protagonismo populista dal basso, attraverso il Movimento 5 Stelle, diverso da quello di molti altri paesi, e che ora si sta sacrificando sull'altare dell'obbligo di governare. Per le emozioni pubbliche, ora lo spazio è più grande di prima. Non si sa se duraturo, ma certamente lo spazio è più grande e ancor più influenzato dalla tendenza politica che appare oggi vincente, quella di trasferire la logica social nel sociale.
 
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