La famiglia, congedi e servizi per riempire le culle vuote

La famiglia, congedi e servizi per riempire le culle vuote
di Maria Lombardi
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 16:48
Immaginate una città grande più o meno come Catania o Bari, 300mila abitanti circa. E adesso immaginate che non ci sia più, scomparsa nel giro di un anno. Culle vuote, più giovani (e non solo) in fuga all’estero, meno stranieri in arrivo ed ecco che l’Italia si rimpicciolisce. Avanti così e nel giro di 44 anni sarà un Paese dimezzato, tra i 23 che secondo una previsione della University of Washington vedrà la sua popolazione ridursi del 50%. Tante altre città sparite. Il declino demografico è la prima tra le emergenze, fermare questo trend la sfida dei prossimi anni. In un Paese con sempre meno bebè e sempre più nonni, il futuro è in bilico e i conti non tornano: più pensionati che lavoratori, spese di cura alle stelle, crollo dei risparmi e crescita sotto zero. Una rotta che va invertita al più presto se non ci si vuole rassegnare a diventare un Paese mini. Per mettere al mondo figli serve la serenità di poterli crescere senza impoverirsi troppo e senza fare salti mortali. In poche parole, più soldi e servizi per le famiglie. Alleggerire le tasse, aumentare i posti negli asili nido e ancora di più i giorni di congedo parentale, sostenere l’occupazione femminile sono alcune tra le misure necessarie per fermare il declino demografico.


I numeri 

Gli ultimi dati Istat (2019) ci consegnano l’immagine di un Paese vecchio e stanco, incapace di guardare avanti. I nuovi nati sono stati il 4,5% in meno rispetto all’anno precedente (-19mila). Per ogni 100 residenti morti, ci sono appena 67 neonati, il dato più basso dal 1918. Se si aggiungono ai 212 mila italiani in meno sui registri anagrafici (il saldo tra i 647mila morti e i 435mila nati del 2019) i 120 mila residenti che hanno scelto definitivamente l’estero, ecco che mancano all’appello 332 mila persone. Più o meno la città di Bari. La prima conseguenza è che si andrà sempre più riducendo il numero dei cittadini in età da lavoro: entro il 2050 saranno la metà, mentre agli inizi degli anni ‘80 erano il 70%. Già l’Italia spende oggi per le pensioni più del doppio della media Ocse. Che succederà tra pochi anni? Nel 2021 la pubblica amministrazione avrà più pensionati che dipendenti. Una situazione insostenibile per le casse dello Stato: non ci saranno soldi per la previdenza, la sanità, la scuola e la difesa. Siamo messi malissimo e non si vedono schiarite. Tanto più che l’invecchiamento della popolazione e il crollo demografico frenano la crescita e sono un’ipoteca sulla possibilità di uscire dalla crisi.

Le proposte 

Come tornare a sperare in qualche segno più? La sfida delle sfide.
Il Recovery Fund è l’ultima occasione per fermare la crisi delle culle e restituire futuro al Paese. «Per invertire il trend serviranno anni e un insieme di interventi che toccano il sistema fiscale, il mercato del lavoro, le politiche per la famiglia, le scuole, le politiche per la casa», suggerisce “Next Generation Italia”, lo studio dell’Associazione Minima Moralia su come utilizzare i soldi che arrivano dall’Europa. Al momento il tasso di natalità in Italia è 1,2, uno dei più bassi al mondo, e ben lontano dalla soglia di 2,1 figli per donna, al di sotto della quale comincia il declino. Nel Paese “mammone”, insomma, ci sono sempre meno mamme e bebè. Le ragioni sono tante: incertezza economica, difficoltà per le donne di conciliare lavoro e famiglia, pochi servizi per la prima infanzia, basso tasso di occupazione femminile. Il taglio delle tasse potrebbe permettere alle famiglie più giovani di prendere fiato e poter crescere.

Asili nido

Ma resta difficile pensare a un figlio se i posti negli asili nido sono così pochi, oggi coprono solo il 24% del target e in alcune zone d’Italia non arrivano nemmeno al 10%. Andrebbero raddoppiati, così da poter essere garantiti ad almeno il 50 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni. Nessuna sorpresa se sempre più mamme lasciano il lavoro e se le nascite non sono mai state così poche. Asili nido e non solo. Per sostenere la maternità bisogna puntare anche a una maggiore condivisione degli impegni familiari: il gender gap nel tempo dedicato alla famiglia attualmente in Italia è di 21,55 ore a settimana. Impegno dei padri: 8,13 ore a settimana. E delle madri: 29,68. Un abisso. Le mamme vanno aiutate, cominciando dai congedi di paternità che il Family Act ha portato a 10 giorni: ancora pochi, si dovrebbe arrivare a 90 giorni retribuiti al 100% da utilizzare nei primi 3 anni di vita del bambino, secondo il rapporto Next Generation Italia. Il disegno di legge sulla famiglia voluto dal ministro per le Pari opportunità Elena Bonetti - approvato dal governo l’11 giugno scorso e che ora attende l’ok del Parlamento - prevede una serie di misure a sostegno dei genitori: dall’assegno per ogni figlio under 18, alle detrazioni per le spese legate all’educazione dei ragazzi e delle baby-sitter, agli aiuti alle mamme lavoratrici e ai permessi retribuiti per i colloqui con i professori. Ma bisogna investire ancora di più nel lavoro femminile e nella famiglia per fermare il declino. Prima che scompaiano altre città.
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