KRAMATORSK - I soldati riempiono sacchi di sabbia a rinforzo di nuove trincee poste lungo le arterie d’ingresso principali della città. Il fronte russo si è attestato ormai da mesi a una ventina di chilometri di distanza sul fiume Siverskiy Donets a nord e a est fuori dalla cittadina di Bakhmut. Ma se prima della presa di Severodonetsk qui a Kramatorsk arrivavano solo missili, da mesi ormai anche l’artiglieria continua a martellare la città. La stessa sorte tocca a Sloviansk, città gemella a pochi chilometri di distanza. Città militarizzate, dove nei pochi esercizi aperti si trovano più persone in uniforme che civili. «Qui solo due giorni fa sono caduti due missili, Tochka-9 o C-300. Un primo missile ha distrutto una scuola. Loro pensano che qui ci siano militari ma noi non stiamo qui», racconta un ufficiale della Guardia Nazionale. La scuola è stata quasi completamente distrutta. In mezzo alle macerie si intravedono solo libri e dei giocattoli, come un triciclo rosso di plastica.
La prof combattente
Davanti alla scuola distrutta a un certo punto arriva una ragazza con un monopattino elettrico.
La battaglia
Quando la stazione di Kramatorsk è stata colpita da un missile russo, lasciando sul terreno più di cinquanta morti e centinaia di feriti, tutti civili che stavano cercando di prendere i treni di evacuazione per andare a ovest, Yulia doveva prestare servizio come volontaria proprio vicino a un tendone verde sul primo binario. Un messaggio inviato da un fotografo italiano le salva la vita. Per rispondere si ferma usando il traduttore sul telefonino. Quello che ha vissuto quel giorno non riesce a dimenticarlo. «Credevo di aver perso tutto. Non lavoravo più, non dormivo e non avevo più voglia di fare nulla, poi ho pensato che la mia esperienza come informatica potesse essere di aiuto e mi sono arruolata, e con me mio padre. Sono sulle seconde linee e ho iniziato ad addestrarmi come operatore di droni, ma è un lavoro molto pericoloso. Un ragazzo del nostro battaglione è stato ucciso da un colpo di mortaio, i russi lo avevano individuato. Adesso sto studiando con altri compagni un sistema per confondere le posizioni Gps, in modo da non essere individuati. Volevo rendermi utile per il mio paese, per difenderlo e questo è il mio piccolo contributo». Yulia ha deciso che non parlerà mai più russo. «Per me, che in parte ho origini russe, quella lingua è sepolta e dimenticata».