Non ci sono più posti sicuri, è l’era del terrorismo totale

Non ci sono più posti sicuri, è l’era del terrorismo totale
di Alessandro Orsini
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Sabato 16 Luglio 2016, 10:18
Siccome i nostri governi sono diventati più bravi a difenderci dai terroristi, siamo più esposti. Per comprendere il senso di questa affermazione, paradossale solo in apparenza, occorre comprendere ciò che è accaduto dopo l’11 settembre 2001. I governi occidentali, colti di sorpresa davanti a tremila morti, produssero uno sforzo enorme per mettere in sicurezza i nostri aeroporti. Fu un successo straordinario. I terroristi islamici hanno rinunciato a realizzare un attentato, come quello che provocò il crollo delle Torri Gemelle, perché hanno la certezza che i loro sforzi fallirebbero. Le nostre forze di polizia otterranno un successo analogo con la messa in sicurezza delle isole pedonali che abbiano caratteristiche simili a quelle di Nizza. Con una spesa pubblica minima, per un paese ricchissimo come la Francia, verranno piazzati alcuni piloni d’acciaio per impedire il passaggio dei camion. Chiunque abbia dimestichezza con la strada che dà l’accesso al Senato della Repubblica italiana, conosce questi argini imponenti che, circondati dai carabinieri, vengono sollevati, e abbassati, con un comando automatico.

I NODI
Il problema è che i terroristi, dopo avere rinunciato a scagliare gli aerei nei grattacieli, e i camion nelle isole pedonali, si impegneranno a trovare una nuova tecnica per colpire, con determinazione crescente, le persone più fragili e indifese. Maggiore è la nostra capacità di allontanare i terroristi dai centri nevralgici delle democrazie occidentali - come le cabine-guida degli aerei e le aule dei parlamenti - tanto più pericolosi diventano i luoghi frequentati dalle persone comuni, come i bar, gli asili e le isole pedonali. Avendo combattutto efficacemente contro i terroristi, abbiamo creato l’era del terrorismo totale. Non esistono più luoghi sicuri per i cittadini comuni. Gli unici a non rischiare di subire un attentato terroristico sono gli uomini politici con le scorte, come abbiamo visto il 13 novembre 2015, quando i kamikaze dell’Isis non riuscirono ad avvicinarsi alla tribuna dello stadio, in cui sedeva Hollande, durante la partita di calcio tra Francia e Inghilterra.

L’OCCIDENTE
I capi dello Stato Islamico hanno individuato il perno su cui ruotano le democrazie occidentali, che è il rapporto di fiducia tra governanti e governati, detto anche “consenso politico”. Stabilendo che i governanti non vengono colpiti, ma i governati sì, lo Stato Islamico, che sta morendo lentamente, ma inesorabilmente, vuole ottenere la sospensione della guerra contro il terrorismo jihadista attraverso il processo democratico, basato sui cittadini che fanno delle richieste e i governanti che danno delle risposte. 

Per sconfiggere un avversario temibile, occorre comprendere come ragiona. L’accesso alla sua mente consente di prevedere ciò che farà. E ciò che farà lo Stato Islamico è chiaro: utilizzare il processo democratico per ottenere la fine dei bombardamenti contro le sue postazioni in Siria e in Iraq, diventare più forte e metterci sotto scacco. 

LE DOMANDE
Chiarito ciò, dobbiamo domandarci quale sia il perno su cui ruota la strategia dell’Isis nelle nostre società. Tale perno è l’integralismo islamico. Mentre il nostro punto vitale è un processo politico-istituzionale; il punto vitale dello Stato Islamico è un processo culturale che crea i cosiddetti “lupi solitari”, a cui sembra appartenere anche l’attentatore di Nizza, i quali sono legati allo Stato Islamico non militarmente, ma culturalmente. Non ricevono ordini da al-Baghdadi, ma dalla loro coscienza radicalizzata, che esalta la figura di al-Baghdadi e il tipo di società che ha creato. Occorre infatti distinguere tra lo Stato Islamico, che è un’organizzazione proto-statuale con capitale a Raqqa, in grado di amministrare alcuni territori in Siria e in Iraq; e l’Isis, che è l’“etichetta” con cui i lupi solitari, e alcuni gruppi jihadisti, danno un nome al sentimento che hanno nel cuore.

Nel breve periodo, il nostro problema è di natura militare e consiste nella lotta per arrestare i camion dei terroristi. Nel lungo periodo, il problema è di tipo pedagogico e consiste nell’arrestare la diffusione di un sentimento chiamato Isis. Non è possibile pensare che tutti i problemi saranno risolti dalla polizia. Questo atteggiamento degli intellettuali è deresponsabilizzante quanto furbesco.
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