Grandi incompiute e tempi sprecati:
necessaria la superprovincia jonico-salentina

di Adelmo GAETANI
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Mercoledì 17 Maggio 2017, 23:56
Vorremmo tornare a scrivere sullo scandalo della statale Lecce-Taranto, la Bradanico-Salentina, che da infrastruttura strategica, progettata 40 anni fa, per sostenere lo sviluppo integrato del Grande Salento, è diventata la madre di tutte le incompiute: da allora solo una decina di chilometri di superstrada messa in opera su un totale di circa 80. Eppure i soldi c’erano e ci sono.
Ma vorremmo scrivere partendo da un’altra storia. Parlando, diversi anni fa, con un alto prelato fummo edotti su quella che poteva essere considerata la millenaria regola aurea della diplomazia vaticana e, in un certo senso, della stessa storia “politica” della Chiesa. Una regola non scritta, ma costantemente praticata, sintetizzata nel motto “Deus et dies”, Dio e il tempo, che in qualche modo traduce e rende più comprensibile la prudente ed efficace modalità di gestione degli “affari”, dai più ordinari ai più intricati, cui è chiamato ad occuparsi il Vaticano.
Esemplificando, non poco, possiamo dire che la cosiddetta diplomazia della pazienza o/e della grazia funzionava - e funziona - così: presso gli uffici della Segreteria di Stato, il ministero degli Esteri della Santa Sede, arrivano ogni giorno, da ogni parte del mondo, dossier di diversa natura e di differente peso politico. Impossibile gestirli contemporaneamente con la necessaria tempestività e accortezza. Allora, che cosa succede, come e quando arriva la decisione? La tecnica adottata è frutto di radicato senso della storia e di profonda cultura: la risposta ai fascicoli più delicati viene affidata ai diplomatici delle Sacre stanze e alla loro sapienza, nella certezza che la decisione finale potrà contare sul conforto della Provvidenza (Deus).
Gli altri fascicoli restano all’attenzione degli uffici: vengono aperti e valutati secondo necessità, urgenze e scadenze preesistenti o sopravvenute. In questo modo alcuni dossier vengono definiti nel corso dei mesi, molti altri restano temporaneamente inevasi. E su questi interviene il fattore tempo (<CF4002>Dies</CF>), medicina capace di curare i mali, di consolare, di guarire, di risolvere e di archiviare il passato: è la sorprendente vittoria della diplomazia della pazienza e del tempo, fattore carico di misteri per gli effetti che riesce a generare. Scriveva Sant’Agostino nelle Confessioni: “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più”.
È la ragione per la quale ciascuno di noi rischia di essere imprigionato dal tempo, perché lo conosciamo poco e quel poco che sappiamo sfugge al nostro controllo, con il rischio di disorientare la memoria e, soprattutto, le finalità del nostro agire e delle nostre scelte.
Facevamo queste considerazioni leggendo dichiarazioni di alcuni esponenti politici secondo i quali il progetto originario della Bradanico-Salentina, ormai vecchio di quasi mezzo secolo, andrebbe ridiscusso e rivisto prima di parlare di lavori.
Per carità, tutto si può ridiscutere e rivedere, ma dev’essere consentito di rilevare, senza voler confondere il sacro con il profano, che una simile impostazione lascia all’imponderabilità del solo fattore tempo l’eventuale soluzione dei problemi di un territorio laicamente dimenticato per decenni da chi occupava e occupa posti di governo.
Il Cristo di Carlo Levi si era fermato ad Eboli, ma poi aveva ripreso il suo cammino; il Deus che soffia sulle scelte più delicate della paziente diplomazia pontificia, non potrà mai essere il Deus che apre il dossier della superstrada incompiuta. Ci mancherebbe altro. Nel nostro caso, ad agire sono solo il tempo e la volontà delle Istituzioni. E, mentre per il millenario cammino vaticano il tempo è stato ed è un fattore di stabilizzazione e di controllo sulle vicende storico-religiose, per il Mezzogiorno d’Italia, per la Puglia e, in particolare, per il Sud Puglia, il sistematico spreco del tempo è stato il nemico giurato dei processi di crescita e della realizzazione di infrastrutture strategiche, arrivate sempre con enorme ritardo rispetto alle iniziali previsioni o mai realizzate, nonostante la disponibilità delle risorse, come nel caso della Bradanico-Salentina e della Maglie-Leuca.
È come se i dossier relativi alle opere pubbliche nel Mezzogiorno e nella Puglia meridionale venissero gestiti con il criterio dell’automatico affidamento al fattore Dies e mai al fattore Deus. Insomma, tutte carte che finiscono in fondo all’enorme pila di fascicoli in attesa di una risposta, se mai arriverà, e comunque affidata alle cure dello scorrere inesorabile dei giorni, dei mesi e degli anni.
È questo automatismo che va scardinato, innanzitutto comprendendo che l’inesorabile passare degli anni non può essere considerato una variabile indipendente rispetto alle prospettive di crescita di un contesto sociale: non si può non realizzare un’opera già programmata e finanziata e 20-30-40 anni dopo dire che quell’opera non serve più. Diventa il classico caso del danno che si aggiunge alla beffa. Ma è anche il modo più comodo per i governanti di promettere e non fare. Non è un alibi che possiamo regalare a cuor leggero a chi fa poco o niente per noi.
La Bradanico-Salentina è un’opera-simbolo e carica di significati positivi, necessaria e strategica, l’assurdità dei dieci chilometri di superstrada sospesi nel nulla tra Manduria e San Pancrazio deve essere superata con la ripresa dei lavori e il completamento dell’infrastruttura. Oppure bisogna avere il coraggio di dire che quel pezzo di superstrada va abbattuto per cancellare un inutile e vergognoso monumento agli sprechi e all’inefficienza dei poteri pubblici.
Tocca alle Province, ai Comuni e alle associazioni di categoria di Brindisi, Lecce e Taranto costituirsi in una Superprovincia di fatto dell’area jonico-salentina per avere più peso politico nei confronti del Governo regionale, di quello nazionale e delle società pubbliche interessate agli interventi programmati e all’attivazione e al rafforzamento di servizi fondamentali per la crescita del territorio.
È una sfida, che deve essere alimentata da una progettualità ampia e orientata all’idea-forza della Città jonico-salentina, sulla quale vale la pena impegnarsi per evitare che il tempo seppellisca le nostre speranze di un futuro migliore.


 
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