Franceschini a Conte: «Sottovaluti il Coronavirus». La battaglia andata in scena nella notte

Franceschini a Conte: «Sottovaluti il Coronavirus». La battaglia andata in scena nella notte
Franceschini a Conte: «Sottovaluti il Coronavirus». La battaglia andata in scena nella notte
di Marco Conti
4 Minuti di Lettura
Giovedì 5 Marzo 2020, 01:01 - Ultimo aggiornamento: 06:34

ROMA Di solito il governo che tocca la scuola, malamente, è difficile che riesca a sopravvivere a lungo. Il Pd ne sa qualcosa ed è forse per questo che ha poco gradito lo “stop and go” sulla chiusura delle scuole. Alla fine le scuole resteranno chiuse, ma nella maggioranza sono volate parole grosse per l’incerto procedere del governo tra annunci e smentite, risolto solo a tarda sera con la comunicazione del presidente del Consiglio che, in diretta tv, anticipa solo una delle misure contenute nel Dpcm: niente lezioni sino al 15 marzo.

LEGGI ANCHE Coronavirus, calcoli sbagliati: le gravi responsabilità del governo - di L.Ricolfi

IL SOLCO
Con la chiusura delle scuole e il divieto a manifestazioni pubbliche, il giro di vite per tentare di contenere il contagio è evidente, ma frutto di uno scontro dentro il governo che risale alla sera di martedì quando il ministro Dario Franceschini affronta a brutto muso il presidente del Consiglio sino ad allora fautore di una linea molto meno drastica. La stessa che ieri ha frenato per ore l’ufficializzazione della chiusura delle scuole. Franceschini racconta «il vivace scambio di opinioni» avuto con Conte ai ministri del Pd prima dell’incontro con i capigruppo di maggioranza e di opposizione. Lo scontro segna una frattura tra Conte e dem i cui futuri effetti sono ancora tutti da valutare.

Quando a tarda sera il presidente del Consiglio prende la parola sembra sposare la linea preoccupata di Franceschini e traccia un quadro allarmante della possibile espansione del virus. Racconta di terapie intensive che al Nord sono quasi al collasso e che senza ulteriori misure di contenimento rischiamo di arrivare rapidamente ad oltre centomila contagi e a diecimila pazienti che avrebbero necessità della terapia intensiva, quando in Italia - che non è in grado come la Cina di costruire un ospedale in sei giorni - ce ne son circa seimila. Conte accenna anche alla possibile chiusura delle scuole anche se rimanda la scelta all’indomani e al comitato scientifico.

Il quadro è talmente fosco che tocca all’azzurra Anna Maria Bernini suggerire al premier cautela nella assunzione delle misure, e «soprattutto nella comunicazione», per non rischiare di danneggiare ulteriormente l’immagine del Paese. Detto e non fatto, si potrebbe dire, perché il giorno seguente inizia con una riunione di ministri dal quale filtra il blocco dell’attività didattica. Sconcerto, disorientamento e caccia all’informatore, svelano la diversa valutazione in corso all’interno del governo. Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina è strattonata tra i grillini, che vorrebbero seguire il parere contrario del comitato scientifico, e i dem che vorrebbero venisse assunta una decisione netta e rapida in modo da dare tempo alle famiglie di organizzarsi. Valeria Fedeli, senatrice del Pd e già ministro dell’Istruzione, è la più attiva nel segnalare al Nazareno il caos che il governo sta generando nel mondo della scuola, con le indiscrezioni riportate da questo giornale nell’edizione di ieri e il successivo annuncio poi smentito.
 


A Conte arrivano le telefonate di Zingaretti e si fa sentire di nuovo il pressing di Franceschini che è palazzo Chigi insieme al ministro degli esteri Luigi di Maio. A metà pomeriggio Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, prende carta e penna e detta alle agenzie una nota per chiedere che Conte sia «l’unica voce ufficiale del governo» per evitare «messaggi confusi all’Italia e al mondo». Uno «stop a comunicazioni maldestre» arriva anche dal ministro di Iv Teresa Bellanova, ma la frittata è ormai fatta e c’è chi tira in ballo il portavoce del premier, e chi accusa i ministri del Pd di aver voluto mettere il premier di fronte ad un fatto ormai compiuto. 

In attesa che alla Camera ci sia il dibattito «sull’autorevolezza dei virologi», che Vittorio Sgarbi chiede a Montecitorio a fine seduta, a prevalere è stata ieri la linea del virologo Roberto Burioni rispetto a quella meno drastica del consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi che non riteneva necessaria la chiusura delle scuole in tutt’Italia vista la differente possibile espansione del Covid-19. Valutazioni diverse che si ripetono quando a palazzo Chigi si riuniscono via etere i presidenti di regione. Anche se la linea prevalente è di plauso per la decisione del governo, il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, resta contrario. Tutti d’accordo, a cominciare dai presidenti di regione Fontana e Zaia, nel chiedere al governo misure di sostegno per i genitori che sono costretti a rimanere a casa o a pagare baby sitter per custodire i propri figli. Ma il decreto che dovrebbe contenere misure economiche non è ancora pronto e anche questa messa a punto non si annuncia indolore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA