Sì del Senato alla riforma della Rai:
cambia tutto, tutti i poteri all'ad

Sì del Senato alla riforma della Rai: cambia tutto, tutti i poteri all'ad
di Mario Stanganelli
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Mercoledì 23 Dicembre 2015, 09:38 - Ultimo aggiornamento: 12:51
Per alzata di mano. Dopo la legge di Stabilità, il Senato ha speditamente approvato la riforma della Rai. In assenza di richieste di voto elettronico e senza la registrazione dei voti si è così concluso l'iter parlamentare della controversa riforma fortemente voluta dal governo Renzi, una pietra miliare della quale era stata posta nella stessa legge di Stabilità con la decisione di far pagare il canone agli italiani attraverso la bolletta della luce. Che per la Rai comporterà un introito di 420 milioni in più sul canone, con cui nel 2014 aveva ricavato 1.569 milioni.

Altre colonne portanti della riforma sono l'introduzione della figura dell'amministratore delegato al posto del direttore generale, un Cda più snello non più emanazione della Vigilanza ma eletto direttamente da Camera e Senato e l'istituzione di un presidente di garanzia.

AMMINISTRATORE DELEGATO
Fulcro della nuova governance Rai avrà l'ad di viale Mazzini. Viene nominato dal Cda su proposta dell'assemblea dei soci (quindi del Tesoro), resta in carica per tre anni e può essere revocato dallo stesso Consiglio. Può nominare i dirigenti, ma per le nomine editoriali deve avere il parere del Cda. Assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione anche dei giornalisti, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di lavoro giornalistico. Può firmare contratti fino a 10 milioni di euro e ha massima autonomia nella gestione economica. Per la figura dell'ad è prevista l'incompatibilità con cariche di governo ricoperte nei 12 mesi anteriori alla nomina, non deve inoltre avere conflitti di interesse o cumulare cariche in società concorrenti. All'amministratore delegato spetta anche l'approvazione del piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale, che prevederà la pubblicazione dei compensi dei soggetti, diversi dai titolari di contratto di natura artistica, superiori ai 200 mila euro. Ad assumere nella prima fase di applicazione della legge i poteri dell'ad sarà il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto, mantenendo comunque quelli attuali.

CDA E PRESIDENTE DI GARANZIA
Il nuovo Cda Rai sarà composto da sette membri, oggi sono nove. Quattro eletti da Camera e Senato, due nominati dal Consiglio dei ministri su proposta del titolare dell'Economia, uno designato dall'assemblea dei dipendenti dell'azienda. Al Cda è affidata l'approvazione del piano industriale e del piano editoriale, del preventivo di spesa annuale, degli investimenti superiori ai 10 milioni di euro, degli atti e dei contratti aziendali aventi carattere strategico. Tra i 7 membri del Consiglio sarà scelto quello che viene denominato un «presidente di garanzia», che dovrà, appunto, avere il parere favorevole dei due terzi della commissione di Vigilanza. A tutti i componenti degli organi di amministrazione e controllo della Rai, ad eccezione dell'amministratore delegato, sarà applicato il ”tetto“ retributivo di 240 mila euro. Tra i requisiti per la nomina dei vertici aziendali, la riforma inserisce «l'onorabilità», prevedendo inoltre che la composizione del Cda sia definita favorendo, tra l'altro, la presenza di entrambi i sessi e l'assenza di confitti di interessi.

CONTRATTO DI SERVIZIO
Il ddl di riforma prolunga a cinque anni, dagli attuali tre, la disciplina dei contratti per lo svolgimento del servizio pubblico e potenzia il ruolo del Consiglio dei ministri che delibererà gli indirizzi prima di ciascun rinnovo del contratto nazionale. Nel corso del passaggio della legge alla Camera è stata introdotta una norma con la previsione di una consultazione pubblica in vista del rinnovo della concessione del prossimo anno. Infine, l'articolo 3 detta norme sulla responsabilità dei componenti del Cda e prevede la deroga, rispetto all'applicazione del codice dei contratti pubblici, per i contratti aventi per oggetto l'acquisto e lo sviluppo di programmi radiotelevisivi.

REAZIONI CONTRASTANTI
Reazioni opposte di maggioranza e opposizione alla riforma appena varata Tra i più tranchant è Maurizio Gasparri: «Una leggina anticostituzionale che - secondo l'esponente di FI - sarà abolita dalla Consulta». Bocciatura secca anche dal 5Stelle Roberto Fico presidente della Vigilanza: «Non esiste nessuna riforma della Rai. Quella approvata dal Senato è una Gasparri 2.0. E' la peggiore legge che si potesse fare per il servizio pubblico. Sarà una Rai fortemente lottizzata dai partiti che continueranno a spartirsi incarichi e poltrone». E di «colpo all'autonomia dell'azienda portata dal governo sotto il proprio diretto controllo» parlano il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, e il segretario dell'Usigrai Vittorio Di Trapani. Al contrario, per il sottosegretario con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, «con l'approvazione della riforma, la Rai diventa un'azienda di servizio pubblico più moderna, più efficiente e trasparente». Con un vero Ad e un Cda eletto dal Parlamento, secondo Giacomelli, «si rafforza il legame con le istituzioni e con il sistema-Paese, non con i partiti».