La statale Lecce-Taranto: da opera strategica a madre di tutte le incompiute

Il cantiere della Bradanico-Salentina
Il cantiere della Bradanico-Salentina
di Adelmo GAETANI
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Mercoledì 10 Maggio 2017, 19:43
La Bradanico-Salentina, questa sconosciuta o meglio questa dimenticata ovvero, se piace di più, la madre di tutte le incompiute. Si parla di un’opera strategica, quella che dovrebbe collegare Lecce a Taranto - ma anche avvicinare la Basilicata - completando il triangolo che collega queste due città a Brindisi in modo da interconnettere con superstrade moderne, sicure ed efficienti i tre capoluoghi del Grande Salento o, come preferiva dire uno studioso del territorio come il professore Giulio Redaelli, della Città jonico-salentina.

Come mai incompiuta? La storia è vecchia ed è impossibile ricostruirla nei dettagli, ma se un qualsiasi cittadino deve andare da Lecce a Taranto, o viceversa, attraverso la Statale 7ter (realizzata nel lontanissimo 1937) ha la prova provata di vivere in un Paese che funziona male, soprattutto quando sono in gioco le legittime attese di territori meridionali e per di più periferici.

Partiamo da Lecce in auto, come ci è successo recentemente, per andare a Taranto sul tracciato di 80 anni fa, con attraversamenti di centri abitati, strettoie e altre difficoltà. Troviamo Campi Salentina, Guagnano, San Pancrazio Salentino, dove non è stato ancora messo in sicurezza un pericoloso passaggio a livello ferroviario, e a questo punto da un paio di decenni si rivive il miracolo: improvvisamente si spalanca davanti agli occhi del guidatore una superstrada a quattro corsie, ma il sogno è destinato a svanire dopo una decina di chilometri, esattamente alle porte di Manduria, dove la Ss. 7ter torna alle sue origini. Solo dieci chilometri di superstrada risalenti agli inizi degli anni Novanta e costati circa 15 milioni di euro, al centro del percorso, come un ponte sospeso nel nulla, sui circa 80 previsti dal progetto della Bradanico-Salentina di quasi 40 anni fa. Se, come diceva Leo Longanesi, l’arte di trascorrere il tempo è l’arte di non inseguirlo, non v’è dubbio che qui abbiamo a che fare con autentici professionisti di questo modo un po’ retrò di pensare e vivere.

Eppure, si tratta di una infrastruttura chiesta e sollecitata negli anni dalle tre Province interessate, dalle Amministrazioni comunali, dagli imprenditori, dagli operatori turistici, dagli stessi cittadini per ragioni sociali, economiche e commerciali. Un sistema territoriale integrato è in grado di attivare sinergie positive tra centri limitrofi e dare consistenza infrastrutturale all’idea-forza del Grande Salento come sistema urbano del Sud Puglia, fatto di storia comune e di interessi e prospettive convergenti.

Così scriveva Giulio Redaelli nel 1983: “La regione urbana jonico-salentina possiede da sempre, potenzialmente, la morfologia di una città policentrica, perfezionabile e ristrutturabile in un’unica grande Città jonico-salentina. Questa struttura policentrica è determinata dall’insieme costituito dalle maggiori città - Brindisi, Lecce, Taranto - e dagli insediamenti minori sparsi nelle pianure salentine, sulle colline (le Murge) e lungo le coste adriatiche e joniche; ed è dimostrata dalle interconnessioni da tempo antico e dalle nuove intrecciabili relazioni”. Ma ancora poco si è fatto in questa direzione, anche se sensibilità e spinte positive non mancano.

Nonostante le forti, seppur discontinue, pressioni per il completamento della Bradanico-Salentina, intoppi e ritardi di varia natura hanno bloccato i lavori con il risultato che quest’opera resta tra le più citate incompiute del Sud Italia, spesso assimilata alla Salerno-Reggio Calabria.

La riapertura del cantiere tarda ad arrivare, anche se la necessità di potenziare l’itinerario Bradanico-Salentino è confermata dal Piano regionale dei Trasporti e dal Piano attuativo 2009-2013 dove l’opera viene definita prioritaria. Né ci sono stati in passato e non dovrebbero esserci oggi problemi finanziari dal momento che l’opera è inserita a pieno titolo nel Patto per la Puglia sottoscritto lo scorso settembre dall’allora premier Renzi e dal governatore Emiliano con un impegno di spesa di 54,7 milioni di euro per il tratto Taranto-Grottaglie-Manduria e di 50,4 milioni per il tratto San Pancrazio-Lecce.

C’è da chiedersi, allora, perché il tempo scorre inesorabile e gli interventi infrastrutturali strategici - strade e ferrovie - nel Grande Salento debbano registrare sempre ritardi penalizzanti. E’ successo nel recente passato per la superstrada Lecce-Brindisi-Fasano, è successo per la Brindisi-Taranto, i cui lavori furono completati solo nel 2006 dopo un blocco di quattro anni (2002-2005).

Ora c’è l’assurda e vergognosa storia della Bradanico-Salentina che, ed è il paradosso, alcune cartine geografiche da tempo segnalano come superstrada a scorrimento veloce. Solo sulla carta, appunto.
Invece, stiamo parlando di un’opera strategica, indifferibile. Governo, Regione, Anas battano un colpo: tolgano al più presto la polvere dai vecchi fascicoli e li rimettano a nuovo.

La Regione, soprattutto, consideri prioritario l’impegno a lavorare per una Puglia più forte e competitiva, perché policentrica e costruita secondo un’idea di identità urbanistica sub-regionale. Dalla valorizzazione delle tipicità disponibili su tre vasti territori aggregati come l’area di Bari-Nord Bari, l’area di Foggia-Gargano e l’area jonico-salentina possono derivare solo vantaggi per tutti. La nuova infrastruttura stradale Ss. 7ter è sì un obiettivo imprescindibile e necessario per rafforzare l’integrazione e spingere sull’acceleratore di un progetto di sviluppo convergente nel Sud Puglia, ma è anche un preciso indicatore per una politica regionale lungimirante, perché liberata da un asfittico e dannoso baricentrismo.

In questo momento, è compito delle Amministrazioni provinciali e comunali, delle organizzazioni sociali e dell’opinione pubblica del Grande Salento continuare a battersi per un sistema dei trasporti efficiente. Un nuovo atto di denuncia, ma anche obiettivo necessario per evitare che la mancata realizzazione di una grande opera strategica nel Mezzogiorno diventi l’ennesimo sfregio inciso sulla carne viva di un Paese vittima dei suoi sprechi e delle sue negligenze.

 
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