Beni confiscati, sos Lamorgese:
«Ad Acerra non si è fatto abbastanza»

Beni confiscati, sos Lamorgese: «Ad Acerra non si è fatto abbastanza»
di Pino Neri
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Venerdì 19 Novembre 2021, 11:50

Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, lancia l'allarme sui beni confiscati nel Napoletano, sollecita un coordinamento e chiede di blindare il tesoro dei fratelli Pellini, i Re Mida dei rifiuti. Saccheggi, incendi dolosi e degrado stanno colpendo in particolare due simboli della storica inchiesta della magistratura: un grande agriturismo e la fabbrica in cui venivano trattati i rifiuti liquidi pericolosi. Ma il patrimonio è gigantesco, ha un valore di 222 milioni. Conti correnti milionari, ville, case, fabbriche, auto di lusso e persino elicotteri che il tribunale ha confiscato in primo grado, due anni fa, ma sui quali pende una richiesta di restituzione che sarà discussa a dicembre, nell'appello avanzato dagli imprenditori dello smaltimento condannati per disastro ambientale dopo aver sversato, nei primi anni Duemila, grandi quantità di rifiuti ad Acerra e in varie zone dell'hinterland.

Il ministro Lamorgese ha fatto sapere di aver interpellato gli organismi che stanno gestendo i beni confiscati ai Pellini. «Non è stato fatto abbastanza: manca un coordinamento tra le istituzioni in grado di tutelare i beni sottratti ai condannati per il disastro ambientale di Acerra», ha scritto nell'interrogazione del deputato Antonio Del Monaco, componente la commissione parlamentare ecomafia. Nel documento Lamorgese fa notare una difficoltà di fondo, legata al fatto che «l'Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati non ha ancora assunto l'amministrazione dei beni in questione perché pende il giudizio di appello sulla confisca». Ma il ministro ha voluto lo stesso allertare gli uffici competenti. «È stata richiamata l'attenzione scrive sull'opportunità di avviare interlocuzioni con l'Autorità giudiziaria finalizzate a individuare un percorso condiviso che possa rafforzare l'azione delle istituzioni a salvaguardia della legalità e per la protezione dell'ambiente».

Sottolineati inoltre gli sforzi delle forze dell'ordine. Il tesoro dei Pellini è gestito dal 2017 da due amministratori nominati dal tribunale di Napoli, sezione misure di prevenzione. Secondo quanto appreso gran parte del tesoro dei Pellini versa in buone condizioni. Sarebbe stato lo stesso tribunale ad aver appena verificato il buono stato complessivo dei beni. Le case e le ville confiscate in primo grado sono in affitto. Una fabbrica di smaltimento è in liquidazione. Le altre società sono ancora attive e stanno operando in nome e per conto dello Stato. Si stanno anche caratterizzando i terreni inquinati per bonificarli. Situazione complessivamente sotto controllo. Ad Acerra però ci sono due simboli di questa storia: un ex stabilimento, davvero malconcio, per il trattamento degli scarti liquidi, ubicato sul canale dei Regi Lagni, e un agriturismo depredato di ogni cosa e pesantemente vandalizzato. L'agriturismo, un'imponente villa di campagna del Settecento, ad agosto è stato incendiato due volte. La seconda volta è capitata proprio quando l'onorevole Del Monaco ha annunciato un'ispezione nel bene confiscato, effettuata in quei giorni.

I fratelli Pellini abitano nelle loro enormi ville confiscate, non in via definitiva, ad Acerra. Dei 7 anni di reclusione a cui sono stati condannati ne hanno trascorsi circa 3 in carcere, grazie all'indulto. «Ma l'intervento del ministro Lamorgese commenta l'ambientalista Alessandro Cannavacciuolo è servito a non far calare l'attenzione su un problema per il quale bisogna fare ancora giustizia.

Se anche fosse restituita ai tre condannati soltanto una parte dei beni ciò non solo rappresenterebbe una sconfitta dello Stato ma sarebbe un'ulteriore pugnalata alla nostra terra martoriata».

Il deputato Del Monaco aggiunge che «la situazione nei beni ispezionati ad agosto è davvero terribile, per cui è necessario che le istituzioni locali facciano finalmente sentire la presenza dello Stato» e auspica che «i proventi della confisca possano riparare almeno una parte del danno subito dal territorio».
Una storia lunga con cifre record. Il 19 gennaio 2019, cioè 13 anni dopo gli arresti dei fratelli Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini (quest'ultimo ex maresciallo del nucleo informativo dei carabinieri di Napoli), e due anni dopo la loro condanna definitiva per «disastro ambientale immane» nella Terra dei Fuochi, il tribunale delle misure di prevenzione di Napoli decise la più imponente confisca dell'ecomafia: 250 fabbricati, stabilimenti, case in mezza Italia, 4 aziende, 68 appezzamenti, 50 tra auto, moto di lusso e autoveicoli industriali, 49 rapporti bancari e 3 elicotteri. Beni frutto, per la magistratura, dello scarico indiscriminato nel Napoletano dei rifiuti tossici del nord Italia.
 

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