Giampiero Galeazzi scrive su Leggo: «Maradona vinceva per far felice la gente»

Giampiero Galeazzi e Diego Armando Maradona
Giampiero Galeazzi e Diego Armando Maradona
di Giampiero Galeazzi
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Venerdì 27 Novembre 2020, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 08:55

Aveva paura della solitudine. Eppure ci ha lasciati soli. Ma, Diego Armando Maradona, ha lasciato solo un compagno di vita, un amico inseparabile: quel pallone con cui riusciva a incantare è rimasto senza il suo Dio. Perché Maradona era il calcio. Quello vero, fatto di fantasia, estro, astuzia, classe. Un folletto che creava magie con qualsiasi cosa avesse la forma di una palla. Un genio assoluto, un uomo speciale.
La memoria va subito agli anni in cui arrivò a Napoli: lo seguivo ovunque per raccontare la favola di quella squadra che con lui ha raggiunto un sogno. Un argentino in primis ma col cuore di un napoletano. «Perché ho scelto Napoli? - mi disse alla prima intervista che gli feci - perché devo regalare qualcosa a questa gente».
Ecco, questo era Maradona. L'uomo che andava controcorrente. Mai col potere, sempre con la gente umile. Un cavaliere senza spada, ma con un dieci sulle spalle e un piede sinistro creato direttamente dagli Dei del calcio. Il più forte di tutti, in più grande di sempre. Stupido e inutile fare paragoni con Pelè: lui vinceva da solo. Scendeva in campo e dava sicurezza anche al compagno più scarso. Potrei ricordare mille aneddoti, ma racconto un sorriso: quello che aveva negli spogliatoi il giorno in cui vinse il primo scudetto napoletano. Una gioia pura. Lo sguardo di un bambino la notte di Natale. Quella gioia che tirava fuori ad ogni gol, mai banale, mai normale: perché lui era Diego. Lui sarà per sempre Maradona. Genio e sregolatezza? Non importa, oggi specialmente non conta niente.
Penso a lui e piango, lo ricordo e mi sento più solo. Un'emozione che fa male, che fa paura. Perché la morte di Maradona è la morte di un calcio che non potrà mai tornare. Gli chiesi, dopo la vittoria del mondiale che colore avesse il gol: lui mi rispose l'azzurro, il colore del cielo e del Napoli, il mio Napoli. Mai banale, sempre diretto. Non dribblava mai una domanda. Sempre disponibile. L'ho sempre inseguito a bordo campo, oggi però ho solo voglia di silenzio. Perché non esistono parole per descrivere Maradona, lui era poesia.

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