Nuovo rettore. Basta veleni, è il momento di alzare lo sguardo

Nuovo rettore. Basta veleni, è il momento di alzare lo sguardo
di Claudio SCAMARDELLA
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Mercoledì 17 Luglio 2019, 21:27 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 16:54
Il nuovo Rettore è la persona giusta, nel momento giusto, per chiudere definitivamente la stagione delle contrapposizioni e dei veleni nell’Ateneo del Salento. Perché Fabio Pollice non è mai stato organico a nessuna delle parti, l’una contro l’altra armata, che hanno lacerato negli ultimi dieci anni il tessuto della comunità accademica. È la persona giusta, nel momento giusto, perché risulta estranea al suo modo di essere la logica di per sé già aberrante, ma ancor di più per un’istituzione culturale, dell’amico-nemico, con la divisione del campo tra chi sta “con noi” e chi sta “contro di noi”.
Può unire, cucire, rimettere insieme una comunità che anche nel voto di ieri ha dimostrato ancora di essere spaccata a metà. Senza però rinnegare se stesso, senza coltivare vendette e pregiudizi, senza mediazioni al ribasso. E può farlo perché, anche stavolta, la sua candidatura e la sua elezione sono maturate al di fuori di cordate e schieramenti formatisi sulla base dell’appartenenza e della fedeltà a capicorrente e a gruppi di pressione.
Il risultato di ieri, con il colpo di coda che ha portato all’accorciamento delle distanze tra i due candidati rispetto ad appena tre giorni fa, lo ha confermato. Pollice ha vinto a mani nude, con le sue idee e la sua visione dell’Università, senza potentati o burattinai alle spalle, senza spargere veleni e senza cedere a compromessi per ottenere i consensi. Non a caso fino alla vigilia del primo turno di voti era considerato un outsider, sicuramente tra i meno gettonati alla vittoria finale non potendo contare su un pacchetto di voti bloccato. Un buon segnale per un nuovo inizio.
Autonomia, indipendenza e schiena dritta. Dovrà essere questa, innanzitutto, la sua forza e la sua cifra nel governo per i prossimi sei anni dell’Università del Salento. Anche con scelte nette, dolorose, sicuramente non popolari, tagliando i rami secchi e le duplicazioni di cattedre, create magari solo per “piazzare” fedelissimi dei baroni o amici degli amici. Senza sconti o cedimenti verso chi l’ha sostenuto dall’inizio e verso chi è salito all’ultimo sul carro del vincitore. E con il coraggio di snidare e prosciugare le zone grigie, le aree di privilegi e posizioni acquisite, le sacche di sprechi e improduttività che rappresentano all’interno dell’Ateneo salentino un autentico tappo che svilisce e demotiva, giorno dopo giorno, energie e forze fresche, intelligenze e competenze capaci di dialogare con il mondo. Un tappo che ha già fatto emigrare molti cervelli dall’Università del Salento, deprimendone l’attrazione e facendo la fortuna di altri Atenei. C’è un solo modo per far saltare quel tappo: valorizzare chi lavora davvero, fa ricerca seriamente, produce risultati visibili e riscontrabili, indipendentemente dalla casacca indossata in campagna elettorale. E tenere alla larga, ridimensionare il ruolo degli agit prop e degli interdittorri che alzano di più la voce, pur avendo zero spaccato nella casella delle valutazioni delle proprie ricerche.
Faccia prevalere, il nuovo Rettore, la sua visione e il suo progetto che, a detta di molti, sono apparsi i più competitivi per imprimere la svolta necessaria all’Università del Salento. È il momento di alzare lo sguardo, distogliendolo da risposte e politiche che lo proiettano soltanto dentro il ristretto orizzonte interprovinciale o regionale. Nella nostra era, con la rete delle comunicazioni e la mobilità, assistiamo alla progressiva divaricazione tra “territorio dei popoli” (e di qualsiasi comunità, anche quella accademica) e “terra dei popoli”: i confini non sono più gli stessi e le dimensioni non sono più sovrapponibili. Il “territorio” di qualsiasi comunità, grazie alla rete, risulta oggi sconfinato e continuamente variabile rispetto alla delimitazione e alla fissità della “terra” in cui si vive o si lavora. Il futuro dell’Università del Salento non può ignorare l’opportunità che viene da questa divaricazione. Giusto continuare a inseguire l’interlocuzione e la sinergia con gli Atenei di Bari e Foggia per costruire un attraente sistema regionale, ma perché non allargare il campo anche a Milano, Parigi, Londra o perfino a Pechino e Boston? I nuovi scenari geopolitici e geoeconomici che stanno stravolgendo il mondo consentono di osare, sfidare, alzare l’asticella, creare rapporti di collaborazione e interazioni anche con mondi lontani. Rinchiudersi e guardare solo al proprio ombelico, rimanere stretti negli angusti confini della “terra dei popoli” senza sfruttare lo sconfinato “territorio dei popoli” significa rinunciare a grandi opportunità. Solo aprendosi sarà possibile allargare orizzonti e prospettive all’Università del Salento. Altrimenti il destino sarà segnato. Altrimenti il nuovo Rettore non sarà altro che un modesto curatore fallimentare.
Si tratta di una sfida, certo, non facile. E riguarda non solo il mondo accademico, o la pur necessaria salvaguardia dei posti di lavoro di docenti e amministrativi. Riguarda il futuro della città, del Salento, dell’intero Sud della Puglia. L’Università, lo sosteniamo da tempo su queste colonne, è il principale strumento di interazione e di connessione tra sistema locale e sistema globale, è l’asset decisivo per vincere la marginalità non solo geografica, ma economica e sociale di questa terra. Perché è soprattutto l’Università che può attirare nuovo capitale umano e di qualità dalle nostre parti, facendo cambiare direzione a quei tre processi che rappresentano una bomba ad orologeria per la sostenibilità del territorio da qui a quindici anni: il decremento demografico, l’invecchiamento della popolazione, la fuga dei giovani verso luoghi più promettenti e verso terre con più opportunità. Ecco perché i destini dell’Ateneo sono strettamente intrecciati con i destini della città e dell’intero Sud della Puglia.
Pollice è la persona giusta al momento giusto. L’onore delle armi, tuttavia, va anche agli altri tre docenti candidati: è stata una buona campagna elettorale, nonostante il silenzio assordante della città (a differenza di quanto è avvenuto a Bari), nonostante qualche colpo basso, nonostante incursioni esterne con l’obiettivo di conquistare una “casamatta” da far pesare sulla scacchiera del potere politico regionale. E nonostante la presenza ancora ingombrante di chi è mosso da spirito di revanche e di vendette personali. Colpi di coda, per fortuna. Il voto di ieri può chiudere definitivamente la stagione divisiva e avvelenata, grazie anche all’ottimo lavoro già fatto da Vincenzo Zara, che ha dovuto operare in condizioni difficilissime e muoversi lungo un percorso ad handicap per la permanenza di contrapposizioni, veti e paletti. L’obiettivo principale, “primum vivere”, è stato raggiunto. Toccherà ora a Pollice passare alla fase successiva. Non da solo, ma con l’aiuto dell’intera comunità accademica e di tutto il Salento . Nella speranza che il territorio capisca finalmente l’importanza strategica della sua Università.
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