Irpef, ipotesi taglio a rate delle tasse. Detrazioni nel mirino, caccia a 15 miliardi

Irpef, ipotesi taglio a rate delle tasse. Detrazioni nel mirino, caccia a 15 miliardi
Irpef, ipotesi taglio a rate delle tasse. Detrazioni nel mirino, caccia a 15 miliardi
di Andrea Bassi
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Mercoledì 12 Febbraio 2020, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 09:10

I più avveduti avrebbero sollevato il problema nella primissima riunione del tavolo sulla riforma dell’Irpef. Inutile, sarebbe stato il ragionamento, parlare di scaglioni e di aliquote se prima non c’è chiarezza su quante e quali risorse potrà contare la rivoluzione fiscale che il governo vorrebbe attuare. Il rischio altrimenti, sarebbe di replicare quanto avvenne con la delega fiscale del governo Berlusconi secondo: la legge stabilì che si sarebbe passati a due scaglioni, 23% e 33%, rimandando ai decreti attuativi il problema delle coperture.

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Si sa come andò a finire. La delega fu lasciata morire per mancanza di fondi. Ma di quanti soldi avrebbe bisogno la riforma dell’Irpef? Le cifre attorno alle quali si ragionerebbe sarebbero tra i 10 e i 15 miliardi di euro. Non tutti subito, da spalmare su più anni, in diversi moduli, in modo da non pesare eccessivamente sui conti pubblici. Anche perché quest’anno, come noto, ci sono da trovare altri 20 miliardi di euro per disinnescare l’aumento automatico dell’Iva che scatterebbe altrimenti nel 2021.



IL TEMA
Anche su questo tema nel governo c’è chi spinge per una soluzione “quasi” definitiva. Una misura in grado di cancellare permanentemente dai conti pubblici almeno 15 miliardi dell’aumento. In che modo? Nonostante la frenata del ministero dell’Economia di qualche giorno fa, sul tavolo resta la rimodulazione delle aliquote Iva. I piani a via XX settembre sono da tempo disponibili e pronti ad essere tirati fuori dal cassetto in caso di necessità. Il principio è sempre lo stesso, far salire alcuni beni oggi tassati al 10% verso lo scaglione superiore del 22% e far scendere alcuni beni tassati al 22% nella parte inferiore. Tecnicamente non è complicato, politicamente è difficilissimo. Anche il secondo capitolo al quale il governo vorrebbe mettere mano per trovare risorse da spendere per disinnescare le clausole e finanziare la riforma fiscale non è di facile scrittura. L’idea è di ridurre le detrazioni fiscali che riducono l’Irpef.

La detrazione sui figli, che vale 12 miliardi (ma in realtà spendibili sono di meno perché va tenuto conto degli incapienti), dovrebbe andare a finanziare l’assegno unico per i figli al quale sta lavorando il ministro della famiglia Elena Bonetti. Il punto, però, è che senza toccare gli sconti fiscali sulle spese sanitarie (che il governo giura di non voler intaccare), di soldi se ne fanno pochi. Un taglio del 20% di tutte le detrazioni al 19% e al 26% comporterebbe un maggior gettito per lo Stato di un solo miliardo. Il terzo capitolo al quale si guarda per finanziare la riforma è quello del recupero dell’evasione fiscale. Qui il problema deriva soprattutto dal fatto che il gettito della lotta all’evasione lo si conosce soltanto quando l’evasione è stata recuperata, non prima.

Per poter cifrare in anticipo il gettito, è necessario introdurre delle misure che incidono immediatamente, come per esempio la riduzione delle compensazioni di imposta. Ma si tratta, generalmente, di provvedimenti difficili da far digerire soprattutto alle imprese. Anche qui l’esperienza insegna. Nelle prime tabelle dell’ultima manovra di finanza pubblica, il gettito dalla lotta all’evasione era stato indicato in 7 miliardi di euro per il 2020. Per coprire quella cifra, difficile da giustificare come mero recupero dall’attività di controllo, erano poi emerse le varie tasse sulle auto aziendali e sulla plastica. Senza risorse certe, insomma, il tavolo per la riforma fiscale parte decisamente in salita.
 

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