Morta Filippone, a Napoli il rebus del vice; Manfredi avvisa il M5S: «Stop battaglie elettorali»

Morta Filippone, a Napoli il rebus del vice; Manfredi avvisa il M5S: «Stop battaglie elettorali»
di Luigi Roano
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Domenica 17 Luglio 2022, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 11:27

Ci sperava e ci credeva il sindaco Gaetano Manfredi nel ritorno di Mia Filippone, ci sperava soprattutto per il legame umano - molto antico e forte - tra loro. Ci sperava però anche per il suo profilo politico, un classico tecnico di area di centrosinistra senza tessera di partito. Invece, la prematura dipartita della Filippone scombussola gli equilibri che devono essere messi a posto. Non subito, è probabile che se ne parlerà a settembre. Probabile, ma non certo perché al netto della scomparsa della vicesindaca, nella capitale del campo largo cioè dell'alleanza tra Pd e M5S la stessa alleanza è a rischio. Gli scenari futuri della giunta e della stessa maggioranza che sostiene Manfredi passano per Roma, e più specificamente sulla tenuta del governo guidato da Mario Draghi. La sostanza è questa: se il M5S esce e non ricuce con il premier, le possibilità che saltino le alleanze con i dem sono molto alte e allora a Napoli si aprirebbero scenari completamente diversi da quelli attuali. Per capire bene la tensione quanto è alta basta leggere quello che scrive Manfredi commentando la lettera che i sindaci hanno scritto al premier invitandolo a resistere.

«Condivido lo spirito della lettera sottoscritta dai colleghi sindaci.

Napoli, le città, l'Italia hanno bisogno di un governo stabile e nel pieno delle sue funzioni operative. Mi auguro che Mario Draghi possa continuare a essere presidente del Consiglio. È il tempo della saggezza, non delle battaglie elettorali» le parole di Manfredi. E chi sta facendo la battaglia elettorale è Giuseppe Conte capo dei pentastellati al quale il voto anticipato servirebbe come il pane, anzi come ultimo tentativo per recuperare consensi, insomma un ritorno al grillismo, all'uno vale uno per dare una scossa all'elettorato duro e puro del Movimento.



Un monito - quello di Manfredi - molto esplicito. In giunta i 5S hanno 2 assessori - Luca Trapanese ed Emanuela Ferrante - e solo 3 consiglieri comunali. Fino a prima della scissone erano 6 gli eletti del popolo, oggi sotto la bandiera del Movimento ci sono solo il capogruppo Ciro Borriello, Salvatore Flocco e Claudio Cecere. E nonostante il dimezzamento mantengono due assessorati. Gli altri tre componenti sono migrati in Insieme per il futuro che fa capo al ministro degli esteri Luigi di Maio: si tratta del capogruppo Flavia Sorrentino, Fiorella Saggese e Gennaro Demetrio Paipais, ma a differenza del Movimento non hanno nessun assessore in giunta. In questo cointesto il Pd è il primo partito della maggioranza con i suoi 6 consiglieri comunali e tre assessori ovvero Palo Mancuso che è il presidente provinciale dei dem, Teresa Armato e Chiara Marciani in quota del governatore Vincenzo De Luca. Dovesse cadere il Governo Draghi cosa succederebbe? La cosa più probabile è che salterebbe il campo largo così come lo conosciamo adesso. Del resto anche in queste ore tra i pentastellati romani è apertissima la discussione sul ritiro dei loro ministri dall'esecutivo.

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In questa cornice come potrebbe reggere la maggioranza Manfredi e la sua squadra? A Napoli, con i dimaiani dentro la maggioranza, il sindaco non avrebbe problemi di numeri per mantenere l'Aula. Ma dovrebbe cambiare la giunta dando agli uomini di Di Maio - che a prescindere dalle vicende romane - a settembre andranno alla carica per avere riconoscibilità anche in giunta. La sostanza è che fino a mercoledì quando Draghi ritornerà alla carica niente si muoverà. Un eventuale dopo Draghi sarebbe molto problematico per Manfredi. Intanto, con ogni probabilità, la caduta del Governo porterebbe il Pd a essere il partito dal quale il sindaco dovrebbe pescare la figura del vicesindaco, sarebbe ancora di più il partito di maggioranza relativa. Poi accontentare i dimaiani e rimettere a punto l'alleanza con la sinistra. La contromossa di Manfredi per riequilibrare la maggioranza potrebbe essere la costruzione di quel polo riformista in Consiglio comunale al quale sta pensando da un po' di tempo, a partire dal suo gruppo, quello che porta il suo nome, composto da 5 consiglieri il secondo per grandezza della maggioranza.

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