Un anno fa il mistero del volo Malaysia
scomparso: l'ipotesi del suicidio del comandante

Un anno fa il mistero del volo Malaysia scomparso: l'ipotesi del suicidio del comandante
di Mauro Evangelisti
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Domenica 8 Marzo 2015, 09:17 - Ultimo aggiornamento: 18:13
La chiamano «the rogue pilot theory», la teoria del pilota canaglia. E più semplicemente, in questo caso, del comandante che fa precipitare l’aereo per togliersi la vita, uccidendo così anche gli altri passeggeri a bordo.

8 marzo 2014, un anno fa: il volo Mh370 della Malaysia Airlines alle 00.41 decolla dall’aeroporto di Kuala Lumpur con destinazione Pechino. Dopo 40 minuti terminano i contatti, poi il volo scompare dai radar. Il Boeing 777 non è ancora stato trovato e ora tra gli esperti prende forza un ipotesi: se tutto fosse successo perché il comandante avesse scelto di suicidarsi, portando con se gli altri 238 passeggeri? Perché passare, fuori rotta, dove dalla cabina si poteva vedere l’isola di Penang? Era l’ultimo, simbolico, saluto, che il comandante Zaharie Ahmad Shah, 53 anni, voleva dare alla sua terra d’origine prima di fare precipitare l’aereo?



In un mistero che, dopo 365 giorni, non ha ancora una soluzione, questa ipotesi, che da mesi rimbalza nella stampa internazionale e che è stata anche rilanciata da un libro-inchiesta, è ancora presente, perché ben si adatta alle poche cose certe di questa storia.







Il volo della Malaysia Airlines diretto a Pechino aveva 239 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri, in maggioranza cinesi. Le ultime parole pronunciate dal comandante furono «Goodnight Malaysian three seven zero», buonanotte Malaysian 370. Da allora, i parenti di 239 persone vivono in una cupa incertezza, attendono ancora che sia scritta la parola fine sul destino dei loro cari. Alle ricerche dell’aereo, che si suppone inghiottito dall’Oceano Indiano, hanno partecipato 27 paesi: non solo, come è ovvio, la Malesia, la Cina e l’Australia, ma anche gli Stati Uniti. Tutto inutile. Sono stati spesi 94 milioni di dollari, presto i fondi termineranno e potrebbero essere sospese le ricerche.



La rotta seguita dal Boeing 777 è inspiegabile. Certo, potrebbe esservi stato un guasto, ma secondo gli investigatori, sulla base dell’analisi dei dati del satellite e di quelli dell’aeroplano prima di perdere i contatti, l’Mh370 si è diretto verso sud, in pratica all’opposto della rotta che doveva portarlo a Pechino. La Bbc ha citato un esperto pilota di Boeing 777, il capitano Simon Hardy, che ha notato un particolare: «Prima di sparire è come se dall’aereo qualcuno avesse voluto dare un ultimo, lungo ed emozionante sguardo all’isola di Penang. Il capitano di quel volo era originario dell’isola di Penang».



Ecco, allora affacciarsi la tesi dell’azione deliberata, rilanciata anche da un libro, «Goodnight Malaysian 370» scritto dal pilota Ewan Wilson e dal giornalista investigativo Geoff Taylor, neozelandesi. Secondo loro, potrebbe essere andata così: il comandante Zaharie Ahmad Shah ha volontariato depressurizzato la cabina, privando di ossigeno i passeggeri (sarebbero così morti dopo 20 minuti). Prima avrebbe chiuso fuori dalla cabina il copilota e poi avrebbe seguito una rotta che gli consentisse di nascondersi dai radar. Il capitano Hardy, intervistato dalla Bbc, nota anche come l’aereo abbia volato entrando e uscendo dai territori della Malesia e della Thailandia per otto volte. «Era forse una scelta oculata, per fare pensare ai rispettivi controllori di volo che non vedevano più l’aereo che fosse nella giurisdizione dell’altro paese. Il volo fa varie ”svolte”, uno strana rotta ad ”uncino”: ho pensato molto a cosa servisse. E ho concluso che in quel modo si potesse vedere l’isola di Penang».



E’ solo una ipotesi, non ci sono certezze, e va a colpire la memoria di una persona che non c’è più e non può difendersi. La sorella maggiore del comandante Zaharie Ahmad Shah, parlando con i giornali malesi, ha chiesto rispetto per il fratello. Sakinab Shah ha detto: «Senza prove tangibili nessuno ha il diritto di incolpare il fratello per l’aereo scomparso». Zaharie era sposato e aveva tre figli. «Oltre a essere un padre affettuoso, era generoso e gentile con un forte senso dell'umorismo. Amava la vita, la famiglia e il volo».



Nik Huzlan, 56 anni, pilota in pensione della Malaysia Airlines, amico e collega di Zaharia Ahmad Shah, spiega in alcune dichiarazioni rilasciate al quotidiano malese New Straits Times, di essere certo che a far tornare indietro il volo partito da Kuala Lumpur e a cessare le comunicazioni con i controllori di volo, sia stato un intervento umano, dall’interno della cabina. «Ma in 30 anni di amicizia con Zaharie non ho mai visto un solo particolare che mi faccia supporre che fosse capace di un’azione del genere. Ma certo, sulla base della logica e lasciando da parte le emozioni, può succedere che il tuo miglior amico possa avere un segreto oscuro».