Dopo gli aiuti di Draghi si metta mano al debito pubblico

Dopo gli aiuti di Draghi si metta mano al debito pubblico
di Giorgio LA MALFA
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Martedì 2 Gennaio 2018, 16:08
Sul piano economico, è un’eredità in chiaroscuro quella della legislatura che si è appena conclusa. L’aspetto positivo da non sottovalutare è il fatto che finalmente sembra consolidarsi la ripresa economica iniziata fra la fine del 2016 e il 2017, tanto che, per la prima volta da molto tempo, sembra possibile rivedere al rialzo le previsioni di crescita degli indicatori economici dell’attività produttive e dell’occupazione.

Fondamentalmente la svolta è dovuta alla decisione della BCE all’inizio del 2015 di ripetere nell’area dell’euro la politica di forte espansione monetaria già condotta con successo negli Stati Uniti. È stata la forte svalutazione dell’euro rispetto al dollaro e alle altre valute internazionali, conseguente alla riduzione dei tassi di interesse, a spingere alla ripresa e poi a consolidarla progressivamente. Guardando alla situazione italiana, l’aspetto incoraggiante è la vivacità della reazione delle imprese italiane rispetto a queste nuove circostanze. Dopo anni in cui il sistema manifatturiero sembrava contrarsi sempre di più, vi è stata una risposta che indica che nel Paese c’è ancora una forte riserva di imprenditorialità che presa per il verso giusto risponde. Anche nel Mezzogiorno si sono avvertiti nell’ultimo anno sintomi di ripresa che fanno ben sperare e di cui si trova conferma nei primi dati dell’indagine annuale della Fondazione La Malfa-Mediobanca sui bilanci delle imprese del Sud.

Quanto all’aspetto negativo nel bilancio di fine legislatura, esso riguarda la finanza pubblica. In questi anni, i governi che si sono succeduti hanno più o meno tenuto sotto controllo il deficit di bilancio, ma nel corso degli ultimi cinque anni vi è stato un ulteriore peggioramento del rapporto fra il debito pubblico complessivo e il reddito nazionale. Nel quinquennio è stata ripetutamente annunciata come imminente un’inversione di tendenza che non è mai iniziata.

Tenendo presente che anche su questo problema l’Italia è stata aiutata dalla politica della BCE, i cui acquisti di titoli di Stato hanno consentito il rinnovo dei titoli in scadenza a condizioni non particolarmente onerose, l’eredità per la prossima legislatura, quando anche la politica della BCE diventerà meno espansiva, è un’eredità pesante e difficile.

Se questo è il bilancio di luci ed ombre della legislatura che si chiude, è semplice indicare gli obiettivi per la legislatura che nascerà dalle ormai imminenti elezioni. Il programma economico essenziale della prossima legislatura non può che consistere da un lato nel rafforzamento e nell’estensione territoriale e settoriale della ripresa e dall’altro nella capacità di affrontare con determinazione (quella che finora è mancata) il problema della dinamica del rapporto debito/PIL.

Enunciare questi obiettivi è facile. Spiegare come perseguirli non lo è affatto, specialmente nel momento in cui la BCE, che è stato il motore della svolta, sta cominciando a rivedere gli indirizzi della propria azione: da questo mese gli acquisti mensili di titoli si dimezzano da 60 a 30 miliardi di euro; vi potrà essere un effetto sui tassi di interesse anche per le richieste pressanti da parte di alcuni dei paesi membri di riportare comunque i tassi verso l’alto. Anche le quotazioni dell’euro suoi mercati valutari stanno risalendo e questo se continua può ridurre il traino delle esportazioni nella ripresa.

Il nodo del problema è costituito dal dilemma fra un uso espansivo della finanza pubblica e la priorità al risanamento, che ha accompagnato le discussioni di politica economica negli anni passati. Alla fine le scelte della BCE hanno consentito in qualche modo di evadere il problema, perché dalla politica monetaria è venuto lo stimolo alla ripresa che altrimenti sarebbe dovuto venire dalla finanza pubblica ed è quindi stato più facile rispettare, più o meno pienamente, le richieste europee di un rientro nei parametri della finanza pubblica.

Questa situazione non si riprodurrà all’inizio della prossima legislatura. Anzi è probabile che certe intese franco-tedesche che stanno maturando nella disattenzione italiana possano pesare soprattutto su di noi. In sostanza, si riproporrà all’inizio della legislatura (sperando che le elezioni diano un esito chiaro) il problema del rapporto fra ripresa economica e condizione della finanza pubblica. Per ora i programmi dei partiti sembrano dare priorità al sostegno alla ripresa anche attraverso la riduzione del prelievo fiscale e nessuno sembra disponibile a mettere al primo posto la riduzione del rapporto debito/PIL. Ma su questo bisognerà fare chiarezza: l’Unione Europea non farà sconti ulteriori. Chiederà all’Italia nuovi e credibili impegni sulla riduzione del rapporto debito /PIL, cioè chiederà un bilancio dello Stato atteggiato in maniera più restrittiva: altro che riduzioni delle imposte. Ci verrà chiesto di tagliare le spese e forse di aumentare la pressione fiscale.

Come si risponderà? In questi anni la risposta è stata di fare meno di quello che ci veniva richiesto, ma comunque di dare al bilancio un’intonazione restrittiva. La forza della svalutazione dell’euro è stata tale nel suo riflesso sulle esportazioni da non far pesare troppo la restrizione della finanza pubblica sulle prospettive della ripresa. Ma dal 2018 in avanti che faremo? Continueremo a obbedire a metà alle richieste dell’Europa o affronteremo apertamente il problema?

In effetti, è possibile immaginare un’impostazione di politica economica in cui uno stimolo fiscale ben studiato possa accelerare la crescita e consentire un successivo più rapido rientro dal debito, ma per proporre una politica di questo genere bisogna essere molto credibili e bisogna anche immaginare misure di riduzione una tantum del debito – per esempio attraverso le privatizzazioni – su cui finora non si è fatto quasi nulla.

La conclusione dell’analisi è che, rispetto all’inizio della precedente legislatura, con un’economia in condizioni disastrose e una finanza pubblica sotto accusa in tutta Europa, la legislatura che verrà parte in condizioni migliori. Ma non vi sarà la buona sorpresa della svolta della BCE del 2015, che verrà sostanzialmente meno fra il 2018 e il 2019, mentre diverranno più stringenti le richieste di affrontare il problema del debito pubblico.

Questa è la complessità della sfida. Sarebbe un forte aiuto alle valutazioni degli elettori, almeno della parte più attenta di essi, se i diversi raggruppamenti politici accettassero di misurarsi con questi problemi e offrissero al giudizio degli elettori non singoli capitoli attraenti del loro programma, ma una strategia vera e propria che abbia al suo centro il consolidamento e l’estensione della ripresa economica e l’avvio di una svolta positiva nei dati strutturali della finanza pubblica. Vedremo se e quali saranno le risposte così strutturate.
 
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