Csm, le nomine e i veri mali della Giustizia

di Giovanni VERDE
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Venerdì 28 Settembre 2018, 20:21
Ogni quattro anni si rinnova l’interesse per il Consiglio superiore della Magistratura da parte di quei settori della pubblica opinione che hanno a cuore il nostro sistema di giustizia e, con esso, la stessa nostra democrazia. Nuovi consiglieri e nuovo vicepresidente. Si riaccendono speranze e tornano alla ribalta le polemiche. Il nocciolo della questione può essere così riassunto.
I cittadini, chi per un verso chi per un altro, non sono soddisfatti per come vanno le cose e la giustizia nel nostro Paese non gode di buona salute (anche se, purtroppo, è in buona compagnia). Se ciò accade, le responsabilità sono anche o soprattutto del Csm e, per riflesso, dei consiglieri eletti che non sono adeguati al compito. Di qui il passo è breve per affermare che la colpa ultima della disfunzione è nel sistema di nomina e, per quanto riguarda i magistrati, nella cosiddetta lottizzazione correntizia. Credo di avere i titoli sufficienti per affermare, senza essere tacciato di presunzione, che il problema della nomina dei consiglieri togati al Csm nulla ha a che vedere con l’attuale situazione della nostra giustizia; che si tratta di un problema di organizzazione dei magistrati, che questi ultimi trasformano in problema di interesse generale, in quanto oramai sono al centro della complessiva organizzazione dello Stato (non parlo dei membri laici, la cui funzione al Csm è alquanto esornativa).
Spiego la mia affermazione. Secondo la comune vulgata, il problema delle nomine dei componenti togati del Csm si sposa con quello delle correnti della magistratura. Ma, a ben riflettere, quest’ultimo esplode quando il Csm deve procedere alle nomine o deve operare qualche trasferimento o deve deliberare su denunce per scarsa professionalità del singolo magistrato o deve decidere un caso di violazione disciplinare (là dove, quando si tratta di assumere decisioni organizzative o a difesa del corpo dei magistrati, le divisioni correntizie spariscono o si attenuano in misura considerevole). È, infatti, diffuso il sospetto che i provvedimenti riguardanti i magistrati seguano logiche correntizie e che, perfino, quelli su rilievi professionali o disciplinari siano frutto di non commendevoli compromessi. Tuttavia, non c’è ragione per la quale il cittadino se ne preoccupi, trattandosi di questioni tutte interne al corpo dei magistrati ed il cui rilievo esterno è soltanto mediato ed indiretto. Tanto più perché, come spiegherò subito, quasi sempre si tratta di questioni non risolubili alla stregua di parametri oggettivi e che, pertanto, si prestano comunque alla manipolazione, oggi di tipo correntizio e domani, se ad esempio si adottasse il sistema della nomina per sorteggio, di tipo amicale (e non sarebbe un bel passo in avanti: il modo con cui i 5Stelle procedono attualmente alle nomine dovrebbe insegnarci qualcosa).
Il fatto è che il nostro ordinamento giudiziario, che è stato costruito sulla base delle richieste della magistratura associata, accoglie il principio dell’uno vale uno. I magistrati hanno una progressione stipendiale a cadenze temporali assicurata a tutti, salvo i casi di acclarato demerito (che sono assai rari). C’è nella Costituzione una disposizione che parla di “promozioni”, ma la stessa è stata sostituita dal sistema delle valutazioni quadriennali di professionalità. Poiché la valutazione positiva dei magistrati sfiora il 100%, sarà a tutti chiaro che si tratta di un meccanismo burocratico, farraginoso ed inutile, con costi rilevanti (perché si tratta di procedure laboriose che impegnano magistrati e personale ausiliario e non poco lo stesso Csm) e che non esiste una carriera fondata sul merito, quale sarebbe assicurata da un qualsiasi sistema di promozioni.
Quando me ne sono dovuto occupare, ho tentato di comprendere dai “curricula” dei magistrati concorrenti chi avesse maggiori titoli. Non conoscendoli di persona, quasi mai sono riuscito a farmi un’opinione. E quando chiedevo ai consiglieri togati su quale base giudicassero, la risposta era quasi sempre: «Ma noi li conosciamo». Per superare un estremo soggettivismo nelle scelte, il Csm ha elaborato griglie e parametri (discutibili come tutti i criteri di valutazione precostituiti) e i magistrati che aspirano a nomine sono attenti a rispettarli (il che non vuol dire che alla perfetta aderenza ai parametri e ai criteri corrisponda un effettivo valore dei magistrati, così che non è raro il caso che il Csm faccia manovre sofisticate per giustificare scelte non in linea con i parametri; e non sempre ciò avviene per logiche correntizie, perché talvolta le forzature si rendono necessarie in quanto le evidenze delle “carte” non corrispondono alla qualità effettiva delle persone). Un tempo, vi era la possibilità di progressione in carriera anticipata con il meccanismo dei concorsi. E di regola i vincitori dei concorsi erano anche i magistrati tecnicamente più attrezzati. All’inizio del 2000 il piccolo serbatoio di “promossi” si esaurì (gli ultimi vincitori di concorso che occuparono cariche di vertice furono Sgroi, Zucconi Galli Fonseca, La Torre, Vela). Da quel momento, anche le nomine dei vertici giudiziari furono attratte nel turbine delle trattative, che oggi sono di tipo correntizio e che domani potrebbero essere di tipo diverso. Si tratterebbe, tuttavia, sempre di trattative su basi opinabili, mancando la possibilità di utilizzare criteri obiettivi (anche se si sottolinea che per i posti direttivi oggi non conta la cultura giuridica e la capacità di trasfonderla nell’agire quotidiano, essendo i capi degli uffici giudiziari diventati degli amministratori, a cui si richiedono capacità manageriali, che non sempre vanno d’accordo con la sapienza giuridica). In disparte quest’ultima considerazione, la mia osservazione serve soltanto per chiarire che - nel mondo dell’uno vale uno - il soggettivismo nelle scelte e nelle valutazioni è la regola, così che l’attuale sistema correntizio, che comporta pur sempre un bilanciamento, è addirittura preferibile ad altri sistemi che darebbero vita a veri e propri salti nel buio.
Concludo. Le disfunzioni della giustizia non dipendono o dipendono assai poco dalle correnti della magistratura. Maggiore rilievo ha, ad esempio, l’evoluzione del Csm che nacque come organismo assai esile (doveva occuparsi della vita dei magistrati) e nel tempo è diventato un pachiderma che gestisce totalmente il servizio giustizia, esautorando quasi del tutto il Ministro. E di sicuro all’attuale situazione ha contribuito l’impostazione che la Costituzione diede alla Magistratura. Infatti, non c’è alcuno che non veda che la nomina di un capo di ufficio giudicante ha un rilievo esclusivamente tecnico, là dove la nomina di un capo di ufficio di procura ha un ben diverso valore (e i lettori ricorderanno come questo giornale abbia denunciato in maniera martellante il ritardo nella nomina del Procuratore napoletano). Ma l’uno e l’altro sono problemi che esistono a prescindere dalla divisione in correnti della magistratura. Se qualcuno, a cui le correnti della magistratura sono indigeste, ritiene opportuno sostituire alle nomine elettive il sorteggio, dovrebbe non imporre la soluzione, ma lasciarla decidere ai magistrati. Gli attuali problemi della giustizia hanno cause che vanno ricercate altrove.
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