Tra i catalani unionisti/Parenti divisi, amicizie finite, c’è paura a dire: «Siamo spagnoli»

Tra i catalani unionisti/Parenti divisi, amicizie finite, c’è paura a dire: «Siamo spagnoli»
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 4 Ottobre 2017, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 15:47
dal nostro inviato
BARCELLONA «A mia madre ho detto che domenica andrò alla manifestazione contro l’indipendenza e lei mi ha detto di lasciare perdere, di restare a casa. A questo siamo arrivati, ad avere paura a uscire per dire semplicemente che sei contrario all’indipendenza. E tutto questo malgrado, molto probabilmente, la maggioranza dei catalani sia contraria a questa follia» dice Miquel, studente di 23 anni, nel suo appartamento a Poblenou.

Ieri, mentre il resto di Barcellona era invaso dal fiume di persone, soprattutto giovani, che indossavano la estelada, la bandiera catalana, presente ormai ovunque, Miquel, da sempre contrario all’indipendenza, non è uscito di casa. 
«Non c’è solo paura, c’è tristezza nel vedere che questa follia sta facendo terminare amicizie, sta dividendo famiglie. L’altro giorno, su Twitter, sono stato preso di mira, in modo anche pesante, da un altro ragazzo per le mie idee, eppure era un mio amico. Nella famiglia della mia ragazza il padre è molto preoccupato perché i figli ormai non si parlano più, perché c’è chi è indipendentista e chi no. Ha senso questo? È giusto che ci considerino quasi come criminali solo perché la pensiamo differente? Non c’è violenza, c’è “miedo social”, paura sociale. Alla fine non parli delle tue idee anti indipendentiste, perché poi vieni considerato un “nazi”, un “fascista”. Così restiamo in silenzio, magari parliamo tra noi “unionisti” solo su Whatsapp. Ma tutto questo non è giusto».

DOPPIO BINARIO
La manifestazione di ieri, oceanica, è stata soprattutto una festa ed è stata pacifica, ma c’è stato anche l’escrache, l’assedio, alla sede del Partito popolare catalano, a carrer Comte d’Urgell, e a quella di Ciudadanos a calle de Balmes. Ciudadanos è un partito nato in Catalogna, ma anti indipendentista: i suoi dirigenti erano fuori dalla sede, un ciclista con la figlia, che aveva la bandiera catalana, si è fermato e ha urlato «fascisti», dicendo che per colpa loro sua nonna era stata ferita dalla polizia in un seggio. Subito dopo è cominciato l’assedio. Non c’è stata violenza, ma anche questo è un segno che oltre alla festa e alla commozione che si prova nel vedere decine di migliaia di ragazzi che cantano l’inno catalano per strada, c’è anche altro, c’è la difficoltà di convivenza con chi la pensa diversamente. Con chi ritiene che un referendum come quello di domenica, senza garanzie di trasparenza, non possa far partire un processo tanto traumatico come la dichiarazione di indipendenza. Miquel: «Io sono vicino al Partito popolare, ma il governo ha sbagliato, ha sottovalutato prima quanto stava succedendo, perché era chiaro dove volessero arrivare gli indipendentisti, poi ha consentito qualcosa di inaccettabile, con la polizia nazionale e la guardia civil mandate a picchiare donne e anziani, un’assurdità, sono il primo a dirlo, non ha fatto altro che aiutare gli indipendentisti e rendere più difficile la vita a noi che crediamo in una Spagna unita. Ho un amico che lavora nella polizia civile, vive a Barcellona ed è demoralizzato: “Ci hanno mandato allo sbaraglio, come potremo continuare a lavorare in queste condizioni a Barcellona?” mi ha detto». 

RIPERCUSSIONI
Sui social network e sui tg rimbalzano i video dei poliziotti sfrattati dagli hotel nei dintorni di Barcellona (su questo la procura catalana ha aperto un’indagine per “delito de odio”): gli agenti però fanno cori rivolti a chi li contesta, gridano «lasciateci lavorare», «España España»; una reazione umana, ma poco professionale, che rischia di aumentare le distanze con i catalani (quanto meno una parte, perché un gruppo guidato dal Partito popolare ieri è andato a esprimere solidarietà agli agenti mandati da Madrid). 

Il pensiero dominante indipendentista, non violento ma avvolgente e omologante, ieri ha anche costretto alcuni negozianti a chiudere durante lo sciopero. Ad Eixample un commerciante ha appeso un cartello: “A causa delle lamentevoli parole che ci sono state rivolte siamo stati costretti a chiudere”. Miquel è pessimista: «Andrà sempre peggio. La follia del governo catalano indipendentista ha alzato a un livello tale la tensione da creare una frattura sociale, tra noi catalani, che guarirà chissà quando. E poi abbiamo paura per quello che succederà nei prossimi giorni, perché c’è solo incertezza»
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