Sal Da Vinci aggredito sull'aliscafo da Procida per difendere Fatima Trotta: «Pronto a lasciare Napoli e l'Italia»

Sal Da Vinci aggredito sull'aliscafo da Procida per difendere Fatima Trotta: «Pronto a lasciare Napoli e l'Italia»
di Domenico Ambrosino
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Giovedì 3 Settembre 2020, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 06:58

«Il dolore che ho dentro l'anima è molto più forte di quello che sento per la mandibola gonfia e la contusione allo sterno». Il giorno dopo l'aggressione subita sull'aliscafo in partenza da Procida, Sal Da Vinci è se possibile ancora più scosso. «Sono veramente sconvolto», dice al telefono: «Al di là dei danni economici, che coinvolgeranno non solo me ma tutte le decine di miei collaboratori, visto che non so quando potrò riprendere a cantare, mi sento assalito da un'angoscia profonda. Perché a riflettere su quanto accaduto mi accorgo che la nostra è davvero una società ingiusta, squilibrata. È davvero inaccettabile vivere così».
 


Cos'è che la indigna?
«L'aggressione che ho subìto è scaturita da un fatto molto semplice: ho preso le difese di due donne che erano state volgarmente offese. E questo solo per il fatto che avevano cercato di depositare nell'apposito vano il loro bagaglio che ostacolava quello di un altro passeggero».

Una violenza gratuita?
«Assolutamente. Ogni violenza, ovvio, è ingiustificata. Ma quello che è accaduto martedì mattina va oltre, è il segno di uno squilibrio evidente nella società».

Ed è vero che per questo sarebbe pronto ad andar via dall'Italia?
«Io amo il mio Paese e più di tutto Napoli, la città in cui sono nato e vivo con la mia famiglia. Ma questa vicenda mi ha segnato dentro. Voglio e chiedo giustizia. Non si può andare avanti in questo modo».

Quale giustizia invoca?
«Giustizia significa che non si può far finta di niente di fronte a questi atteggiamenti arroganti e provocatori, che sono il segno di un malessere più profondo che alberga nella nostra società. Non può e non deve finire tutto in una bolla di sapone. Napoli è una città bellissima e nobilissima, abitata per la maggior parte da gente perbene. Ma ci sono anche delle persone che compromettono la vita civile, ne macchiano indelebilmente l'immagine. E questo non va bene, non è più accettabile».

Oltre che picchiato, lei è stato pesantemente minacciato. Cosa ricorda di quei momenti?
«Mi rimbalzano nella mente quelle livide minacce: io ti conosco, so chi sei e dove abiti, ti vengo a prendere e ti sparo a te e alla tua famiglia! Tutto perché avevo civilmente chiesto un atteggiamento e un linguaggio più consono verso due signore».

Cosa è successo dopo la sua denuncia?
«Niente, ancora niente».

Il sindaco di Procida e la ditta del servizio rifiuti per la quale lavora il suo aggressore le hanno espresso piena solidarietà. Ma affermano di non poter prendere provvedimenti in quanto l'episodio è avvenuto al di fuori dell'orario di lavoro.
«Di fronte a simili vicende se la società civile, nelle sue diverse espressioni, fa finta di nulla e non si impegna per contrastarle, vuol dire che è una società malata. Io non sono un avvocato, ma voglio solo ricordare a me stesso che la persona che mi ha aggredito era vestita con la tuta da lavoro. Quindi aveva uno status ben individuabile».

Insomma lei si aspetta provvedimenti severi.
«Ripeto, non solo i pugni mi hanno fatto male, ma sono state soprattutto le minacce a ferirmi profondamente. Se la giustizia non farà il suo corso, allora veramente dovrò mettere in agenda la possibilità di lasciare Napoli e l'Italia. Io sono un passionale, sono rimasto a vivere nella mia città con la mia famiglia, sono pazzo d'amore per Napoli e la canto andando in giro per tutto il mondo. Ma non tollero la violenza. Se i violenti in questo Paese possono fare quello che vogliono e non vengono fermati, allora vuol dire che devo andare via».

E non sarebbe, questa, una resa?
«Io sono contro la violenza.
Specie quando viene espressa contro chi si pensa che sia un soggetto debole, nel nostro caso due piccole grandi donne, cioè la presentatrice Fatima Trotta e la corista Federica Celio. Ma sono speranzoso. Ho fiducia. Sono certo che la vicenda troverà una risposta nel senso della legalità e della giustizia. Le giovani generazioni ci guardano, abbiamo bisogno di messaggi forti e positivi». 

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