L'analisi/Il "civismo" di Emiliano e il risveglio tardivo della sinistra pugliese

L'analisi/Il "civismo" di Emiliano e il risveglio tardivo della sinistra pugliese
di Francesco G. GIOFFREDI
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Giovedì 2 Giugno 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 17:32

Tre fili, un solo intreccio, molte contraddizioni. Il civismo bulimico di Michele Emiliano è ormai molto più di un progetto politico che tutto include, divora, stempera: è argomento di conversazione e materia da convegni, scudo e alibi a sinistra per mascherare i propri limiti strutturali ed errori, e motivo per versare lacrime tardive. Le coalizioni si sfaldano, i partiti sbiadiscono, le leadership latitano e le idee-guida pure: la spregiudicata “coalizione di governo della Pugliaha certo accelerato tutti i processi di deterioramento, ma lo ha fatto accentuando e sfruttando l’inconcludenza altrui. A cominciare dal centrosinistra: troppo facile o persino inutile lamentare solo ora i guasti del civismo extralarge, dei singoli cooptati qua e là nel vuoto dei partiti. Troppo comodo denunciare il trasversalismo che sa di trasformismo senza tradurre le parole in scelte. Ecco allora i tre fili che si intrecciano, tutti di stretta attualità.

Il "risveglio" della sinistra

Il primo è a sinistra, da tempo accomodata sul lettino dello piscanalista. Soprattutto in Puglia, la regione del vendolismo di lotta, governo e potere. Giusto per circoscrivere il campo: qui per “sinistra” si intendono partiti, movimenti o pezzi degli stessi, da Sinistra italiana ad Art.1, da La Giusta Causa all’ala più critica e barricadera dei democratici. A sinistra, da mesi, fiorisce la stagione delle tavole rotonde e delle occasioni di confronto e autoanalisi, con refrain sempre più incalzanti: la condanna senza appello del civismo di Emiliano, una nemmeno troppo velata nostalgia per la “politica dei partiti”, la necessità di restituire smalto e identità alla sinistra ormai stritolata dalle “contaminazioni” del governatore. «Il civismo - ha scandito Nichi Vendola l’altroieri - dovrebbe essere l’esaltazione delle virtù civiche, non l’autoproposizione di illustri sconosciuti o il traghetto che sposta il ceto dei trasformisti». Proprio da sinistra (e da Vendola) però già dieci anni fa si ironizzava sui partiti «participio passato di partire», e due anni fa fioccarono gli appelli a compattarsi su Emiliano in vista delle elezioni regionali, una sorta di irrinunciabile necessità per arginare l’avanzata “delle destre”, poi in realtà ampiamente arruolate dal governatore con la “coalizione di governo della Puglia”. Eppure, tanto all’epoca quanto oggi, i progetti di Emiliano erano ben noti: “andare oltre”, pescando a sinistra e destra attirato da bacini elettorali territoriali e piccoli potentati, sfruttando la polverizzazione dei partiti e il sistema di potere e poltrone che gravita attorno alla Regione.
E allora delle due, l’una: o a sinistra speravano ingenuamente in un’improbabile folgorazione e resipiscenza di Emiliano, che per gratitudine verso la sinistra (!) avrebbe dovuto passare un colpo di spugna (!!) su metodo e visione di governo; oppure, sempre a sinistra, immaginavano di poter domare il governatore, magari raccogliendo pure qualche briciola.

Due scenari entrambi velleitari, mutilati peraltro della prerogativa alla quale la sinistra ha abdicato da tempo: riappropriarsi delle piazze, degli spazi di apertura, della vocazione a cogliere il palpito degli strati sociali a corto di ossigeno. E mentre piovono atti d’accusa e mea culpa sul civismo emilianiano, intanto in giunta regionale la sinistra convive senza reali patemi con esponenti di destra, e sui territori le alleanze multicolor sono sempre più la regola. Insomma, la sinistra si straccia le vesti nei convegni, ma fuori da quelle felpate stanze nulla o poco cambia. Probabilmente perché gli spazi di agibilità politica e istituzionale sono ridotti, quasi inesistenti.

Le scadenze elettorali

Oppure - e siamo al secondo filo dell’intreccio - perché c’è una ragione tattica, di manovra politica e posizionamento: le elezioni politiche (nel 2023), le amministrative di Bari (nel 2024) e le regionali (nel 2025) incombono o quasi, gli accordi prima o poi prenderanno forma, e la corsa alle candidature imperversa. E se per la tornata nazionale a smazzare le carte saranno le segreterie nazionali, in vista delle comunali baresi affiorano ambizioni e schemi: Michele Laforgia, avvocato e frontman di La Giusta Causa, è sulla roulette dei nomi e cerca la sponda di vendoliani e sinistra pd, Antonio Decaro potrebbe puntare su una figura di stretta fiducia, ed Emiliano invece sparigliare le carte a tutti. Alzare il tiro dei toni (e solo di quelli) potrebbe essere allora semplicemente uno strumento negoziale.

Le strategie di Emiliano e la strizzata d'occhio a Draghi

Il terzo filo avvolge infine le strategie del governatore. Con tempistiche cinematografiche, proprio mentre a Bari l’altroieri si discettava a sinistra - ospiti di Laforgia - del civismo deteriore e trasformista, Emiliano era a Rotterdam invitato al congresso del Partito popolare europeo. Dall’entourage del presidente si sono affrettati a gettare acqua sul fuoco che già divampava (del tipo: «È solo la risposta cortese a un invito istituzionale»), ma spesso nell’emilianismo i segni anticipano disordinatamente la sostanza. E la materia è incandescente da tempo: Emiliano ha l’urgenza di dare un tetto, una copertura “politica” alla variegata arca del civismo, che altrimenti rischia di decomporsi senza un orizzonte, senza un progetto e senza sufficienti valvole di sfogo. In questa errabonda ricerca della terra promessa, che negli ultimi anni ha portato il governatore a bussare con esiti alterni a più porte (dal Pd al M5s, dall’ambientalismo hard al contismo), la soluzione potrebbe essere una sorta di neo-centrismo: il centro è tornato un contendibile terreno di caccia, è stato per molti anni il luogo della multiforme “politica dei due forni”, ed Emiliano è panificatore molto vivace.


Da appuntare c’è poi l’ennesimo, recente carpiato del governatore: nei giorni scorsi ha esaltato lo “schema Draghi, auspicando larghe intese al servizio del premier anche per la prossima legislatura. Una sorprendente piroetta da moderato, dopo aver flirtato con Giuseppe Conte (ricordate quando, anche secondo Emiliano, era inconcepibile un altro premier all’infuori dell’avvocato di Volturara Appula? Sembra una vita fa), o - ancora prima, da acceso agitatore di piazze - dopo aver preso a cannonate i governi Renzi e Gentiloni, due leader non certo alieni alle politiche dell’attuale governo. E allora perché Emiliano s’è scoperto filo-Draghi? Forse per più ragioni: perché lì tira il vento, perché le alternative all’orizzonte sono troppo friabili, e perché una coalizione nazionale a ranghi ampi giustificherebbe e includerebbe la macedonia “destra-sinistra” à la pugliese. Di certo, Emiliano è il solito caterpillar: recluta da una parte all’altra con spavalderia, fiuta l’aria e fa il vuoto dietro di sé. Scelte spesso discutibili. Ma con quel coraggio che a sinistra è merce rara e che tanto servirebbe per ripartire e spezzare il duraturo monopolio in Puglia.

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