Don Tonino e la Venerabilità del vescovo: il bene comune come missione per il popolo

Don Tonino Bello
Don Tonino Bello
di Giancarlo PICCINNI
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Domenica 16 Gennaio 2022, 05:00

Don Tonino ci emoziona, e non solo oggi, per quello che stiamo vivendo. Ci emozionano i ricordi, nitidi, di un passato condiviso, ci emoziona la prospettiva di un futuro, gravido di attese. Ci emoziona anche solo pronunciare il suo nome. La chiesa oggi e tutti fedeli aspettano il riconoscimento di un miracolo per la proclamazione della beatificazione e poi della santità. Chi lo ha conosciuto sa che lui stesso è stato un miracolo! 

Con Don Tonino Gesù di Nazaret è passato per le nostre strade, per le nostre case, per le nostre chiese. Siamo stati generati alla fede: per questo lo abbiamo sentito e lo sentiamo nostro padre. Siamo stati rapiti dalle sue parole, ma anche dai suoi silenzi. Perché anche nel silenzio ci ha parlato. Il silenzio è la lingua di Dio e Don Tonino, come tutti i santi, ha profondamente amato il silenzio perché il silenzio genera sapienza e dona uno sguardo nuovo su tutte le cose. Ma ci mancano anche le sue parole! A scuola, in piazza, nei convegni, ma soprattutto in chiesa: qui raggiungevano significati altissimi perché parlare in un quadro liturgico non ha lo stesso valore che parlare in un altro contesto perché, come diceva Ernesto Balducci, “è collocarsi in un luogo dove affluiscono i silenziosi apporti sapienziali dell’assemblea, che in quel momento non è un pubblico, è un soggetto attivo e creativo”. 

La molteplicità dei saperi

Gli apporti sapienziali dell’assemblea, del popolo, del suo popolo, sono stati sempre preziosi per l’amato Pastore. “Grazie chiesa di Alessano, che mi hai fatto entrare nell’anima il senso del mistero con la tua religiosità popolare”, così disse nella sua prima omelia da vescovo. Per don Tonino il popolo è “soggetto di riflessione teologica”, è il popolo che lo introduce al mistero! Per questo sosterrà nella sua vita il valore della cultura del popolo al punto da ritenere che il rapporto tra i saperi dei teologi e quelli del popolo non deve essere unidirezionale, ma bidirezionale. Ognuno di questi saperi ha una sua funzione insostituibile perché specifici, diversi e pertanto necessariamente da integrarsi. Ne aveva tanta consapevolezza, don Tonino, che volle ed attuò una pastorale che non solo era per il popolo, ma soprattutto partiva dal popolo. Le stesse espressioni che userà durante il suo servizio episcopale devono essere intese come icone di una sua passione per la gente: profumo di popolo, vescovo fatto popolo, perfino Maria è donna del popolo. 

Quella del popolo è stata sempre una categoria privilegiata per don Tonino e all’interno di essa in particolare i poveri: per la loro fragilità, per la loro universalità, per la loro naturale appartenenza al vangelo. “Dai poveri verso tutti”: non era uno slogan.

Si dipana nella sua vita, giorno dopo giorno, il mistero della povertà come condizione che non riguarda una categoria, per quanto vasta, di esseri umani. Tutti gli uomini, prima o poi, condividono la condizione della povertà nel fallimento, nella malattia, nella solitudine, nella morte. È questa una condizione che ci apre al senso del limite, della finitudine: nessuno può bastare a se stesso! Don Tonino ha amato il popolo e i poveri al punto tale da superare ogni barriera sino ad ospitarli prima nel suo cuore poi anche nella sua casa. 

Nello straniero si riconosce un ospite

L’ospitalità non è stata vissuta come un rimedio da offrire per risolvere un’emergenza sociale ma come una forma di elaborazione della teologia richiesta dai segni dei tempi che viviamo, una categoria eucaristica ed ermeneutica. Nessuno è stato straniero ai suoi occhi! Aveva intuito la centralità di questo problema, prima che altri affermassero che il giorno in cui nello straniero si riconoscerà un ospite, allora qualcosa sarà mutato nel mondo. Ci dice oggi Francesco che “il disprezzo della cultura popolare è l’inizio dell’abuso di potere”, mettendoci così in guardia dai populismi dilaganti. Il popolo per non essere vittima di una ideologia “deve essere protagonista della sua storia, del suo destino, di esprimersi con i suoi valori, con la sua cultura, la sua creatività e la sua fecondità… Una politica che si allontana dai popoli non potrà mai promuovere il bene comune”. È questo un altro sentiero che Don Tonino e Francesco percorrono insieme! Forte è il fascino che il Pastore salentino ha esercitato ed esercita ancora oggi nella chiesa e nel mondo. 

Oggi ad Alessano, come ieri a Molfetta, celebriamo la sua Venerabilità: il popolo lo ha sempre venerato! Non solo nella sua terra, ma anche lontano dalla sua terra. Noi non possiamo dimenticare la sua appartenenza e la sua anima salentina ma dobbiamo al tempo stesso sottolineare la portata universale del suo messaggio, al punto tale che se ci chiedessimo a chi appartiene oggi il profeta dovremmo dire: a Dio e a tutti!

*presidente Fondazione don Tonino Bello
 

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