Il compito di scoprire la nuova bellezza oltre i falsi e le mistificazioni

di Antonio ERRICO
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Domenica 22 Agosto 2021, 05:00

A volte si ha l’impressione che il tempo che stiamo attraversando non produca nessuna bellezza, che tutta la bellezza che abbiamo intorno provenga esclusivamente dal passato. Potrebbe essere un’impressione sbagliata; potrebbe anche essere che questo tempo stia producendo una bellezza che non riusciamo a riconoscere, a comprendere.

Forse stanno cambiando o sono cambiati strutturalmente i codici, i canoni, le fisionomie con cui la bellezza si propone. Forse stanno cambiando o sono cambiati strutturalmente i linguaggi con cui la bellezza si esprime. Forse si tratta di imparare a ricercare o ad interpretare la nuova bellezza. Oppure, se questa nuova bellezza non esiste, si tratta di determinare le condizioni per crearla. Perché un tempo e un luogo senza bellezza non possono esistere. Ma forse nessuno di coloro che hanno un’idea di bellezza storicamente stratificata può elaborarne una nuova. Forse soltanto i bambini sono in grado di elaborare nuove idee e nuove forme di bellezza, perché forse soltanto i bambini possono avvertire un sentimento della bellezza del tutto nuovo. 

Il sentimento e la percezione

Ogni rapporto con la bellezza comincia da un sentimento: da una percezione, un’intuizione, uno stupore, che nel tempo si elaborano assumendo e integrando cognizioni e categorie culturali. L’infanzia è l’universo della percezione, dell’intuizione, dello stupore. Il processo di conoscenza della bellezza, dunque, comincia da lì, da quell’universo che sovrappone le sfere della natura e della cultura. È dentro quell’universo che matura il senso della relazione con gli esseri e le cose. Tutto quello che sarà dopo, il modo in cui sarà, dipenderanno dalla profondità delle tracce che il tempo dell’infanzia ha lasciato, dalla disponibilità nei confronti della bellezza che quel tempo avrà determinato. 

Il sentimento nei confronti della bellezza comporta l’esclusione dell’indifferenza da qualsiasi sfera dell’esistenza. Una visione del mondo che contempla l’attrazione da parte della bellezza implica la costante ricerca di essa, l’indagine dei contesti finalizzata alla scoperta dei “testi” che la esprimono, che la raccontano. I testi e i contesti della bellezza sono naturali e culturali. La bellezza di una statua e quella di un albero d’ulivo; la bellezza di un passo di prosa e quella di un passaggio di anatre sul mare; quella di un affresco medievale, del silenzio della neve che cade, la bellezza di una musica e quella che anche il rumore del tuono può avere.

Ma per una nuova bellezza ci sarà bisogno di un nuovo pensiero, capace di selezionare e di decidere che cosa produce il meglio e che cosa produce il peggio, senza ottimismi o pessimismi stabiliti a priori.

Per esempio, ci sarà bisogno di un pensiero che non si pone in modo servile nel confronti delle macchine. Ci sarà bisogno di un pensiero che vada oltre le delimitazioni, quando deve, ma che sa anche fermarsi sulla soglia dell’oltre quando intuisce che scavalcarla non è giusto, non è meglio. Ci sarà bisogno di un pensiero che combina sapientemente la razionalità con l’intuizione, la prudenza con l’imprudenza calcolata, la fantasia con la fattibilità, il calcolo con l’azzardo, il rigore con lo stupore. 

Il bisogno di un pensiero

Forse avremo bisogno di questo pensiero, negli anni a venire. Per non farci sopraffare dalla ragione senza condizioni dell’algoritmo, ancora per esempio. Per non farci sedurre da qualsiasi sirena che canta, da qualsiasi nuovo che avanza, per non farci esultare se qualcuno ci lascia in dono un cavallo di legno sotto le mura della nostra esistenza, per non portarcelo in casa senza prima guardare bene che cosa c’è dentro. Forse avremo bisogno di un pensiero che si affida a quello che sopraggiunge ma che di esso allo stesso tempo diffida, e così commisura, verifica, valuta, confronta, riscontra, distinguendo quello che è falso da quello che è vero.

Richiamare una competenza del genere, in relazione alla condizione della bellezza, potrebbe anche sembrare banale, ma non lo è, perché la bellezza è quasi sempre l’esito di una finzione ma non può mai esserlo di una falsità. Ma sempre di più noi avvertiamo l’assedio del falso: della falsa notizia, del falso modello, della falsa realtà. Ne avvertiamo l’assedio semplicemente per il fatto che abbiamo conservato una minima capacità di distinguere, che però stiamo rischiando di perdere, per cui potrebbe accadere che ad un certo punto non si sappia più avvertire, e quindi percepiremo il vero e il falso come la stessa cosa. 

Allora, forse questo è un tempo che se non sta producendo bellezza sta comunque predisponendo le condizioni per una bellezza nuova di cui ci faranno dono le persone, le personalità, le esistenze, le intelligenze, le conoscenze, le competenze che stanno crescendo. Almeno in questo si confida.
 

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