Frequenze, lo Stato perde 200 milioni: l’Agcom abbassa le concessioni tv

Frequenze, lo Stato perde 200 milioni: l’Agcom abbassa le concessioni tv
di Claudio Marincola
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Domenica 28 Settembre 2014, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 10:15
ROMA - Grazie alla riforma del canone per le frequenze televisive in Viale Mazzini sta per essere recapitato un pacco dono da 126,9 milioni di euro.

É quanto nei prossimi 7 anni risparmierà la Rai. Un bel regalo, nulla da dire. E a lamentarsi per l’inatteso cadeau non sarà la concorrenza, cioè Mediaset che ne risparmierà nello stesso arco di tempo circa 73. Per entrambe è un manna che cade dal cielo. Nel 2014 la Rai già risparmierà 23 milioni, il Biscione 14. A soffrirne sarà però l’erario che certificherà già nell’anno corrente minori introiti per circa 40 milioni di euro e gli operatori di rete più piccoli delle emittenti nazionali e locali che pagheranno di anno in anno affitti sempre più alti.



L’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni lo aveva già deciso nell’ultima seduta del luglio scorso approvando a maggioranza i criteri generali per il ricalcolo dei contributi annuali. Con le nuove regole il contributo grava sugli operatori di Rete e non più sulle emittenti. Nel caso della Rai, dunque, sulla controllata Raiway, la società proprietaria delle torri che verrà quotata in Borsa per fare cassa. Stesso dicasi per Ei Towers posseduta al 65% da Mediaset.



Il sottosegretario allo Sviluppo Antonello Giacomelli ha preso carte e penna e scritto una lettera al presidente Agcom Angelo Cardani (di nomina montiana). Non vedendo risultati ne ha scritta un’altra. Invano.



LO STOP

Il governo taglia 150 milioni e impone sacrifici alla Rai. L’Agcom gliene regala 127, sia pure in 7 anni, togliendoli allo Stato. Qualcosa non quadra. La missiva del sottosegretario non ha prodotto il risultato sperato. La delibera non è stata ritirata ma solo sospesa in attesa di un’ipotetica decisione del ministero. Martedì prossimo l’Autorità ratificherà la decisione presa a fine luglio. Tre commissari, Antonio Martusciello, ex sottosegretario nel governo Berlusconi, Antonio Preto, (FI) e il relatore Francesco Posteraro (Udc) voteranno presumibilmente a favore dello “sconto”, lasciando in minoranza il presidente Cardani e il commissario Niciti.



Che fare, allora? In Parlamento girano foglietti con calcoli fatti a mano. Euro più euro meno, l’effetto perverso della delibera vanificherà l’azione di spending del governo. Le ragioni dell’Agcom - l’applicazione del Trattato Ue, il rischio di sanzioni per le procedure di infrazioni pendenti sull’Italia - dal punto di vista giuridico hanno un loro fondamento, non bastano però, secondo il governo, a giustificare il “salasso” e l’iniquità che deriverebbe dall’applicazione della delibera.



LA BEFFA

Tutto è cominciato con il passaggio dall’analogico al digitale, quando è finito in soffitta il vecchio regime delle concessioni. L’uso delle frequenze che fino al 2013 pesava sulle mittenti per l’1% del fatturato, è stato ricalcolato. Il nuovo criterio è stato definito prendendo in considerazione vari parametri. Il risultato finale è un canone che favorirà chi dovrà pagare meno, cioè Rai e Mediaset e penalizzerà i piccoli che per l’affitto delle frequenze nelle bande televisive terrestri dovrà sborsare anche il doppio e il triplo di prima. Se si voleva insomma riequilibrare il settore della radiodiffusione televisiva con le nuove regole imposte dal digitale il risultato finale è l’esatto contrario: un rafforzamento delle tv dominanti.

Il governo in allarme sta pensando alle contromosse. Non è escluso, anzi, è molto probabile, che per stoppare la delibera e lasciare lo status quo si ricorra ad un decreto. In questo modo tutto resterebbe invariato almeno per un anno in attesa che si metta mano al vigente quadro legislativo. Ma che dirà però l’Unione europea? E che fine faranno le procedure pendenti sull’Italia accusata di aver favorito nello switch off analogico/digitale i giganti del duopolio di viale Mazzini-Cologno Monzese?



Il sottosegretario Giacomelli potrebbe disegnare un unico decreto che comprenda anche il canone tv. Da mesi ormai uno staff di esperti sta lavorando infatti ad una rimodulazione dell’abbonamento tv.



L’obiettivo è che dal 2015 non si paghi più una quota fissa ma si paghi con i nuovi criteri. Il nuovo modello, concertato con il ministero dell’Economia, si baserà sul reddito di ogni famiglia. Il coefficiente verrà calcolato in base alla capacità di spesa di ogni contribuente, una sorta di indicatore dei consumi che prenderà in considerazione anche le bollette. Parola d’ordine: pagare meno, pagare tutti.

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