Xylella, errare è umano ma perseverare è diabolico

Xylella, errare è umano ma perseverare è diabolico
di Claudio SCAMARDELLA
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Domenica 10 Settembre 2017, 18:10 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 13:53
Correva l’anno 2015, il mese di marzo, il giorno 8. Questo giornale pubblicò una prima pagina choc, con un titolo forte (“Salento deturpato”) e con foto drammatiche, accompagnate da un racconto dai campi del nostro Renato Moro (“Quel mare verde diventato marrone”). L’obiettivo, pienamente riuscito nelle settimane successive, era di porre al centro del dibattito pubblico la più grave emergenza che il territorio salentino vivesse da decenni. Ma fummo oggetto di una campagna di odio da parte dei pasdaran del cosiddetto ambientalismo, dei leoni da tastiera e dei professionisti delle bufale in rete. Ci dissero di tutto, insulti e finanche minacce, accusati di essere complici di chi voleva radere al suolo lo straordinario patrimonio naturalistico, economico e identitario del Salento per fare posto ai silos delle betoniere. Organizzarono una manifestazione di piazza contro i giornalisti, un misto di giustizialismo e populismo di lega bassa, nel corso della quale fu invocato l’intervento della magistratura con cartelli e slogan (roba da far venire i brividi anche a un redivivo Robespierre). Mancavano solo i forconi.
Ricordate? Dicevano che erano pochi, pochissimi gli ulivi in via di disseccamento. Sostenevano che non si trattava di xylella, ma di funghi, e che non c’era bisogno di alcun intervento perché sarebbe stata la stessa natura a mettere tutto a posto. Parlavano di complotti internazionali ai danni del Salento: il batterio era un’invenzione dei giornali al servizio delle multinazionali che producevano ulivi ogm (per la cronaca: non esistono ulivi ogm). E aggiungevano che la xylella era stata volutamente importata, complici alcuni scienziati, nel 2010 in occasione di un convegno a Bari (per la cronaca: i primi segnali di xylella nel Salento erano precedenti al 2010). Agitavano lo spettro di notturne incursioni aeree nel corso delle quali sarebbero stati lanciati pesticidi e diserbanti a tappeto sull’intero territorio. Parlavano della volontà di forze occulte di abbattere tutti gli ulivi in tutto il Salento. Dicevano anche che alcune cure a base di calce e rame, sperimentata da novelli santoni stabilitisi nel gallipolino, fossero miracolose e facessero risorgere quei pochi ulivi infetti.
Se avete un po’ di curiosità e pazienza, provate a digitare “Xylella, ulivi Salento” nella stringa di Youtube. Ne vedrete e ne sentirete delle belle da cantanti travestiti da scienziati. Da soubrette dell’ambientalismo salottiero. Da presunti giornalisti d’assalto e di inchiesta, autori di instant book con sole “notizie verificate” a differenza dei superficiali giornalisti che lavorano nelle redazioni. Ne sentirete e ne vedrete delle belle da volontari di professione in servizio permanente effettivo in tutti i comitati “agit prop” del Salento, sempre in cerca di visibilità e protagonismo. Da alcuni docenti universitari teorici del “conflitto perpetuo contro il capitale e le logiche del profitto” (bah..., che cosa c’entra con la xylella). Da coreografi che davano vita a spettacoli nell’anfiteatro romano di Lecce con la parola d’ordine “salviamo gli ulivi da chi li vuole uccidere”. Sarebbe interessante assistere in diretta alla reazione dei protagonisti nel vedersi e sentirsi due anni e mezzo dopo, alla luce del disastro creato dall’avanzata indisturbata del batterio che ha già fortemente stravolto l’identità paesaggistica del Salento. E porre poche, semplici domande: chi ha ucciso più ulivi, finora? Chi ha fatto più danni, finora? E chi ha detto, magari anche in buona fede, più bugie, finora?
Poi fu la volta della politica, con l’avvento dell’era Emiliano in Regione, governatore smart, pensieri da 140 caratteri, molto più sensibile alla followship che alla leadership, abilissimo nel “surfing” politico e di governo della comunicazione digitale. Fu la fine. Abbiamo consultato gli archivi del giornale di quei mesi. Bordate contro il piano Silletti, bordate contro il governo, bordate contro l’Europa perché “l’emergenza non esiste”, “nessun albero va abbattuto”, “non c’è alcuna certezza che si tratti di xylella”, “fermiamo Silletti e il suo piano devastante”. E quando fu posta fine alla gestione commissariale, la decisione fu salutata come una “liberazione”. La massima istituzione di governo del territorio diventò così, di fatto, l’avamposto del “no”, tra gli osanna e gli applausi della rete, e tra lo sconcerto degli inascoltati coltivatori e olivocoltori che vivevano di giorno in giorno la tragedia nei loro campi. Ad Emiliano si accodarono in tanti, parlamentari, assessori e consiglieri regionali. Ma anche sindaci, di destra e di sinistra, che si facevano fotografare vicino agli ulivi per postare su Fb un commento destinato a ricevere i “like” del cosiddetto “popolo degli ulivi”.
Nel frattempo, era scesa in campo anche la magistratura con l’apertura di un’inchiesta e con l’iscrizione nel registro degli indagati di una diecina tra scienziati, ricercatori e tecnici, ancora in attesa - dopo due anni - di conoscere il loro destino giudiziario. Inchiesta in corso, per cui è giusto lasciare lavorare tranquilli e sereni i magistrati, sulla cui professionalità e onestà intellettuale nessuno può dubitare. E, tuttavia, al margine dell’apertura delle indagini assistemmo, increduli, a interviste televisive di magistrati che disquisivano dei molti ceppi di xylella sulla base di relazioni dei consulenti che avevano lavorato su rilevazioni e scenari datati e superati, denunciavano la sicura inefficacia delle annunciate ma non ancora applicate misure di contrasto e, soprattutto, davano pubblicamente credito alle “cure miracolose” dei santoni con calce e rame.
Il resto è storia recente. Che si tratti di xylella, senza se e senza ma, come avevano detto gli scienziati fin dall’inizio, lo riconoscono anche gli ex negazionisti. La Monsanto non c’entra nulla. I complottisti sono stati sonoramente smentiti. Di cure miracolose non parlano nemmeno più i santoni. L’olivocoltura salentina è in ginocchio, molti imprenditori hanno chiuso bottega. E, soprattutto, gli ulivi colpiti sono molto, ma molto di più di quelli che si volevano abbattere nell’ultima versione del piano Silletti. Dal nuovo reportage di Renato Moro, a due anni e mezzo di distanza dal primo, emerge un Salento che non ha più gli stessi colori, e gli stessi odori, di pochi mesi fa.
Due anni di stallo, due anni di disastro. Con una grande beffa: tre giorni fa il Consiglio regionale, recependo le direttive dell’Europa, ha approvato una legge anti-xylella che ricalca a grandi linee, e riabilita di fatto, l’allora contestato, detestato e affondato piano Silletti. Due anni persi. Ma nemmeno uno straccio di autocritica, di ammissione dei propri errori e della gravissima sottovalutazione. Anzi! Venerdì scorso, in un’intervista alla “Gazzetta del Mezzogiorno”, il governatore Emiliano alla domanda “non ritiene di aver sbagliato nell’aver contrastato le direttive europee?”, ha così risposto: «Assolutamente no. La xylella non si ferma. Lo sanno tutti. Anche l’Europa. Pure se avessimo tagliato tutte le pianti ospiti, la situazione non sarebbe cambiata».
Che cosa aggiungere? Errare è umano, perseverare è diabolico. Poveri coltivatori, poveri olivocoltori. E povero Salento.

 
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