La differenza turista-viaggiatore e il marketing territoriale

La differenza turista-viaggiatore e il marketing territoriale
di Roberto DE DONNO
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Martedì 23 Ottobre 2018, 18:42
Viaggiare stimola i nostri sensi e ci fa scoprire cose che non conoscevamo, ci fa trovare le similitudini laddove vedevamo solo differenze e apprezzare quelle disparità che sanno arricchirci invece di indebolirci. Viaggiare conduce in modo inesorabile verso la propria soggettività in quanto lo spostamento ha una funzione formatrice. Al ritorno da un viaggio, in maniera conscia o inconscia ci si chiede sempre cosa si sia appreso nel frattempo di se stessi. Per chi si occupa di marketing territoriale il concetto di viaggio desume quel tocco empatico con i territori, alla scoperta di una geografia poetica che presuppone l’amalgamarsi di corridoi comunicanti fra territori circostanti.

La cultura del viaggiatore (colui che vorrebbe non tornare affatto a casa), differente da quella del turista (che si limita a stare là per poi pensare a quando rientrare), esercita quasi una facile passione per una sorta di lentezza che restituisce al presente una neo-codificazione del contatto col sublime, quella particolare emozione che divampa nell'istante in cui si conosce la meraviglia del luogo visitato. È una prospettiva nostalgica del ricordo, di attesa del futuro, di sorpresa del presente rispetto a qualcosa che, nel tempo, ha vissuto lo spazio del luogo. Il viaggiatore comprenderà, grazie a questo spirito di esplorazione, che la corrispondenza tra uomini e luoghi, proprio perché gli individui vivono nel tempo (ossia attraversano i mutamenti del campo spaziale e temporale secondo l'alternarsi reale e metaforico del giorno e della notte, delle stagioni e della storia), resta tutto sommato invariata e ne vuole comprendere il significato.

Il viaggiatore sa bene che andare per luoghi fa sì che si progetti la visione del dopo, come un sogno. Viaggiare, cioè allontanarsi dalla fissa dimora abituale, implica un allontanamento dal consueto per procedere verso quell'oltre che richiede capacità cognitive e di codificazione utili a decifrare l'altro da sé, quell'estraneo con cui entrare in relazione per compiere i passi necessari ed utili alla realizzazione del sogno.

Tornare a casa dopo un viaggio fa desiderare di uscire di nuovo, sebbene lo spostamento abbia senso soltanto se avviene concordemente al ricongiungimento con la propria dimora. Perché, se ci pensiamo, il sogno non è altro che una o più immagini che vengono alla mente e che, dunque, presuppongono un venire, un cammino che conduce verso qualcosa, è un movimento, è, per l'appunto, nient'altro che un viaggio.

L'andata e il ritorno, propri di chi si sposta, permette una definizione dell'abitate e dello stanziare delle case, che, in fondo, potrebbe fornirci una certa interpretazione degli edifici (metaforicamente, gli individui), per antonomasia le costruzioni simbolo dell'urbe o della polis. Essi poggiano nel terreno, consolidando le fondamenta in una collocazione culturale (di appartenenza) di stampo romantico, che rende l'ubicazione simbolo dello stato di intimità con le forze della terra, stando, evidentemente, nel terreno, ossia nella profondità di quello specifico terreno, quasi ad indicare una forza che dispone della essenza di quella struttura come espressione forte dell'animus loci. È la storia di sé da cui non si può prescindere, il cosiddetto punto di partenza che segna le condizioni esistenziali per pensare al viaggio del sogno o al sogno del viaggio.

Chi ha cultura di viaggio sa quanto sia importante imparare a vedere i significati delle cose che ci circondano, siano esse naturali o artificiali. Le cose, lo sappiamo, raccontano sempre storie diverse, parlano di come sono state fatte, delle circostanze storiche in cui sono state realizzate, e se sono cose vere, rivelano anche delle verità. Avere simpatia per le cose significa vederle nella loro semplice complessità ed imparare a farle. In altre parole, essa deriva da quella partecipazione creativa, e vi sfocia in essa, che costituisce il piedistallo esistenziale dell'uomo, ossia la sua cultura. Tale predisposizione, di fatto, vede l'essere dei cosiddetti edifici-soggetti sul terreno e li dispone su una base concreta come una cosa che ha una funzione propria e si interpone fra terra e cielo.

Facciamo caso, in tal senso, a come la partecipazione creativa si riferisca sia alla realizzazione di uno spazio interno privato attinente alla identità dell'individuo, sia alla edificazione di un esterno pubblico che tuteli la vita di comunità manifestandone i valori su cui essa si impernia. Il dominio privato è l'appoggio personale, la casa dell'uomo, che, pur nella sua letterale ristrettezza, implica necessariamente un ambiente condiviso (un luogo comune più ampio) con ciò che è esterno da sé eppure indispensabile affinché quello ci sia. Si tratta del poetico amalgamarsi tra dentro e fuori, da cui deriva la naturale interazione tra interno ed esterno che dà significato al locale. In sostanza, il cosiddetto esterno pubblico è molto di più di un'intesa di singole case. Esso è piuttosto la manifestazione del significato messo a fuoco dagli edifici pubblici e privati della comunità locale, stanti a mostrare il tanto fondamentale genius loci.

Il senso è cercare il nesso dei significati del luogo (di se stessi) contestualizzati nello spazio e resi omogenei con la vita quotidiana del posto. L'inevitabile trascorrere del tempo, che insegue i cambiamenti epocali, tenderà ad affermare l'essere al mondo di spazi particolari alla luce di un universo generale di significati, come nel rapporto fra le dimensioni del tempo nella visione onirica di chi si proietta oltre.

E, così, l'uomo, viandante-bramante, andando per la sua strada pian piano continua ad insediarsi là dove riesca a penetrare il mondo (passando attraverso le proprie aspirazioni) e a metterne in opera i significati, individuando un centro che resti tale anche quando si sconfini. Il sogno, per tutti questi motivi, ha molto a che fare con l'andare: non morire sotto un tetto, ma fuori, sotto il cielo o sotto le stelle, purché si resti vivo!
 
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