Crisi, tre strade per il governo: Gentiloni o Padoan se il"dentro tutti" non dovesse riuscire

Crisi, tre strade per il governo: Gentiloni o Padoan se il"dentro tutti" non dovesse riuscire
di Marco Conti
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Giovedì 8 Dicembre 2016, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 10:07
Ritmi serrati ad una crisi di governo in parte annunciata, ma per il Capo dello Stato Sergio Mattarella molto drammatizzata da tutte le forze politiche che non sembrano rendersi conto che non si può andare a votare senza una legge elettorale omogenea tra Camera e Senato.

Raccontano che nella mezz'ora di colloquio «molto disteso e costruttivo» di ieri sera, Sergio Mattarella abbia ripetuto a Matteo Renzi, la preoccupazione per un Parlamento che rischia di essere sciolto senza una legge elettorale in grado di assicurare un minimo di governabilità post-voto. Uno scenario, in stile 2013 se non peggio, molto temuto al Quirinale «anche se il Parlamento è sovrano», ripete Mattarella. Il problema è che il Parlamento, segnatamente il Senato, proprio ieri ha votato di nuovo la fiducia. Il governo Renzi è di fatto ancora in carica e forte di una maggioranza abbastanza solida e che può contare su molti parlamentari che, privi di vitalizio, non intendono andare a casa.
 
 


GUIDA
Su questo conta anche il capo dello Stato che oggi pomeriggio comincerà le consultazioni incontrando il suo predecessore, Giorgio Napolitano e i presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso. Domani toccherà ai partiti più piccoli e sabato a FI, M5S ed infine alla delegazione del Pd. Con Guerini, Orfini, Zanda e Rosato, il capo dello Stato tirerà le somme dei colloqui. 

Tre le ipotesi sul tavolo del presidente della Repubblica: governo di tutti i partiti, guidato dal presidente del Senato o da altra autorità super partes. Governo politico, sostenuto dall'attuale maggioranza ma guidato dai ministri Padoan o Gentiloni e Renzi-bis con una nuova compagine di ministri. A queste se ne aggiunge un'altra qualora a Renzi venissero respinte le dimissioni e rimanesse al suo posto dopo un eventuale passaggio alle camere per la fiducia.
A giudicare dalle dichiarazioni di questi giorni nessun partito delle opposizioni vuole entrare nel «governo di tutti». Non solo. M5S, Lega e FdI ritengono inutile anche sedersi al tavolo della trattativa sulla legge elettorale sostenendo che la sentenza della Consulta, che arriverà a fine gennaio, sarà di fatto auto-applicativa. In buona sostanza solo Forza Italia sembra disposta a sedersi al tavolo della legge elettorale, ma non del governo. Mattarella verificherà di persona tutte le posizioni, ma il cerino rischia di tornare rapidamente, forse già sabato sera, nelle mani del Pd.
Renzi continua a sostenere di volersi far da parte, ma guarda con sospetto le manovre interne al Pd dei capicorrente - da Franceschini ad Orlando - e teme che dare il via ad un governo, anche se guidato dai ministri Padoan o Gentiloni, è facile ma non altrettanto semplice sarà poi fermarlo a primavera. Il timore è di arrivare nuovamente alla scadenza della legislatura con un partito in serio affanno e di ripetere l'infausta esperienza del governo Monti quando il Pd di Bersani si ritrovò alla fine da solo a sostenere l'esecutivo-tecnico, malgrado Forza Italia avesse votato la fiducia. Per Mattarella l'esigenza di non consegnare il Paese al caos è preminente e ritiene che i tempi non ci sarebbero nemmeno per mettere mano ai collegi che prevede la legge elettorale del Senato e che prima del mese di giugno è difficile sciogliere le camere. Le esigenze del Colle proiettano la legislatura a ridosso dell'estate rendendo molto semplice l'obiettivo di coloro che vorrebbero arrivare alla scadenza naturale della legislatura: febbraio 2018. Un orizzonte che per Renzi è troppo in là e che rischia di annullare l'effetto del dopo-referendum che ha scaldato i cuori di tanti militanti del Pd che contestano la scelta della minoranza del Pd «di votare contro il proprio governo».

Il rischio di una rottura dentro il Pd è altissimo. La direzione di ieri del partito si è interrotta dopo la relazione del segretario, nonchè premier uscente, ma le manovre per cercare di far proseguire la legislatura anche senza Renzi non sono facili. La minoranza del Pd, che vuole che la legislatura prosegua sino a scadenza anche per indebolire Renzi, dovrebbe infatti trovare un accordo con Berlusconi visto che la linea «responsabile» del Cavaliere incontra i favori di coloro che non vogliono andare al voto. In effetti il Cavaliere è l'unico che potrebbe aiutare se non la costituzione di una maggioranza di governo, la realizzazione di un tavolo dove discutere di legge elettorale. Magari anche con l'impegno a chiudere la trattativa in tempi brevi in modo da non irritare troppo Salvini e Meloni e convincere il segretario Renzi a dare i suoi voti necessari per far nascere il governo.

LIBERA
La strettoia rischia di riconsegnare a Renzi se non il cerino del governo il cero, più impegnativo, della fine della legislatura. Terminato il primo giro di consultazioni, è molto probabile che toccherà a Renzi dire come e in che modo il Pd intende farsi carico del governo e fino a quando. Un documento della direzione del Pd, che dia il via libera ad un governo con data di scadenza incorporata, è difficile. Tanto più se non sarà lui a guidarlo. Restare in carica solo per gli affari correnti - ovvero dimissionato - per tre mesi sembra difficile. Anche perchè sono molte sono le scadenze internazionali - a cominciare dal consiglio europeo della prossima settimana dove si discuterà dello spinoso tema del diritto d'asilo - e perchè il governo avrebbe poteri depotenziati. A cominciare dall'impossibilità di chiedere il voto di fiducia.

L'imprevedibilità di Renzi costringe alla cautela non solo Mattarella, ma anche gli altri big del partito che temono l'uscita di scena dell'ex sindaco di Firenze e il collasso del Pd che seguirebbe allo scontro tra renziani e vecchia guardia. Il ragionamento della «assunzione di responsabilità davanti al Paese», che gli viene fatto da molti ex Dc ed ex Pci, non convince l'ormai ex premier che cerca in tutti i modi di sfuggire al tentativo di rosolamento in atto. Per rendere ancora più evidente la sua uscita di scena, Renzi non andrà nella delegazione del Pd che incontrerà sabato il Capo dello Stato, ma i contatti restano strettissimi.
 
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