Pd, titoli di coda: a nulla valgono gli appelli all'unità di Orlando e Letta

Matteo Renzi
Matteo Renzi
di Alessandra Severini
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Martedì 21 Febbraio 2017, 08:35
Rabbia, frustrazione, vecchi e nuovi veleni che inquinano una speranza sempre più flebile. Nel Partito democratico si concentrano stati d’animo e umori differenti, in un braccio di ferro che sembra interminabile. Quanti alla fine sceglieranno la strada della rottura? Alla direzione di domani, che aprirà il Congresso, Matteo Renzi non parteciperà. Probabilmente non ci saranno neanche Roberto Speranza ed Enrico Rossi che sembrano già con un piede fuori dal Pd.

Ancora incerta invece la posizione di Michele Emiliano che proverà a trattare fino all’ultimo. Ma per Renzi la partita è chiusa: le primarie le vorrebbe già il 9 aprile ma se Orlando e Franceschini lo chiederanno si potrebbe arrivare al 7 maggio, non oltre, per chiudere presto la discussione interna e fare la campagna per le amministrative. Il presidente della Toscana Rossi già ha annunciato che restituirà la tessera del Pd, accusa Renzi di aver «bastonato» la minoranza e guarda avanti, ai nuovi gruppi parlamentari che «sosterranno il governo». Finora ci sarebbero una dozzina di senatori e circa 25 deputati pronti a formare i nuovi gruppi che potrebbero essere annunciati già venerdì. Secondo i sondaggi, invece, il nuovo partito che nascerebbe dalla scissione del Pd avrebbe un peso elettorale fra il 5 e il 7%. Roberto Speranza, che ieri sera ha partecipato ad un evento a Venezia organizzato dal Campo progressista di Giuliano Pisapia, parla già da separato: «Renzi rompe il Pd, non ci sono le condizioni per stare nel congresso». C’è chi ancora nutre qualche speranza.

«Se la mia candidatura è in grado di far ripensare chi ha preso la strada della scissione io sono in campo, più importante di noi è il destino del Pd», dice il ministro Andrea Orlando che, appoggiato da Cuperlo e Damiano, sfiderà probabilmente Renzi nella corsa alla segreteria. La gravità della situazione è sintetizzata dall’amarezza delle parole di Enrico Letta, tornato a parlare dopo un lungo silenzio. «Non può, non deve finire così» scrive su Facebook l’ex premier che, ricordando lo «sgomento solitario» con cui 3 anni fa fu costretto a lasciare Palazzo Chigi chiede a Renzi che «generosità e ragionevolezza» prevalgano su «logiche di potere».
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