Camaleonti d’Italia

Camaleonti d’Italia
di Mario Ajello
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Domenica 11 Dicembre 2016, 00:05
Geniale la canzone inventata da Crozza, rifacimento di «Perdere l’amore» di Massimo Ranieri, in cui il comico avverte tutti quelli che, dentro e fuori dal Palazzo, stanno mollando Renzi dopo averlo adulato: «Lui vi farà cadere ad uno a uno / e tornerà al governo coi dentini / solo con Verdini». Anche se, bisogna aggiungere, dello stesso Verdini si narra in queste ore nei palazzi che sarebbe sempre più lontano dal Cerchio Magico e sempre più vicino, quasi naturalmente, ad Arcore. E in effetti Denis vuole andare a votare il più tardi possibile, al contrario di Renzi e proprio come Berlusconi. Ma è un trend generale, non solo politico e anche di tipo culturale e caratteriale (inteso come carattere della nazione), quello della giravolta e della capriola quando l’uomo forte di ieri finisce indebolito e molti si scoprono diversi da quel che si pensava che fossero. Alla maniera di Totò rivolto ad Aldo Fabrizi: «Mi sarà scappato un pro, ma sempre stato anti!». 

LA NUOVA ONDATA
Camaleonti d’Italia unitevi? Il governatore campano Vincenzo De Luca definiva Renzi «un benefattore del nostro Sud. Noi gli chiediamo i soldi e lui ce li fa avere». Aveva dato ordine ai sodali di «fare clientelismo in favore del Sì, anche offrendo fritture di pesce a chiunque». Da dalemiano si fece bersaniano e poi super-renzista. Ora che il No ha stravinto nella sua regione e Renzi ha dovuto cedere il passo (e sembra che stia dicendo come a suo tempo Craxi: «Sono spariti tutti». Ma potrebbe anche rubare le parole a Gassman nell’«Audace colpo dei soliti ignoti»: «M’hanno rimasto solo quei quattro cornuti»), De Luca revisiona se stesso così: «Matteo è un presuntuoso e uno strafottente». E poi: «E’ molto meglio sua moglie Agnese di lui».

Il fuggi fuggi in salsa campana è lo stesso che viene registrato, ancora in embrione, nel resto del Mezzogiorno: dove i capibastone, soprattutto ex Pci, renzizzatisi obtorto collo nei 1000 giorni di governo cominciano a innestare la retromarcia. E questi sono i cacicchi. I vip usano invece il freno a mano. Occhio, per esempio, a Massimo Bottura, re dei fornelli glam, ammiratore sfegatato di Matteo a suo tempo. Adesso si corregge: «Io non ho mai detto che, se avesse vinto il No, avrei lasciato l’Italia». Invece lo disse in una intervista (20 novembre del corrente anno) e parlò così: «Se vince il No, chiudo il ristorante e vado a vivere all’estero». Come se nell’Italia senza Renzi non si sarebbe più potuto vivere. Ora però si scopre che si può vivere benissimo. Magari perfino se fosse andato Franceschini a Palazzo Chigi. 

Massimo D’Alema, uno che di cadute se ne intende, pochi giorni prima del 4 dicembre ha avvertito: «Se Renzi perde, lo abbandoneranno tutti e toccherà a me stargli vicino». Paolo Mieli, uno che conosce la nostra storia, ha spiegato in tivvù: «Quando uno diventa presidente del consiglio viene circondato da tutte persone che tendono a dargli ragione. Bravo, sei forte, vai bene. E a un certo punto, l’Ego si ipertrofizza. Ecco, se così fosse anche per Renzi, io confido nei suoi familiari, nelle persone più strette». Per fargli compagnia.


POST-VERITÀ<QA0>
Si racconta infatti che un’importante senatrice ultra-renziana vada dicendo in queste ore a qualche amico centrista: «Quasi quasi vengo con voi, Matteo ha sbagliato tutto». Prima, non glielo diceva nessuno. Perché lo temevano. E lui, del resto, sembrava aver fatto proprio quel precetto di Machiavelli per cui a un Principe conviene essere temuto più che essere amato. Ma quando finisce la paura - si veda infatti come hanno preso coraggio posticcio nel Pd a criticarlo - si aprono i rubinetti della recriminazione e impazza il gioco del calcio dell’asino. Che non è solo una favola di Fedro (l’asino che comincia a scalciare il leone, ma solo quando è a terra e infermo) ma anche uno strepitoso sketch di Corrado Guzzanti con Marco Marzocca. In cui Batman e Robin intervengono mentre un omone nerboruto scippa un poveretto. Quando vedono che il malvivente è grande e grosso e il derubato è un omino minuto, finito per terra sotto i colpi del colosso, Batman e Robin picchiano quello e non l’altro. E la morale: «Ogni Paese ha gli eroi che si merita». 

EX VOLPE FIORENTINA 
Chi perde ha sempre torto, insomma, e si è arrivati al colmo che alcuni dei 200 intellettuali che hanno firmato il manifesto per il Sì referendario in favore di Renzi starebbero brigando per fare sparire i loro nomi, in modo da non lasciare sul web tracce della loro passione rinnegata. Quando si vedrà uno psicoanalista che piace e che si piace, Massimo Recalcati, superstar all’ultima Leopolda, che modifica la sua formula «Matteo è la speranza e il resto è la palude» in «Matteo è la palude e il resto è la speranza»? Magari accadrà, magari no, anche perché Matteo può sempre tornare. Intanto, alla Rai, sismografo di ogni trasformismo e nascente vivaio di leccagrilli, capita di ascoltare tardivi anti-endorsement così: «Ah, io i limiti del personaggio li ho sempre denunciati...».

Anche se nessuno se n’era mai accorto. Mentre dagli schermi di La7, Paolo Cirino Pomicino, l’ex Dc, l’altro giorno ha dato consigli ai possibili traditori del Pd: «Sfiduciate Renzi». Il quale non è soltanto vittima del voltagabbanismo ma ne è anche artefice. Chi eccita il fideismo sollecita suo malgrado, dopo, anche la possibile abiura. Che trasforma la Volpe Fiorentina, agli occhi degli ex devoti, nel «ducetto di Rignano» che non poteva durare più di tanto. 

TRA BARTALI E DE GAULLE 
Chi prima applaudiva Renzi poi gli consiglia di fare come De Gaulle, che dopo la sconfitta nel referendum del 1969 si ritirò a Colombey-les-Deux-Eglises, o vorrebbe farlo somigliare al «Presidente»: titolo del romanzo di Simenon, la storia di una resa politica. Oppure, ecco uno come Virginio Merola, sindaco di Bologna che era stato buono finora, il quale dopo Renzi vede un altro autobus che passa - il Campo Progressista di Pisapia - e ci salta sopra organizzando nella sua città il battesimo della nuova sigla di sinistra. Quanto ad Agnese, la moglie del premier, tutti dicevano: «E’ la parte buona di Renzi». In questa fase, invece, per colpire lui non viene risparmiata lei e impazza il ridicolo tormentone sul golf bianco, indossato dalla signora la sera del collasso referendario, che scandalizza il pauperismo nazionale: «Costa 730 euro!!!!!». 
Se poi si scoprirà, però, che il Rottamatore non è stato davvero Rottamato e rispunta? A quel punto, come diceva un altro toscano, Gino Bartali, «l’è tutto da rifare». Ma questo, naturalmente, non è un problema per i camaleonti d’Italia.
 
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