Vita da infermiere in manicomio: "Vivevamo tra elettroshock, prostitute e ubriachi"

Adriano Sattolo
Adriano Sattolo
di Paola Treppo
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Lunedì 16 Gennaio 2017, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 09:33
PASIAN DI PRATO (Udine) - Oggi ha 75 anni, Adriano Sattolo, un ex infermiere del vecchio manicomio di Sant'Osvaldo, a Udine; è in pensione da un pezzo e vive a Pasian di Prato, alle porte di Udine. Per 26 anni ha lavorato nella struttura per malati di mente, che poi, con la Legge Basaglia, si è trasformata del tutto. Da allora è passato tanto tempo ma per Adriano è come se fosse ieri. Mantiene i contatti con i vecchi colleghi, per far gruppo, anche per non dimenticare quel periodo della sua vita. Organizza incontri e racconta come si viveva e si lavorava nell'ex ospedale psichiatrico

Tra alcolizzati e anziani senza casa
«Era un altro mondo. C'erano almeno 1500 ospiti, quando ci lavoravo io. Arrivava ogni genere di persona, molti dei quali non avevano malattie mentali ma solo il problema di bere troppo. Venivano tenuti lì, all'inizio solo per un mese. Se poi venivano "schedati", alla fine di quei 30 giorni, diventavano a tutti gli effetti, per la legge, dei malati psichiatrici, e così restano praticamente tutta la vita: venivano riconosciuti pericolosi per sé stessi e per gli altri, anche se non era proprio così». «In quei tempi non c'erano, come ora, i gruppi di auto mutuo aiuto, né i centri per gli alcolisti anonimi. Li curavamo, se così si può dire, con l'antabuse, un farmaco che, se assunto insieme all'alcol, li faceva stare molto male. Il manicomio, ai tempi, era di fatto un ricovero per persone con i problemi più diversi e che non sapevano dove andare, o che non si sapeva dove mandare. Perché non c'erano tante case di riposo o case famiglia, o l'assistenza capillare sul territorio che c'è oggi. Era anche un modo per non lasciare queste persone sole, sulla strada; specialmente quelle che non avevano parenti, quelle anziane e senza pensione, chi non aveva da pagarsi le bollette e perdeva la casa. O la casa non l'aveva mai avuta». 

Accolti gli ansiosi e le prostitute
«Venivano mandate lì anche le prostitute, che di problemi mentali non ne avevano neanche uno, o le persone ansiose. Tra medici, infermieri e assistenti sociali eravamo più di 300; quando era necessario si legavano gli ospiti al letto, si facevano gli elettroshock ma non sono mai state fatte, per quel che ricordo, delle lobotomie o le cure con i bagni ghiacciati, come si è sentito in altri manicomi. Io ho cominciato a lavorare lì che avevo 28 anni, finita la scuola di infermiere. Nonostante tutto c'era già qualche iniziativa positiva, che poi è andata avanti nel tempo: il fatto di rilassare gli ansiosi e i malati portandoli a curare l'orto, ad esempio, oppure li portavamo a seguire la messa, nella chiesetta». 
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