Pronto soccorso, negli ultimi dieci anni
raddoppiati i decessi: colpa delle attese

Pronto soccorso, negli ultimi dieci anni raddoppiati i decessi: colpa delle attese
di Mauro Evangelisti
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Giovedì 16 Gennaio 2014, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 20:10

L’ospedale romano che ha registrato pi morti, in pronto soccorso, in valori assoluti il San Camillo: nel 2012 ci sono registrati 327 decessi su un totale di 61.113 accessi. Significa lo 0,5 per cento. Si tratta, anche in termini percentuali, del dato più alto a Roma. Ma mai come in questi casi un numero può ingannare: se un ospedale è importante ci sono molti accessi e arrivano i casi più gravi, quelli in cui il rischio che vi sia un decesso è più alto. Tra gli altri grandi ospedali, anche il Policlinico Tor Vergata ha registrato la stessa percentuale di decessi in rapporto agli accessi, lo 0,5 per cento, ma con un valore assoluto più basso, 212, su totale minore di prestazioni (45.766). Alto in valore assoluto il numero dei decessi al pronto soccorso del Sandro Pertini, 218, ma la percentuale è più bassa, perché è su un totale di 75.840 accessi. C’è poi un dato più generale, quello denunciato qualche mese fa dal sindacato dei medici del pronto soccorso (lo Spes): i morti nei pronto soccorso romani sono raddoppiati negli ultimi dieci anni.

LO SCENARIO

Come è possibile? Questo elemento va incrociato con quello dei pazienti bloccati sulle barelle, con picchi di cinque o sei notti, con le sale di attesa affollate, con il numero assoluto di quasi due milioni di accessi ai pronto soccorso nel 2012 (dato regionale). In sintesi: i pazienti restano più a lungo nei pronto soccorso, perché nei reparti non c’è posto e dunque aumentano le probabilità che qualcuno muoia prima di essere ricoverato.

Il dato totale di chi non ce la fa, di chi muore in pronto soccorso nel Lazio, è pari a 3.183, vale a dire lo 0,2 dei pazienti assistiti. Detto così è un numero che non racconta molto, ma se guardiamo indietro negli anni c’è una brutta sorpresa: esattamente dieci anni prima, nel 2002, i deceduti nei pronto soccorsi laziali erano 1.533. Gradualmente quel numero è divenuto più alto, arrivando a sopra i 2.000 nel 2006, sopra i 3.000 nel 2011. Il sindacato Spes ha spiegato: «Pronto soccorso affollati e mancanza di posti letto rendono molto più complicato per i medici assistere i pazienti». Nel calderone vanno messi altri fattori, tutti causati dal collo di bottiglia dei pronto soccorso: le ambulanze restano bloccate e non possono ripartire, mettendo a rischio il servizio. Anche in questo caso i dati sono inclementi: 200 mila ore di blocco delle ambulanze, inutilizzate, di fronte agli ospedali.

CONTROMISURE

L’altro giorno la Regione ha definito alcune linee guide per affrontare l’emergenza: ad esempio si parla di riorganizzazione delle chirurgie per liberare risorse a favore delle aree mediche. Massimo Magnanti, leader del sindacato Spes (medici del pronto soccorso): «Dopo anni di non governo del sovraffollamento dei pronto soccorso finalmente da parte delle istituzioni regionali sanitarie si è preso atto di un problema grave e si stanno dando disposizioni. Spetta ora alle Asl, che spesso hanno fatto orecchie da mercante, metterle in atto».

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