Se la pandemia alla fine dei conti non ci ha resi affatto migliori

di Giuseppe MONTESANO
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Martedì 8 Febbraio 2022, 05:00

Dalla pandemia usciremo migliori: è stato questo il mantra recitato per due anni, due lunghissimi anni, due anni che sono due secoli. E allora oggi, se è vero come ci ripetono i politici con i loro esperti che stiamo uscendo dalla pandemia, possiamo forse capire se siamo diventati migliori. Allora: il costume politico dopo la pandemia è migliorato, i politici si sono evoluti e finalmente abbiamo avuto un presidente della repubblica donna? Be’, no. Allora sappiamo chiaramente come, e con quali garanzie contro la corruzione, saranno spesi per i cittadini i soldi dell’Europa? Be’, no. Allora sappiamo oggi quanto ci sono costati i farmaci che ci hanno salvato dal covid, e che abbiamo pagato con le nostre tasse? Be’, non si sa. Allora forse gli evasori fiscali e il lavoro nero, cose in cui superiamo tutta l’Europa civile, sono drasticamente diminuiti a causa di un cambiamento interiore o legislativo? Be’, no. Forse allora i trentasei capi di Stato del mondo, riuniti in conclave per salvare il pianeta dalla distruzione climatica e dall’avvelenamento della terra, hanno preso decisioni coraggiose e scientifiche? Be’, no. Forse allora regna la pace nel mondo, e Russia e Ucraina vivono felici in armonia? Be’, no. 

Forse allora in un immenso paese, dove il controllo dittatoriale si sposa al mercato ultraliberato, sono aumentate le libertà democratiche individuali e diminuite le repressioni contro gli oppositori politici? Be’, no. Ma a questo punto qualcuno dei ripetitori di mantra potrebbe dire: questi sono esempi troppo materiali, noi parlavamo dell’anima che diventa migliore, più buona e più umana! Davvero? E quale anima: quella degli assassini di donne, quella di violentatori di ragazze e minorenni, o quella di violenti di ogni vaccino e teoria? Be’, per capire quanto non sia migliorata l’anima alla “fine” della pandemia, basta leggere la cronaca. E se anche volessimo ignorare tutto ciò dichiarando che è estremo, se volessimo guardare a noi persone cosiddette comuni e cosiddette normali, non per questo ci troveremmo migliorati: siamo solo più tristi. La gente si diverte? Provate a andare in giro un sabato sera in un affollamento che sembra quello di un cataclisma, con locali traboccanti e intasamenti pazzeschi, e guardate gli occhi delle persone sotto le mascherine o senza le mascherine: se guarderemo con attenzione scopriremo un’allegria quasi rabbiosa, forzata, nevrotica.

Ma davvero, si vorrebbe dire ai recitatori di mantra, come potrebbe essere una pandemia, di cui ormai si sa che non sarà l’ultima, a migliorarci? Come potrebbe una pandemia che ci spinge ancora di più all’isolamento narcisistico dei social a renderci più aperti agli altri? Come potrebbe l’aumento dei disoccupati a causa della pandemia migliorare la loro vita solo perché la pandemia starebbe finendo? E come potrebbe lo sviluppo tecnico e economico migliorare la vita di tutti se lo scopo e il fine dello sviluppo tecnico e economico è sempre e solo il pil, e non è invece l’uomo stesso? Che illusione o inganno è stato, ed è, il mantra che dalla pandemia usciremo migliori! Dovrebbe essere il nostro pensare, e le azioni sensate compiute in seguito al nostro pensare, a cambiarci in meglio: ma noi sopravviviamo con idee vecchie, da primitivi.

Per migliorare dovremmo sperare e agire come dopo la guerra mondiale desiderarono e sperarono e agirono i sopravvissuti agli stermini, preoccupandosi non solo del loro piccolo ego ma di tutti: ma noi speriamo, al massimo, di cavarcela. Per cambiare in meglio la cultura oscena dei femminicidi e delle violenze dovremmo cambiare in profondità i rapporti tra maschile, femminile e altri generi: ma siamo lenti e pigri, e ci sono troppi che dicono che va bene così anzi che andava meglio prima.

Il mantra dell’usciremo migliori dalla pandemia è la solita idea perversa del progresso o del miglioramento che funziona automaticamente, senza il nostro contributo individuale, ma il progresso avviene solo se i singoli lo vogliono, e per migliorare sul serio bisogna essere liberi: liberi però non come bamboccioni prigionieri liberati dai papà il sabato sera, storditi come se vivessimo l’ultimo carpe diem prima della fine del mondo. Noi siamo liberi di migliorare in ogni momento in cui vogliamo, sapendo però che la libertà di migliorare non è un regalo, ma costa fatica. Siamo liberi di migliorare se ci facciamo carico della responsabilità per noi, ma anche per gli altri e per il pianeta. Siamo liberi di migliorare solo se capiamo che niente è automatico, e che la nostra vita migliora solo insieme alla vita di tutti.

 

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