Esami di maturità: eliminare il tema di storia è cancellare la nostra identità

Esami di maturità: eliminare il tema di storia è cancellare la nostra identità
di Franco CARDINI
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Venerdì 5 Ottobre 2018, 17:11
L’attuale governo, nel quadro della sua più volte conclamata «nuova attenzione alla scuola», ha deciso di eliminare dalle prove dell’esame di Stato il tema di storia. Non ho intenzione di fare della retorica, né di strapparmi i capelli: tanto più che, ormai, non ne ho. Non ritengo la decisione governativa uno schiaffo alla categoria dei docenti e degli studiosi di storia, alla quale pur appartengo. Anzi, intendo qui far pubblica ammenda a nome dei miei colleghi e mio personale.

Se oggi, ormai, la storia viene declassata a cenerentola delle discipline scolastiche, se ormai la società civile nel suo complesso ritiene possibile farne a meno - come sembra non solo dalla recente decisione governativa, ma anche da moltissimi altri segni che vanno dalla scuola all'editoria, alla vita civile in genere -, noialtri storici e insegnanti di storia abbiamo comunque una corresponsabilità primaria.

Evidentemente non abbiamo fatto bene il nostro lavoro, non abbiamo ottemperato al nostro dovere che consisteva nel far capire sempre più e sempre meglio come senza memoria storica le società, e in particolare la nostra moderna società occidentale, siano candidate alla distruzione. Non so se a quella fisica: certamente a quella morale e culturale.

Ma veniamo senza retorica al nucleo del problema. Abolire il tema di storia è anzitutto un non-senso e una contraddizione in termini. Svolgere un tema significa avere qualcosa da raccontare e sapere come lo si racconta: in un modo o nell'altro, anche quando il ragazzo riferisce di come ha passato la sera precedente in discoteca oppure si diverte a narrare in un modo più o meno spiritoso l'ultima domenica passata in famiglia, egli fa opera di storia.

Ma, evidentemente, non è questa storia personale e quotidiana l'abituale oggetto del vecchio tema di storia. Lì, si trattava di fare in modo di capire quanto lo studente avesse appreso a proposito di personaggi, eventi, istituzioni, strutture del passato remoto o recente. Evidentemente non era solo il nostro Paese oggetto della storia. Si poteva formulare l'argomento del tema in modo tale da indurre il giovane a chiamare in causa tutto il suo sapere: il passato del mondo, la sua struttura geografica, gli eventi sociali, l'arte, la filosofia, l'economia, le scienze. In altri termini il corretto tema di storia non era affatto, se bene formulato, l'equivalente di un concorso a quiz. La questione non stava affatto nel sapere il numero di battaglie vinte da Napoleone o di conoscere le date esatte di una serie indefinita di eventi. Al contrario: magari lo studente poteva venir indotto non solo a narrare dei fatti storici così come li ricordava, bensì a riflettere su di essi, a formulare giudizi, persino ad immaginare ipotetici esiti di un evento ben noto. Per esempio: che cosa sarebbe successo se in pieno Seicento la famosa peste descritta dal Manzoni avesse risparmiato la penisola Italica? Oppure, quale sarebbe oggi l'assetto del mondo se nel 1914 le grandi potenze avessero potuto evitare quella colossale bestialità che fu la Prima Guerra Mondiale? La storia serve a conoscere il passato: ma in funzione del presente e nella prospettiva del futuro. Davanti alle grandi crisi che ci aspettano e che dovremo affrontare, dal sovrappopolamento alla questione energetica a quella nucleare, se non si hanno modelli desunti dal passato su cui riflettere non si può costruire nessuna ipotesi di sviluppo nel presente e nel futuro.

La storia non serve soltanto a divenire un po' più colti, quindi un po' meno ignoranti. La storia serve a impadronirsi sempre più della nostra vita presente e futura; la storia serve a farci sentire e ad essere in realtà più liberi.

Tutto ciò naturalmente a prescindere dal fatto che un tema scolastico serva ad addestrare lo studente ad esprimersi in modo più chiaro, più efficace, più incisivo possibile. Il possesso di qualcosa da raccontare rende immediatamente più facile il lavoro necessario a tradurlo in parole e in discorsi. In questo senso la storia è una disciplina evidentemente politica che serve alla convivenza civile.

Liberissimo il governo di ritenere che i ragazzi debbano studiare solo cose utili. Ma, chiediamoci, utili a chi? Utili a che cosa? Utili a tranquillizzare le scarse e distratte opinioni delle famiglie che spesso vogliono ingerirsi dei programmi scolastici senza capirne un accidente? Utili forse ai ragazzi stessi, molti dei quali sembrano credere che, nelle migliori delle ipotesi, si va a scuola solo per cercare di imparare un mestiere più redditizio, qualcosa che serva a far soldi?

Ed allora se la storia è inutile, che cosa mai sarà utile? L'inglese? L'informatica? O quale altra materia?
La verità è che la scuola non può essere impostata in modo utilitaristico, né secondo le mode e i gusti del tempo, ma deve essere impostata in modo formativo. Non dobbiamo precludere il cittadino di domani, la libertà di potersi occupare nella vita, se vuole di scienze religiose, di arte, di musica e anche di storia e non ci sono obiezioni utilitaristiche che tengano. Eliminando il tema di storia si dà un colpo violentissimo alla colonna vertebrale della nostra identità, della nostra coscienza civica. Lo sappiano i signori al governo. Per fortuna i governi passano: il guaio è che i loro guasti rimangono molto a lungo e sono le nuove generazioni a doverne pagare il conto.
 
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