Welfare, fare squadra diventa una priorità

Welfare, fare squadra diventa una priorità
di Giovanni Scansani
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Mercoledì 30 Settembre 2020, 15:25 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 10:20
Il recente massiccio ricorso allo smart working – o a quel lavoro da remoto che è entrato nel linguaggio comune come smart working ma che nei fatti è un semplice home working – ha riproposto il tema della partecipazione dei lavoratori all’attività dell’impresa. Lo smart working, quello canonico che risponde a criteri consolidati, sancisce infatti un inserimento nell’organizzazione aziendale solo per poter concorrere al risultato, a prescindere dal luogo e dal tempo utilizzato.
La partecipazione alla vita dell’azienda è invece la premessa di ogni piano di welfare aziendale. Una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (n. 55/E/2020) ha sancito la correttezza di molte delle pratiche affermatesi in questi anni, riconfermando la centralità dell’istituto del welfare aziendale nella gestione delle persone in azienda.

TRASFORMAZIONE

Tra i tanti possibili ambiti che, nella visione contemporanea del lavoro, richiedono la partecipazione (spesso diretta) dei lavoratori, c’è senz’altro quello creatosi con la riaffermazione delle prassi di welfare aziendale, che nel quadro delle trasformazioni in atto si presentano pienamente allineate sia alla maggiore considerazione della relazione esistente tra equilibri della vita e produttività del lavoro, sia alla mutata strutturazione della retribuzione della quale i servizi di welfare aziendale costituiscono un elemento sempre più considerato nella costruzione del total reward.
Partecipazione e welfare aziendale, come espressioni della vitalità organizzativa dell’impresa, rappresentano strumenti di voice dei lavoratori in grado di rafforzarsi vicendevolmente. Occorre ovviamente intendersi sul concetto di partecipazione cui ci si riferisce: quella organizzativa (diretta ed indiretta) e quella economica presentano senz’altro delle complementarità con il welfare aziendale che è un elemento rilevante della prima ed è diventato recentemente una modalità di affermazione della seconda, come avviene attraverso le pratiche di “welfarizzazione” del Premio di risultato (Pdr). 
Anche le finalità dei due istituti presentano alcune coincidenze posto che welfare aziendale e partecipazione hanno, in definitiva, l’obiettivo comune di accrescere la produttività e dunque di coordinarsi nel reciproco rispetto dei ruoli con la complessiva business strategy che si è data l’impresa. 

LA FILOSOFIA

Similari sono anche altri effetti che welfare aziendale e partecipazione possono generare, incidendo positivamente sul clima interno al complesso produttivo, sulla reciprocità, sulla capacità dell’azienda di attivare maggiore attraction/retention dei collaboratori e nell’accrescere il loro livello di engagement. Welfare aziendale e partecipazione contribuiscono, così, al rafforzamento del “contratto psicologico” che, sotteso a quello di lavoro, è sempre necessario arricchire costantemente per porre le persone nelle condizioni di esprimere pienamente le proprie capacità attivando le risposte necessarie per un lavoro più produttivo. 
Welfare aziendale e partecipazione sono, allora, i presupposti per il rafforzamento del “patto” che il “lavoro buono” sa instaurare tra impresa e lavoratori affinché l’output dell’agire quotidiano possa essere un “buon lavoro”, ossia un lavoro fatto bene, con passione, realmente gratificante e normalmente eccedente i limiti del contratto che, per definizione, è sempre incompleto e non riesce a contenere tutto l’umano che il lavoro può e deve saper esprimere (con il contratto l’azienda non “compra” la passione, la creatività e l’eccedenza che si possono generare proprio fuori ed oltre i limiti delle regole del contratto). 
Più in particolare, quanto al welfare aziendale nella sua versione più vera e completa – ossia quella che deriva da programmi frutto di precise strategie di people management di medio-lungo periodo, sostenute da un investimento aziendale specifico e non da “conversioni” di componenti variabili delle retribuzioni e dunque da fonti di finanziamento non più proprie, bensì degli stessi lavoratori – il momento partecipativo è rappresentato, anzitutto, dal coinvolgimento delle persone nell’indicazione dei bisogni sui quali, poi, l’azienda sarà chiamata a dare risposte nei termini che saranno espressi dal Piano di welfare aziendale (Pwa).

IL FINE

Si tratta di un momento essenziale per la calibratura degli interventi che si realizza mediante sistemi di ascolto che altro non sono se non momenti di partecipazione (sia dei lavoratori come anche dei loro rappresentanti, ove presenti in azienda). Analogamente può dirsi della fase successiva alla progettazione del Pwa, ossia quella della sua implementazione e della sua gestione che, nei casi più evoluti, sono guidate da un sistema di governance che, oltre alle funzioni di human resource dell’azienda, prevede il coinvolgimento dei lavoratori o del sindacato sino ad arrivare, nelle imprese più grandi, all’istituzione di appositi comitati bilaterali aziendali.
Il wefare aziendale e la partecipazione dei lavoratori sono capaci, quindi, di irrobustire tutte le componenti che conducono ad una maggiore produttività, ma senza incidere negativamente sulla qualità del lavoro ed anzi migliorandola: il welfare aziendale sul piano della conciliazione con le esigenze della vita privata e del sostegno, anche economico, rispetto a finalità di rilievo sociale che riguardano il lavoratore e/o la sua famiglia; la partecipazione organizzativa sul piano della fioritura delle soggettività e dell’alleviamento delle condizioni di lavoro per il tramite dei miglioramenti complessivi dei processi produttivi che l’apporto partecipativo dei lavoratori è in grado di attivare e di perfezionare. 
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LA PAROLA
Fringe benefit, servizi o aiuti per il benessere dei lavoratori

Benefit aziendali, flexible benefit o anche fringe benefit sono quell’insieme di beni, servizi o agevolazioni concessi dall’azienda o dal datore di lavoro ai propri dipendenti, al di fuori della busta paga. Rappresentano un compenso, non i soldi, il cui scopo è quello di migliorare la qualità della vita dei lavoratori e così incentivare la produttività e rientrano nel quadro delle politiche di welfare aziendale. Dallo smartphone all’assistenza sanitaria, dall’auto ai buoni pasto, dalla previdenza complementare alle borse di studio, sono solo alcuni tra i tanti i benefit che le aziende possono offrire ai dipendenti. Sono una forma di retribuzione, come stabilisce il comma terzo dell’articolo 2099 del Codice civile, dove è spiegato che un lavoratore può essere retribuito anche attraverso l’erogazione di beni e servizi.
In seguito all’emergenza sanitaria, tra le misure adottate per favorire la ripresa e offrire un sostegno alle famiglie in difficoltà economica c’è ne è una che riguarda i benefit: , il decreto legge di agosto 2020 ha stabilito che solo per l’anno in corso la soglia di esenzione dalla tasse del Fringe Benefit venga raddoppiata, passando da 258 a 516 euro. 
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