Applicare in modo rigoroso le leggi anti-razziste

La manifestazione antirazzismo di Macerata
La manifestazione antirazzismo di Macerata
di Roberto TANISI
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Domenica 11 Febbraio 2018, 19:57
“E che si spara così? A momenti poteva pigliare qualcuno”. È la frase pronunciata da un cittadino di Macerata all’indomani della tentata strage posta in essere da un “nazi-leghista” (sua la definizione), tale Luca Traini, che, armato di una pistola semi-automatica, in vari punti della città ha fatto fuoco su alcuni immigrati.  Colpevoli solo di avere nero il colore della pelle: sei feriti, due in modo grave. Una frase, quella del cittadino maceratese, per certi versi più raggelante dell’episodio in sé, perché dimostra come per lui quelle sei persone ferite non esistessero, non contassero nulla, fossero semplici “ombre” che potevano essere tranquillamente cancellate. Una frase che, nel silenzio dei più, tradisce un sostrato razzista che serpeggia nel nostro Paese, a ottanta anni dal varo delle vergognose leggi razziali. Anche nel 1938 gli italiani furono in gran parte silenti, allorquando agli ebrei furono tolti i beni, il lavoro e, alla fine, anche la libertà e la vita, con la deportazione nei lager nazisti, da cui solo in pochi fecero ritorno.

Qualcuno, in questi giorni, ha ascritto la tentata strage – e la conseguente tiepida reazione di molti italiani – al gravissimo fatto di sangue, occorso sempre a Macerata, che ha visto una giovane ragazza romana uccisa, fatta a pezzi ed occultata in due valigie. Un episodio di una ferocia inaudita, per il quale è stato arrestato uno spacciatore nigeriano ed altri stranieri risultano indagati: da qui l’equazione “efferatezza=straniero”, quasi che delitti così gravi siano frutto esclusivo dell’immigrazione illegale e che gli italiani non possano essere altrettanto adusi a forme di tale inaudita violenza; negli stessi giorni in cui, a Roma, un italianissimo sessantenne uccideva e faceva a pezzi la sorella gettandola nei cassonetti dei rifiuti e, a Milano, un altro italianissimo tranviere di 38 anni uccideva con numerose coltellate una ragazza di 19 anni, infilandone il corpo in un borsone, solo perché aveva osato negarsi ai suoi approcci sessuali.

Pensavamo di esserci liberati del gravoso fardello del razzismo, ma forse sbagliavamo: come un tizzone che resta acceso sotto la cenere ed è pronto a ravvivarsi al minimo scuotimento, il razzismo torna a rialzare la voce, ad alimentare la paura verso il diverso, grazie anche alle tante strumentalizzazioni da parte di coloro – intellettuali, giornalisti, politici – che preferiscono parlare alla “pancia” piuttosto che alla “testa” del Paese. Pochi giorni prima di questi gravi fatti di sangue, un esponente politico impegnato in campagna elettorale, parlando delle immigrazioni e della gravità (a suo modo di vedere) del fenomeno, aveva finito con l’invocare drastiche decisioni per far sì che “la razza bianca continui ad esistere”. Una frase che richiama, nel 2018, certi articoli apparsi sulla rivista “Razza e diritto”, che, durante il fascismo, miravano a fornire supporto scientifico alla politica che aveva prodotto le leggi razziali. Accusato, poi, di aver adottato un linguaggio razzista, quel politico si è difeso sostenendo che è la stessa Costituzione a menzionare le razze. Una solenne sciocchezza, dacché la Costituzione afferma, fra i suoi valori, proprio l’esatto contrario di quanto da lui sostenuto. Infatti, dopo aver proclamato, nell’art. 2, il riconoscimento “dei diritti inviolabili dell’uomo”, nell’art. 3 la Costituzione afferma il principio di uguaglianza di tutti davanti alla legge, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Laddove il riferimento alla espressione “razza” non vale certo ad affermarne l’esistenza, quanto a vietare possibili discriminazioni che, artatamente, facciano riferimento al concetto di razza. Un divieto di discriminazione in tutto uguale a quello di molte Costituzioni occidentali e che si rinviene anche nella Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (art. 14) e nella Dichiarazione universale Onu per i diritti dell’uomo (art. 2).

Del resto, i risultati della ricerca scientifica nell’ambito della genetica, in particolare sul Dna individuale, hanno dimostrato l’impossibilità di identificare geneticamente gruppi di persone, classificandoli sulla base delle “razze” (le quali, dunque, geneticamente non esistono). È di questi giorni la notizia della scoperta che gli antenati degli inglesi avevano la pelle scura e gli occhi azzurri. L’esame del Dna su di un fossile umano rinvenuto nella gola di Cheddar, nella contea di Sommerset (Inghilterra), dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, come i nostri (degli europei) progenitori, in nulla fossero diversi rispetto ai “colored” dell’Africa, da cui l’homo sapiens proviene. Si racconta che ad Albert Einstein, al suo ingresso negli Stati Uniti, gli fu richiesto di indicare la razza di appartenenza e che gli abbia risposto: “appartengo alla razza umana”. Non so se l’episodio sia realmente accaduto, ma certo le scoperte scientifiche dimostrano come la risposta attribuita ad Einstein sia rispondente al vero. Tuttavia, se scientificamente non esistono le “razze”, esistono invece i razzisti, rispetto ai quali occorre ricordare come la legislazione, italiana ed europea, punisca come aggravate le aggressioni fisiche o anche solo verbali connotate da odio razziale. Allora, di fronte a questo proliferare di posizioni marcatamente razziste, non solo è opportuno che i cittadini che hanno a cuore la democrazia e la Costituzione non restino inerti e silenti (cosi come accadde nel 1938), ma è necessario, le volte in cui espressioni del genere superino la soglia del penalmente lecito, che la legge trovi puntuale e rigorosa applicazione. Diversamente è alto il rischio che possa capitare anche a noi quanto preconizzato nei famosi versi scritti da Bertolt Brecht: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.


 
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