Tfr in busta paga, le aziende contrarie.
Renzi: "Tutto il Pd si adegui al voto"

Matteo Renzi (LaPresse)
Matteo Renzi (LaPresse)
di Alessandra Severini
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Giovedì 25 Settembre 2014, 03:36 - Ultimo aggiornamento: 16:13
ROMA - Far crescere i consumi per rilanciare la ripresa. Alcune indiscrezioni sostengono che il governo le starebbe pensando tutte per raggiungere questo obiettivo, compresa la possibilit di “appesantire” la busta paga con il 50% del Tfr. In pratica, i lavoratori avrebbero in busta paga la met di quanto ogni mese viene accantonato per la liquidazione del lavoratore. L'intervento sarebbe inserito nella legge di stabilit e avrebbe un costo limitato.



Il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti smentisce l'ipotesi: «Mai sentito parlare di Tfr». Le aziende non sembrano convinte dalla bontà dell'intervento. «È una situazione complessa - sostiene il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi - bisogna vedere quale drenaggio in termini di liquidità ci sarà sulle imprese».



Il premier inciampa sui numeri in inglese





L'ipotesi fa nascere dubbi anche fra i sindacati: «Nessuno dica che è un aumento e quindi non si rinnova il contratto» avverte il segretario della Cgil Susanna Camusso. Sul tema della riforma del lavoro, però, la Cgil sembra ammorbidire la sua posizione. Pur continuando a difendere il diritto al reintegro, convinta che cancellare l'articolo 18 significhi rendere il lavoro “più servile”, Susanna Camusso apre al dialogo sulla possibilità che nei primi anni dall'assunzione l'art.18 non valga: «Capisco che ci sia una stagione in cui l'articolo 18 non vale. Purchè sia transitoria».



Il jobs act continua a far rumoreggiare anche la sinistra Pd, ma Renzi non intende cambiare strategia: la direzione dem deciderà e tutto il partito dovrà adeguarsi. Per il premier la riforma «non è rinviabile», come ha detto davanti alla comunità finanziaria newyorkese.



I toni nel Pd però si fanno più morbidi e la minoranza esclude scissioni o rotture traumatiche. «Far cadere Renzi sarebbe da irresponsabili - dice Gianni Cuperlo - troveremo una soluzione unitaria e utile a riformare il mercato del lavoro». Da qui al 29 si cercherà perciò una soluzione di sintesi.

Beppe Grillo prova a sfruttare le divisioni del Pd e invita la minoranza dem a ribellarsi contro «l'infame riforma» del lavoro e a «mandare definitivamente a casa Renzi». Ma dal Pd si alza, stavolta compatta, l'accusa di “provocazione”.
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