La famiglia Covid. ​Genitori e figli, tutti contagiati: «In sette in casa e in sette stanze diverse»

La famiglia Covid. Genitori e figli, tutti contagiati: «In sette in casa e in sette stanze diverse»
La famiglia Covid. ​Genitori e figli, tutti contagiati: «In sette in casa e in sette stanze diverse»
di Gabriele Pipia
5 Minuti di Lettura
Lunedì 23 Novembre 2020, 14:36 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 08:34

TERRASSA PADOVANA «Siamo tutti molto vicini, eppure è come se fossimo tutti così distanti...». La sintesi migliore arriva dalle parole di nonna Lina. Parla con i suoi nipoti solo al telefono o attraverso una vetrata, ma è lei la testimone diretta della storia della famiglia Silvestri di Terrassa. Mamma casalinga, papà impiegato di banca e cinque figli maschi tra i 19 e i 27 anni: tutti negli ultimi venti giorni sono risultati positivi al Coronavirus. Chi prima, chi dopo, chi tramite test rapido e chi col tampone molecolare. Alla paura del virus e alle peripezie quotidiane che può incontrare una famiglia così numerosa interamente isolata nella stessa casa, si aggiungono anche le ripetute incertezze provocate dai referti ottenuti ai presidi di Monselice e Schiavonia. «Due figli sono risultati nel giro di poche ore prima negativi al test rapido e poi positivi al tampone molecolare. Un terzo figlio - raccontano - ha vissuto la situazione opposta: positivo al rapido e poi negativo al molecolare». Venti giorni passati sulle montagne russe. Venti giorni che non scorderanno mai. 

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I PRIMI SEGNALI

La situazione attuale vede quattro persone ancora positive e tre guarite, ma per raccontare questa storia bisogna fare un passo indietro e tornare a giovedì 29 ottobre. A ripercorrerla è Filippo Silvestri, ventisettenne consigliere comunale a Terrassa e studente di Giurisprudenza al Bo. Proprio in questi giorni sta scrivendo la tesi di laurea, ma la mente è stata occupata anche da ben altro. 


«Tutto inizia il 29 ottobre quando uno dei miei fratelli si presenta a casa con febbre a altri sintomi. Il suo medico di base gli prescrive il test rapido: esito negativo. Io nel frattempo esco, incontro altre persone e vedo pure i familiari della mia fidanzata. Il giorno 30 però accuso anche io i primi sintomi. Sabato 31 ottobre vado a fare il tampone a Monselice: io risulto positivo e pochi giorni dopo risulta positivo anche mio fratello, nonostante prima fosse risultato negativo». 


GLI ALTRI FAMILIARI

In poco più di una settimana, tra il 2 e l'11 novembre, si ammalano tutti. E tutti, chi prima e chi dopo, risultano positivi ad almeno un tampone. «A quel punto l'organizzazione della nostra famiglia viene completamente rivoluzionata - prosegue Filippo - Per fortuna abbiamo una casa grande. Chi sta bene si occupa di far da mangiare e di pulire, tutti in ogni caso se ne stanno in isolamento. Sette persone in sette stanze diverse, mentre per la spesa ci danno una mano la zia e i colleghi del papà. Tra noi c'è chi ha pochissimi sintomi e chi invece accusa febbre, tosse e respiro difficoltoso.

Io dopo esser risultato positivo il 31 ottobre sia al rapido che al molecolare faccio il controllo il 10 novembre a Schiavonia. Mi viene eseguito ancora il rapido e questa volta risulto negativo: sarei libero di andare in giro, ma dopo aver consultato la guardia medica effettuo un tampone molecolare. Risulto positivo. Ecco quindi che devo tornare in isolamento. Ora, passati 21 giorni ed essendo senza sintomi, sono di nuovo libero». 


L'ORGANIZZAZIONE

Di cinque fratelli, tre lavorano e due studiano. «Uno dei miei fratelli avrebbe dovuto tornare a lavorare in un ufficio di 10 persone ma, pur essendosi negativizzato, non sapeva che fare. Per fortuna il suo datore di lavoro ha capito la situazione» racconta sempre Filippo. «La nostra casa è diventata un piccolo eremo. La cucina è utilizzata solo da uno dei miei fratelli. I due bagni dopo ogni utilizzo, anche solo per lavarsi le mani, vengono disinfettati. Ognuno mangia nella sua camera e poi c'è sempre il mio fratello cuoco che ritira i piatti e li lava a 90 gradi». 


LE TELEFONATE

In quella casa dove tutti sono sempre stati abituati a vivere a stretto contatto, improvvisamente ognuno si è trovato solo. «Ci vedevamo e ci aggiornavamo sul decorso, ma solo attraverso le videochiamate, pur essendo nella stessa casa, solo a pochi metri di distanza. Molto significativa, secondo me, questa frase di mia nonna, che un pomeriggio mi ha chiamato e mi ha detto: Siamo molto vicini, ma allo stesso tempo siamo così lontani. Io e lei ci siamo rivisti dopo 15 giorni attraverso una vetrata». La nonna, vive in un appartamento attiguo e non ha mai avuto bisogno di un tampone. È l'unica. 


«In questo contesto complicato - riflette ancora Filippo - ci riteniamo tutti fortunati perché il virus con noi è stato clemente e in ogni caso eravamo uniti. Un grande plauso e un grande ringraziamento va fatto al dottor Sguotti, nostro medico di medicina generale, e al dottor Simonato della guardia medica. Entrambi nonostante fossero oberati di tantissimi casi simili e anche più gravi del nostro hanno dimostrato un'umanità e una professionalità incredibile». 
Al termine di oltre venti giorni da incubo, con ancora più di mezza famiglia contagiata, ciò che resta per Filippo è «anzitutto la paura del Covid, visto che non sai mai come può manifestarsi e fino a che punto puoi stare male». Ma non solo: «Mi resta addosso anche tanta confusione. Si parla tanto di cittadini irresponsabili ma in questa situazione noi, anche davanti a test che davano esito negativo, abbiamo dimostrato una grande responsabilità». 
Sabato, uscito finalmente dal lungo isolamento, Filippo ha fatto la spesa e ora ci scherza su: «Ho fatto scorta di noci e salsicce, non si sa mai». 

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