L'intelligenza, l'educazione e il mondo che verrà: proviamo a immaginarlo

di Antonio ERRICO
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Domenica 24 Novembre 2019, 19:06
Ciascuno di noi vorrebbe sapere come sarà il mondo domani, fra venti, trenta, quarant’anni. Coloro che credono in una Intelligenza sconosciuta e superiore a quella dell’uomo, si rispondono che il mondo sarà come quell’Intelligenza deciderà che debba essere. Coloro che ad una Intelligenza superiore non ci credono, si rispondono che sarà nel modo in cui l’intelligenza dell’uomo deciderà che debba essere.

Coloro che ad una Intelligenza superiore non ci credono, si rispondono che sarà nel modo in cui l'intelligenza dell'uomo deciderà che debba essere.

Gli altri, forse i più saggi, o forse soltanto i più prudenti, si rispondono che il mondo sarà come la coesistenza dell'Intelligenza superiore di un Dio e di quella inferiore di un uomo, decideranno che debba essere.

Ma, in ogni caso, si fanno previsioni. Alcune attendibili, come quelle provenienti dalla scienza; altre improbabili, come quelle provenienti da improvvisatori e dilettanti. Ma si avverte il bisogno di fare previsioni. Perché come sarà il mondo ci riguarda: perché coinvolge il nostro destino e il destino di quelli che verranno.

Si fanno ipotesi, previsioni, dunque. Fra quelle più recenti, Lo Stato del Futuro, l'ultimo rapporto del Millennium Project, che disegna scene del mondo nel 2050. Che cosa accadrà in trent'anni. Quali saranno le sfide. Come cominceranno, come finiranno. Come saranno gli orizzonti, che colore avranno le albe, i tramonti.

Che cosa accadrà, allora, in trent'anni. Cambiamenti climatici, sviluppo sostenibile, disoccupazione tecnologica, intelligenza artificiale, la crisi delle democrazie, la disparità di reddito. Saranno anni difficili. Non è facile dire se più o meno difficili di quelli che sono stati. Saranno anni di sfide.

Nessuno se ne potrà stare semplicemente al posto suo. Nessuno potrà rassicurarsi per il fatto che stia bene in qualche parte del mondo, in qualche modo. Domani, più di oggi, più di ieri, ciascuno potrà stare bene soltanto se il mondo intero starà bene.

Come sarà il mondo, dunque, nell'anno 2050. Trent'anni passano in fretta. Passano tanto in fretta che uno nemmeno se ne accorge. Ma poi, non è che quello che si ipotizza si verifica esattamente il primo giorno di gennaio del 2050. Accadrà giorno dopo giorno, ora per ora, minuto per minuto. Accadrà a volte in modo evidentissimo, a volte quasi impercettibilmente. È già cominciato ad accadere: da anni; forse accade da sempre: giorno dopo giorno, minuto per minuto, ora per ora. Per secoli, millenni. Da sempre. In modo evidentissimo o impercettibilmente.

Quello che accadrà, dipenderà dalle nostre intelligenze. Né possiamo confidare sull'intelligenza artificiale. Anche quella dipenderà da noi. Non so se si può dire che tutto quello che accadrà sarà determinato dal nostro livello di sensibilità, dal nostro sentimento per il tempo, per il mondo, per il nostro essere nel mondo e nel tempo che ci appartiene, dal nostro tenerci alla casa che abitiamo e che altri abiteranno dopo di noi. Dipenderà dalla nostra capacità di opporci all'indifferenza nei confronti del presente e del futuro.

Certo, occorrono interventi complessivi, comuni e convergenti. Ma occorre, forse prima di qualsiasi altra cosa, una educazione soggettiva e collettiva al rispetto della condizione umana, che si fondi sulla consapevolezza che questa condizione non solo non è eterna ma non è neanche forte. Anzi, la condizione umana forse è la più fragile di tutte le condizioni dell'universo. È dipendente da una serie di circostanze e di fattori.

Forse il modo in cui sarà il mondo e in cui saremo noi nel mondo, dipenderà da questa educazione.

Nell'anno 2050, il mondo non sarà com'è adesso. Sarà un mondo inevitabilmente diverso: per alcuni aspetti migliore, per altri aspetti peggiore. Sarà in un modo che in qualche misura riusciamo a prevedere o ad immaginare. Ma sarà anche in un modo che non possiamo prevedere e neppure immaginare.

L'imprevedibile e l'inimmaginabile rientrano nei territori inesplorabili dell'imprevisto, in quei territori dominati dal caso oppure, se si vuole, da quell'Intelligenza superiore. In quei territori, il pensiero e l'opera dell'umano non hanno possibilità di accesso.

Però possiamo intervenire in quelli del prevedibile e dell'immaginabile. Che si scioglieranno i ghiacciai e si alzeranno i livelli dei mari, che le foreste si ridurranno ad eserciti di scheletri, che i deserti si spanderanno, si può facilmente prevedere. Su questo è necessario e urgente intervenire. Su questo deve agire la nostra limitata intelligenza e la nostra espressione di sensibilità.

Si dice che sia l'incertezza, l'incognita, a farci paura. È vero. Ma ci sono situazioni in cui la conoscenza ci fa ancora più paura.

Noi non abbiamo più incertezze sul possibile destino del pianeta. Sappiamo perfettamente che senza invertire le tendenze, il futuro sarà disfacimento. Questa certezza ci fa paura più dell'incertezza. Ma la paura dovrebbe diventare la motivazione fondamentale per un nuovo pensiero e un nuovo sentimento della Terra.

Sì, a volte si ha l'impressione che le direzioni stiano cambiando, che veramente stia maturando un nuovo pensiero e un nuovo sentimento della Terra, che l'indifferenza si stia riducendo, che si stia sviluppando un'educazione alla sensibilità.

Ancora una volta sta accadendo, come spesso e per molte faccende accade, per volontà ed impulso di giovani e ragazzi. Aveva ragione Elsa Morante: il mondo salvato da ragazzini. Stanno pensando di mettere toppe ad una camera d'aria che gli adulti, per decenni, hanno sforacchiato. Di loro dobbiamo fidarci. A loro dobbiamo affidarci. Però dovremmo anche imparare a seguirli.
 
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