PORDENONE La storia raccontata dalla mamma di Paolo, nome di fantasia di un bambino di 8 anni che frequenta la terza elementare in provincia, è lo specchio di chissà quante altre. L'odissea di un genitore costretto a snervanti attese per poter far fare il tampone al figlio e poi per avere il risultato dell'esame. Tutto questo disagio si traduce alla fine in settimane di assenza da scuola e nella sensazione di abbandono che vive il bambino.
Emorragia cerebrale: muore una mamma di 34 anni
Bambino con febbre
«L'unica parvenza di normalità che posso regalare a mio figlio è la scuola. Abbiamo tolto sport, amici, catechismo a questa generazione. Resta solo la scuola, con le mascherine, le tante limtazione ma almeno in classe, insieme ai compagni». Lo sfogo della mamma di Paolo è velato più da tristezza che da rabbia, mentre racconta cosa sta passando. Suo figlio soffre frequentemente di febbri e ora con l'emergenza Covid questa situazione è dventata un vero e proprio incubo. «Io rispetto le norme, ma soprattutto gli altri - spiega -, per cui quando a mio figlio si alza la febbre, anche se dopo alcune ore se ne va via, avviso la pediatra».
Tampone
E così scatta l'iter previsto dal protocollo anti contagio. Il bimbo deve fare il tampone e lo fa senza timore. «La prima difficoltà è entrare in contatto con chi deve darmi l'appuntamento - prosegue la mamma -: quest'ultima volta ho dovuto chiamare il numero indicato 46 volte, dico 46 volte prima di riuscire a parlare con un operatore e sapere quando potevo fare il tampone a mio figlio».
«Vorrei solo che facessero una sorta di percorso dedicato ai più piccolo - l'appello della mamma del bimbo di otto anni -. Che qualcuno facesse tamponi rapidi, così i bambini non sarebbero costretti a saltare settimane di lezioni. Mio figlio mi ha chiesto lui mamma ti prego fammi fare il tampone, perchè vuole tornare a scuola. Come trattiamo questa generazione alla quale abbiamo già tolto tanto, troppo?».
Covid, cos'è la nebbia cognitiva: cervello coinvolto quanto i polmoni, colpito un malato su 3
Il Covid-19 non colpisce soltanto i polmoni. Dopo aver contratto il contagio ed essere guarita, una persona su venti evidenzia conseguenze più o meno transitorie a danno del cervello. Si chiama nebbia cognitiva e provoca vuoti di memoria, spaesamento, incapacità di svolgere azioni elementari.