Quanto brucia oggi quel no alle Olimpiadi di Roma 2024

di Massimo ADINOLFI
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Mercoledì 11 Agosto 2021, 05:00

Immagina di avere il campione olimpico nella specialità regina dell’atletica leggera, e di potergli affiancare una staffetta di velocisti formata tutta da ventenni. Immagina di chiudere l’ultima Olimpiade con un bilancio record, mai raggiunto nelle edizioni precedenti. Immagina di aver raccolto medaglie in discipline nelle quali non avevi mai portato tuoi atleti sul podio. Immagina di avere campioni come lo judoka Vito Dell’Aquila, come la marciatrice Antonella Palmisano, come il ciclista Filippo Ganna. E ora immagina che ti venga offerto di organizzare le prossime Olimpiadi a Roma: che cosa fai? Rispondi “no, grazie, le Olimpiadi non fanno per me, è tutto un magna magna, sono soldi buttati fra sprechi e corruzione”, oppure ti freghi le mani, hai una nidiata di giovani campioni e stelle consacrate e pensi di poter far compiere un nuovo balzo all’intero movimento sportivo e al Paese tutto?

Spiacente, hai già risposto e hai risposto con un irremovibile diniego. Roma ha detto di no e le Olimpiadi si terranno a Parigi, fra quattro anni. È vero: la domanda non ti è stata posta in questi termini: nessuno ti ha detto che Marcell Jacobs avrebbe vinto i 100 metri dieci minuti dopo la vittoria di “Gimbo” Tamberi nel salto in alto, in una giornata storica, pazzesca, imprevedibile. Nessuno ti ha detto delle quaranta medaglie, dei dieci ori, di tante imprese commoventi in sport minori che finiscono sulla ribalta solo in queste irripetibili occasioni. Ma forse potevi pensarci comunque.

Gli eventi importanti

Forse potevi scommettere su un evento capace di mobilitare risorse, di generare investimenti, di cambiare il volto della Capitale e l’immagine del Paese. Forse potevi chiederti se, a voler stare in questa parte del mondo, non si dovesse provare a tenere qui lo spettacolo sportivo più seguito del pianeta (insieme ai Mondiali di calcio).
Che cosa, invece, te lo ha impedito? Perché hai rinunciato alla sfida? Perché hai evitato di misurarti con l’organizzazione di un evento di portata mondiale? Questa volta provo io a dare una risposta. Hai detto di no perché avevi nella testa e nei pensieri una retorica che impesta da troppi anni il dibattito pubblico. Secondo la quale se ci sono appalti c’è qualcuno che ci mangia. Se ci sono denari pubblici c’è inevitabilmente corruzione. Se c’è qualcuno da mettere a guidare la macchina finisce sempre che ci va l’amico dell’amico. E poi c’è la mafia, la criminalità organizzata, l’impatto ambientale e il consumo del territorio, il gigantismo che schiaccia le vere necessità del Paese quando invece piccolo è bello. E naturalmente c’è la Casta, ci sono i politici ladri, gli amministratori disonesti e, insomma, i soliti noti (chiunque essi siano).

Onestà! Onestà! Onestà!

I problemi cronici

Naturalmente, non uno di questi problemi cronici si può dare per risolto. Non basta che Jacobs faccia il nuovo record europeo per andar sicuri che non un euro sarebbe andato sprecato. La mafia c’è davvero, la corruzione anche. Ma il populismo che li ha agitati in questi anni non ha mai rappresentato un elemento di soluzione, ma solo un potente fattore inibente. Il caso delle Olimpiadi è esemplare. Non si è cercata una risposta, in termini – che so – di capacità manageriali, procedure di gara, modalità di gestione dell’evento: si sono semplicemente tolte le Olimpiadi dal tavolo. E quanto all’ambiente, di nuovo: tra il “non fare” e il “come fare” si è scelta la prima via – più facile, più immediata, più semplice e di sicuro effetto – invece di affrontare la complessità della sfida.
Non giriamoci intorno: si sta parlando dei Cinque Stelle, e del no alle Olimpiadi pronunciato a suo tempo da Virginia Raggi con il convinto sostegno dell’intero Movimento. Che oggi ha mutato pelle, e non è dunque dato sapere se quella scelta sia ancora rivendicata dal nuovo leader, Giuseppe Conte. Il quale peraltro, all’epoca del suo primo governo, quando la scelta si consumò, si definiva orgogliosamente populista. Quel che tuttavia sarebbe interessante sapere è se il populismo vale ancora la ricerca di una buona definizione, che ce lo faccia piacere, e soprattutto se verrebbe ancora proposto come soluzione di governo, dopo essere stato il denominatore comune di un’esperienza politica che traeva fondamentale alimento dal rifiuto delle grandi opere e dei grandi eventi, perché automaticamente fonte di corruzione, così come dal rigetto delle competenze, perché immancabilmente appannaggio di cerchie ristrette ed esclusive (e, di nuovo, corrotte).

Il virus del populismo

Ma non è nemmeno così, che stanno le cose. Il virus del populismo non si è diffuso nel 2013, benché la variante grillina si sia rivelata la più potente; circola, bensì, da molto prima. E probabilmente non bastano dieci medaglie d’oro per vaccinarsi, né esiste vaccino che immunizzi definitivamente. Non resta che godere di un’estate ricca di successi olimpici, e sperare che, facendo tesoro di questa vicenda, anche la politica italiana faccia, alla ripresa autunnale, il suo salto di qualità.
 

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