In pensione a 62 anni con penalità: governo al lavoro su tre opzioni

In pensione a 62 anni con penalità: governo al lavoro su tre opzioni
di Giusy Franzese
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Sabato 2 Agosto 2014, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 3 Agosto, 11:07
Piace l’intenzione del governo di introdurre nuove regole per consentire la flessibilit dei tempi di pensionamento.

Cgil, Cisl, Uil, Federmanager, esponenti politici: sono tutti positivi i commenti seguiti all’annuncio, fatto dal ministro del Welfare Giuliano Poletti con un’intervista al Messaggero, di voler affrontare l’argomento a ottobre con la legge di Stabilità.



L’idea è quella di fornire un ventaglio di possibilità al lavoratore che intende lasciare il lavoro per andare in pensione prima dei tempi canonici fissati dalla riforma Monti- Fornero. Poletti ha parlato di «strumenti differenziati adatti e coerenti con le diverse situazioni». I sindacati chiedono l’apertura di un tavolo di confronto.



In questo momento sono tre le opzioni sul tavolo del ministro: la possibilità di anticipare la pensione fino a 62 anni di età con penalità; quota 100; un ”ponte“ per chi ha perso il lavoro a pochi anni dal raggiungimento dei requisiti richiesti per l’accesso all’assegno pensionistico. Tutte e tre, come detto, potrebbero entrare nel menù della legge di Stabilità. Ovviamente l’aspirante pensionato ne potrà scegliere solo una, in base alle sue convenienze e alla situazione personale. Non è ancora escluso che a queste tre opzioni se ne possa affiancare anche un’altra: quella della cosiddetta ”staffetta generazionale“, con il lavoratore over 60 che, per consentire all’azienda di assumere un giovane, dimezza l’impegno lavorativo con un part-time e intanto inizia a percepire metà pensione.



LA PROPOSTA BARETTA-DAMIANO

Il disegno di legge messo a punto già nella scorsa legislatura prevede, con 35 anni di contributi, la possibilità di anticipare l’età del pensionamento fino a 62 anni, con un sistema di penalizzazioni (dal 2 all’8% a seconda di quanti anni mancano ai 66). Nessuna penalizzazione per chi ha maturato 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. «È un meccanismo che garantirebbe enormi benefici di equità sociale e anche per i giovani, perché immobilizzare i lavoratori fino a 67 anni significa chiudere le porte del mercato del lavoro ai nostri figli e ai nostri nipoti» spiega Cesare Damiano, firmatario del ddl e presidente della commissione Lavoro della Camera. Il problema di questa proposta è il costo molto alto, nonostante la penalizzazione resti ”a vita“. Si sta quindi lavorando a ipotesi con penalizzazioni più alte, in un range compreso tra il 3 e il 10%. «La flessibilità in uscita dal lavoro è una misura urgente e necessaria. Trovare punti di mediazione è possibile» commenta il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta (altro firmatario della proposta).



IL RITORNO DELLE QUOTE

Il sistema delle quote (mix contributi-età anagrafica) abolito dalla riforma Fornero torna tra le opzioni. Ma con un tetto più alto: quota 100 (prima delle Fornero nel 2013 ci si sarebbe dovuti assestare a quota 97). In pratica chi ad esempio ha 40 anni di contributi e 60 di età può andare in pensione senza penalizzazioni.



IL PONTE

Questa opzione varrebbe per chi, a pochi anni dalla pensione, si ritrova disoccupato e senza ammortizzatori sociali (gli esodati ad esempio): in questi casi si potrebbe chiedere un anticipo dell’assegno pensionistico fino ad un certo limite (equiparato all’Aspi) da restituire successivamente a rate. Accanto all’ipotesi ”ponte“, per ora resta in piedi anche quella del ”prestito“ che possono chiedere tutti i futuri pensionandi dai 62 anni in sù.
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