Consorzi Asi: meglio abolirli e trasferire competenza e personale ai Comuni

Consorzi Asi: meglio abolirli e trasferire competenza e personale ai Comuni
di Sandro FRISULLO e Carmine DIPIETRANGELO
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Martedì 25 Maggio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 06:20

Il governo regionale ha predisposto un disegno di legge (ddl) sui Consorzi ASI volto a riformare la vigente legge n.2 dell’8 marzo 2007 deliberata dall’allora Giunta Vendola e approvata a larga maggioranza dal Consiglio Regionale con il concorso attivo degli stessi gruppi di opposizione. Con quella legge ponemmo fine a un lungo periodo di commissariamento (6 anni!) che aveva determinato un preoccupante degrado gestionale dei consorzi e l’aggravamento della loro situazione debitoria. Ricostituimmo gli organi ordinari di governo e ridefinimmo le loro funzioni e compiti alla luce delle nuove linee di politica industriale.

Nel corso dei primi anni, successivi l’entrata in vigore della Legge 2/2007, fu avviata, non dappertutto, un’opera meritoria di risanamento della situazione finanziaria e di rilancio dell’attività consortile. Tuttavia bisogna pur convenire che essa fu l’ultimo, generoso tentativo di democratizzare e riformare “dall’interno” i Consorzi e la loro gestione. Si tratta di prendere atto, oggi, di un bilancio largamente fallimentare (seppure senza sbrigative generalizzazioni) circa la capacità degli attuali consorzi di corrispondere adeguatamente alle domande di una nuova e moderna politica industriale dei nostri territori e dei loro sistemi d’impresa. E, anche, che essi sono percepiti come un tassello di un sistema di potere utile alle convenienze di un ceto politico, spesso incompetente, che ha trasformato i Consorzi in carrozzoni che erogano prebende e organizzano clientele. Così come sono oggi i Consorzi (per la loro conformazione tecnico-giuridica e la loro gestione pratica) sono irriformabili, vanno sciolti e superati con una nuova legge che abroghi la 2/2007 e trasferisca poteri, competenze e funzioni ai Comuni. All’assessore Delli Noci,che pure sta manifestando una apprezzabile volontà di agire, vogliamo far giungere un invito a riflettere con attenzione su misure legislative affrettate e che rischiano di aggravare la situazione se non tengono assieme radicalità riformatrice e cultura di governo.

La genesi dell'istituzione

I Consorzi ASI nacquero negli anni ‘50 come uno degli strumenti operativi della Cassa per il Mezzogiorno allorquando si trattava di accompagnare il Paese nella transizione da un’economia prevalentemente agricola a una di tipo industriale. La debolezza e la fragilità del capitalismo italiano obbligavano lo Stato italiano a intervenire direttamente nel Sud per realizzare la infrastrutturazione necessaria per la modernizzazione del Paese. Era il tempo dell’economia mista e del cruciale ruolo delle politiche pubbliche a sostegno dello sviluppo. Si predisposero così gli strumenti normativi ed operativi volti a favorire direttamente l’industrializzazione del mezzogiorno a partire dalla individuazione delle aree e dalla loro urbanizzazione primaria (reti acquedottistiche e fognarie, rete elettrica e stradale ecc..).

Il disegno era chiaro: si trattava di superare l’arretratezza meridionale (il suo divario col Nord in termini di reddito, di infrastrutture e di occupazione), accelerando, per così dire, “dall’alto” i processi di crescita attraverso politiche straordinarie che concentravano gli investimenti in aree delimitate realizzando veri e propri Poli produttivi. Non c’è chi non veda come quella strategia di politica industriale abbia da tempo chiuso il suo ciclo. E appare francamente anacronistico attardarsi a riproporre politiche e strumenti del tutto inadeguati a sostenere una nuova specializzazione delle imprese pugliesi dentro la rivoluzione digitale dell’industria, la sua globalizzazione e le sfide inedite di una nuova divisione internazionale del lavoro. Lo stesso localismo, segnato da rivendicazioni angustamente territoriali, rischia l’irrilevanza se non aggancia risolutamente la dimensione regionale e la sua programmazione dei fondi europei e nazionali.

La necessità di un cambiamento profondo

Il governo regionale è chiamato ad innovare profondamente la sua strategia industriale che va sostenuta da obiettivi chiari e da strumenti gestionali connessi coerentemente ad essi. Di qui il superamento dei consorzi Asi e l’adozione di un modello che si incardini nettamente sulla funzione dei Comuni, conferendo nuove responsabilità agli Assessorati alle Attività Produttive, trasferendo ad essi compiti e funzioni prima assegnate ai consorzi; e i cui apparati vanno adeguatamente rafforzati dal trasferimento ai Comuni del personale dipendente prima collocato nei consorzi. Dentro questo quadro la stessa, auspicabile, riqualificazione e riconversione ecologica delle aree industriali (A.P.E.A.) evita il rischio di disattendere le vincolanti direttive del Governo nazionale (D.L 6 luglio 2012 n.95) relative al contenimento della spesa e al migliore svolgimento delle funzioni amministrative.

Per realizzare una netta discontinuità con le pratiche deresponsabilizzanti e di potere nell’uso della spesa pubblica, non è più rinviabile l’adozione di poche ma efficaci, leggi che aiutino per davvero i nostri territori e le nostre imprese. Una di queste deve poter realizzare il superamento dei Consorzi Asi. L’unica possibile governance moderna per ripensarli e gestirli dal punto di vista dell’attrattività, degli investimenti, della sostenibilità ambientale è costituita da amministrazioni locali lungimiranti ed efficienti e dalle stesse imprese (che andrebbero coinvolte direttamente in una politica di servizi comuni e condivisi) senza intermediazioni di Enti di secondo grado. Si chiama autogoverno
 

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