Il grido dei ristoratori del litorale: "Siamo in ginocchio e senza aiuti"

I ristoratori del litorale veneziano: "In ginocchio e senza aiuti"
I ristoratori del litorale veneziano: "In ginocchio e senza aiuti"
di Giuseppe Babbo
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Martedì 9 Marzo 2021, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 08:19

«Servono ristori tempestivi e adeguati ma anche un’alleanza di buon senso e responsabilità da parte di tutti». Il Veneto ritorna in zona arancione e il presidente di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia Massimo Zanon, dopo i primi appelli delle associazioni di categorie ripresi dal Gazzettino, rilancia la necessità di ottenere adeguate forme di sostegno per operatori economici e aziende. «Ci vengono chiesti nuovi sacrifici - spiega Zanon - che assumiamo con senso di responsabilità per la grave situazione pandemica in cui ci troviamo. Non ci stancheremo mai di ribadire che occorrono ristori adeguati e tempestivi, calcolati sul fatturato annuo delle attività e tenendo conto dei costi fissi sostenuti. Ci appelliamo inoltre alle singole persone perché siano altrettanto responsabili nei comportamenti che adottano. Bisogna essere consapevoli che condotte sbagliate aumentano i contagi, comportano giocoforza l’adozione di misure ulteriormente restrittive e finiscono per impattare sulle stesse attività. I titolari e i gestori dei pubblici esercizi, ad esempio, non possono fare da guardiani degli assembramenti. Ognuno faccia la sua parte. Serve, dunque, “un’alleanza di buon senso e responsabilità”». A rilanciare la necessità di adeguati ristori sono anche commercianti ed esercenti del litorale. «Ci sembra di essere in un incubo – commenta Dennis Luca Montino, titolare del ristorante Perla Nera di Jesolo – in un anno questa è la terza volta che ci troviamo in questa situazione. Ogni chiusura imposta ci costa almeno 10mila euro, gli aiuti dello stato sono irrisori: la salute viene prima di tutto e su questo non si discute, tuttavia l’aiuto dello stato, per una scelta che non è nostra, deve essere concreto e immediato. Non possiamo rimanere mesi in attesa per qualche inezia, anche perché non si vedono prospettive di un miglioramento della situazione».

Ed è per questo che lo storico locale jesolano ha deciso di andare controcorrente rispetto a quanto fatto nelle precedenti chiusure: «Diventeremo delle mense – continua Montino – rimanendo aperti a pranzo per operai e partite Iva, abbiamo già i contratti pronti. Aspettare gli aiuti dello stato non ci conviene, visto che la legge ci consente di lavorare come mensa noi ci adeguiamo. In questo modo contiamo di limitare le perdite, secondo le nostre stime perderemo almeno 5 mila euro al mese ma almeno facciamo lavorare i nostri operai».  Sulla stessa scia i commenti di Federico Marchesin, titolare del chiosco Veliero, sulla spiaggia di Jesolo. «La gente è rassegnata – dice – e tutto sommato fatica a capire certi provvedimenti di chiusura riproposti ancora a distanza di un anno. Ma davvero in 12 mesi non è cambiato nulla? Noi abbiamo aperto negli ultimi weekend anche perché gli aiuti dello stato sono nulli. Siamo preoccupati, esistono dei protocolli rigorosi ai quali ci siamo attenuti scrupolosamente, questa chiusura è difficile da capire». Uguale il commento dei gestori del bar Roma in piazza Mazzini: «Ci adeguiamo, però se in un anno ci troviamo ancora nella stessa situazione significa che qualcosa non ha funzionato. Ci auguriamo che almeno queste chiusure siano utili in prospettiva della stagione». Grande anche l’amarezza per Alvise Ballarin, titolare del ristorante Laguna a Cavallino-Treporti. «Questa chiusura, la terza in un anno – ribadisce – è semplicemente una “mazzata” per il nostro settore. E non solo per noi imprenditori ma anche per i nostri collaboratori. I ristori sono una beffa.. Per noi la soluzione migliore sarebbe quella di farci aprire il più possibile, sera compresa, proprio per la necessità di evitare assembramenti». 

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