Cambiare conservando l'anima del giornale

Cambiare conservando l'anima del giornale
di Claudio SCAMARDELLA
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Sabato 21 Settembre 2019, 14:21
Quarant’anni. Chiudete gli occhi e immaginate per un attimo di tornare al 1979. Scorrono una dietro l’altra immagini in bianco e nero, pochissime a colori. La prima Repubblica con i grandi partiti di massa rimasti orfani di Aldo Moro, trucidato un anno prima dalle Brigate rosse. La lira e l’Europa unita formata da soli nove Paesi. Il muro di Berlino con la guerra fredda tra Est e Ovest. Nelle nostre case, i telefoni a muro e le macchine per scrivere. Tre soli canali tv a diffusione nazionale e le partite di calcio, giocate esclusivamente di domenica pomeriggio, seguite alla radio: di sera, in televisione la differita di un tempo. La Puglia ancora sospesa nel guado tra la tradizione agricola e i sogni di modernizzazione. Il Salento, sconosciuto ai più, scambiato per il Cilento. E la carta stampata principale strumento di informazione e diffusione delle notizie, mentre nelle tipografie si respirava ancora l’odore del piombo e si ascoltava l’incalzante ticchettio delle linotype. Ora riaprite gli occhi. Un’altra era. Mai il mondo globale e locale, nella sua millenaria storia, è cambiato così tanto e in così poco tempo.
Quotidiano nacque allora, quarant’anni fa. Per la “folle” e, perciò, geniale intuizione di Antonio Maglio, maestro di giornalismo e intellettuale raffinato. Nacque alla vigilia di un imprevedibile e imprevisto sconvolgimento degli scenari geopolitici e geoeconomici, e di una tumultuosa rivoluzione tecnologica che spalancherà poi le porte a una trasformazione senza precedenti nel modo di comunicare tra gli uomini con l’avvento dell’era digitale.

È in questa temperie, piena di fascino per le nuove sfide ma anche densa di insidie per il crollo delle vecchie certezze, che il nostro e vostro giornale è cresciuto e si è rafforzato, conquistando in pochi anni la leadership incontrastata per le copie vendute e il numero di lettori - oltre trecentomila nel giorno medio - in tutto il bacino della Puglia meridionale. Un intreccio vitale tra il giornale e il territorio, fino a diventare l’uno elemento insostituibile dell’identità dell’altro. Grazie a questo straordinario radicamento territoriale, Quotidiano è diventato un giornale sempre più di peso regionale, ruolo da tutti riconosciuto nel panorama dell’informazione pugliese.
Merito dei giornalisti, certo. E merito dell’editore che non ha mai smesso di credere e investire per migliorare il prodotto. Ma uno dei segreti del successo sta anche nel fatto che nel Dna di Quotidiano, fin dal primo giorno, c’è stata l’innovazione: formato e grafica all’avanguardia per quei tempi, una titolazione agile e moderna, le prime sperimentazioni della fotocomposizione nel mondo dell’editoria nazionale. Questo tratto distintivo è rimasto intatto in questi quarant’anni e ha consentito al giornale di sfruttare anche i momenti di difficoltà in opportunità di rilancio. Siamo cambiati mentre il mondo cambiava, senza mai perdere la bussola nel mare aperto e, spesso, tempestoso che ha inondato il mondo dell’editoria in questi decenni di passaggio d’epoca. Siamo cambiati mentre la realtà chiedeva nuove forme di espressione, nuovi strumenti capaci di interpretarla, nuovi sguardi. Ma l’anima, no: quella che lega in modo indissolubile giornale e territorio non è mai cambiata, anzi l’abbiamo rafforzata, trasformandoci sempre più da “giornale della comunità” in “giornale-comunità”.
Oggi si apre un’altra pagina di storia del Quotidiano. Con una nuova sfida. Un giornale locale e globale insieme, unico, grazie a un’integrazione ancora più forte con il Messaggero, la testata ammiraglia del nostro gruppo editoriale, il terzo in Italia per copie vendute e numeri di lettori: un solo fascicolo che racconta il mondo, l’Europa, l’Italia, la regione e i quartieri delle città in cui viviamo. Si tratta di un’offerta informativa unica in Puglia. La nuova grafica, senza soluzione di continuità tra i due giornali, dà forma e sostanza al cambiamento, aiuta la lettura per la coerenza nei modi e nei segni con i quali viene presentata l’informazione. Senza artifici, né effetti speciali che spesso nascondono la carenza di idee. Sarà un giornale più scelto e più leggibile, con una titolazione meno urlata in un tempo in cui si avverte sempre più il bisogno di ascoltare e di parlare a voce bassa, anche per lasciare il segno e per distinguersi dalla sovra-informazione liquida e superficiale che viene dalla rete. Si rinnova il giornale e si rinnova anche il sito on line, una realtà in forte crescita nell’ultimo anno con il raddoppio dei visitatori unici. Un restyling che consente di offrire nella home una panoramica ancora più completa delle più importanti notizie della giornata in Puglia, con ampie finestre sul mondo e sull’Italia, grazie alla sinergia con tutti gli altri siti del gruppo editoriale Caltagirone. Anche questa, un’offerta informativa unica in Puglia.
Rinnovamento, forte, ma nella continuità. Sulla rotta, già tracciata, di un giornalismo fatto sempre più di idee, che schiera competenze e intelligenze: raccontare, ma per spiegare; denunciare, ma per proporre soluzioni; accompagnare i cambiamenti in corso, ma accendere anche i riflettori sulle criticità e “provocare” la comunità ad affrontarle. È il giornalismo che serve alla nostra terra, investita negli ultimi anni da travolgenti trasformazioni, ma ancora in cerca di una visione organica e di una meta. Un giornalismo che non segue e men che meno si piega a quel conformismo digitale, con i pensieri unici emergenti dalle “echo chamber”, che ci sta disabituando ad ascoltare gli altri e diseducando al confronto tra idee e posizioni diverse. Abbiamo visto quanti guasti e quanti danni ha prodotto anche qui, intorno a noi e nel territorio in cui viviamo, il sempre più rabbioso disprezzo verso le competenze, la scienza, i depositari delle conoscenze e dei saperi. È così che stanno diventando sempre più labili i confini tra scienza e stregoneria, tra studiosi e ciarlatani. Ed è così che si è giunti al paradosso di esaltare come valori l’incompetenza e l’improvvisazione nella gestione dei poteri, vagheggiando il mito della democrazia diretta in nome di quella falsa “orizzontalità” democratica prodotta dalla rete, dietro cui invece si staglia sempre di più un’accentuata “verticalità” del potere, con la inevitabile trasformazione del principio “uno vale uno” in “uno che comanda su tutti”.
C’è chi ha “scientificamente” programmato, perseguito e diffuso l’illusione che la cultura del clic e la veloce consultazione di wikipedia potessero rendere completamente inutili e superati gli esperti e gli studiosi, gli scienziati e, dunque, le professionalità. Nella politica. Nel governo delle istituzioni. Come nell’informazione. Lo abbiamo sperimentato sul nostro territorio, prima che altrove. Sulla xylella, sul gasdotto Tap, sull’Ilva. E abbiamo sperimentato, come giornale che non si è mai piegato al conformismo digitale, la potenza geometrica del web negli insulti, nelle intimidazioni e persino nelle minacce da parte dei leoni da tastiera.
Mai come oggi, in cui abbiamo scoperto che la democrazia non è una conquista irreversibile e che è messa in discussione in tutto il mondo da correnti e tendenze illiberali, difendere l’indipendenza e la libertà dell’informazione è la condizione fondamentale per non tornare indietro nella storia, per non tornare ai tempi in cui il potere, senza contropoteri, aveva la possibilità di far diventare la verità un falso e un falso una verità. Uno dei più prestigiosi giornali americani, The Washington Post, ha deciso di scrivere, da due anni, sotto la testata: «Democracy Dies in Darkness» . La democrazia muore nell’oscurità. Verissimo. La democrazia vive e ha bisogno di luci. Tante luci. Moltissime luci. E i giornali sono luci, anzi fari. Lasciarli spegnere significa risospingerci nell’oscurità. Tenerli accesi dipende dai giornalisti e dagli editori, ma anche e soprattutto dai lettori.
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