La dialettica tra movimenti e istituzioni è una delle molle propulsive della tradizione politica occidentale: per avere un’idea approssimativa basterà pensare al passaggio dal fascismo-movimento al fascismo regime, o nell’Unione Sovietica successiva alla morte di Lenin alla costruzione dello Stato totalitario staliniano. Anche sul terreno di una democrazia costituzionale e di uno Stato di diritto opera un’analoga dialettica, che prende corpo allorché una forza politica fino ad allora rimasta all’opposizione entra direttamente nella sfera del governo. È evidente che in questo passaggio si produca una sua profonda trasformazione derivante dal nuovo ruolo occupato all’interno delle istituzioni, dalla necessità di mettere alla prova i propri valori nel confronto con gli apparati dello Stato, dall’urgenza di formarsi nuove competenze gestionali. In breve, si tratta di selezionare una nuova classe dirigente che si mostri all’altezza delle sfide inedite da affrontare. È quanto è accaduto al Movimento5Stelle che, divenuto nelle ultime elezioni la prima forza parlamentare, si è affidato a Conte, una sorta di extracomunitario rispetto alla comunità fondata da Grillo, affinché lo traghettasse sulla terra incognita del governo del Paese.
Prima di entrare nel merito della vicenda, che ha senza volerlo una dimensione teatrale debordante soprattutto per le qualità comunicative di Grillo, bisogna insistere su quest’aspetto nient’affatto marginale dello scontro tra i due personaggi. Grillo, non sappiamo se per un’insopportabile ferita narcistica al suo ego o per una smisurata volontà di possesso nei confronti della creatura da lui generata, nel suo messaggio di replica a Conte ha affermato chiaramente che il Movimento5Stelle si può salvare solo se torna alle origini e se recupera la sua vocazione alla partecipazione politica attraverso la democrazia diretta. Le accuse a Conte, che non avrebbe una “visione” né attitudini “manageriali”, nascono dal fatto che Grillo ha con un colpo di spugna azzerato il tormentato itinerario politico di questa legislatura, contrassegnato dal Conte1 e dal Conte2, e sfociato nell’attuale “Grande Coalizione” del governo Draghi. Ma un fiume che scorre verso il mare non può ritornare alla fonte, e, tutte le volte che si è intrapreso un ri-cominciamento (come Machiavelli insegna), non si restaura mai il già-stato, ma si dà inizio a qualcosa di nuovo. Ri-fondare non può mai significare riappropriarsi di un’essenza originaria che sarebbe stata contaminata dalle contingenze storiche: è sempre stata questa l’illusione di chi ha ritenuto che ci sia una purezza delle origini da riportare in vita.