Ucraina, le aziende occidentali che non abbandonano la Russia: da Auchan a Leroy Merlin (e c'è chi chiude a metà)

Ucraina, le aziende occidentali che non abbandonano la Russia: da Auchan a Leroy Merlin (e c'è chi chiude a metà)
Ucraina, le aziende occidentali che non abbandonano la Russia: da Auchan a Leroy Merlin (e c'è chi chiude a metà)
di Michela Allegri
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Martedì 22 Marzo 2022, 12:01 - Ultimo aggiornamento: 16:14

L’ultimo annuncio in ordine di tempo è quello del ceo di Enel, Francesco Starace, che ha fatto sapere che il colosso energetico nel giro di pochi mesi cesserà di operare in Russia. La lista di aziende occidentali che hanno deciso di abbandonare Mosca dopo quasi un mese di conflitto in Ucraina è lunghissima. Ma sono tante le società che, invece, non hanno ancora rilasciato dichiarazioni, o hanno confermato che proseguiranno le attività nel Paese. È il caso di Auchan, la catena di grande distribuzione francese, che fattura in Russia circa il 10% dei ricavi gobali: dopo Francia e Spagna, Mosca è il suo terzo mercato e i dipendenti impiegati nel Paese sono circa 30mila. Stessa cosa per Renault, che in Russia controlla il marchio Avtovaz e che impiega 40mila persone nelle sue fabbriche. Gli stabilimenti, però, in questo momento sono chiusi per mancanza di componenti, a causa delle sanzioni. Anche Danone, che impiega in Russia 8mila persone, continua a lavorare.

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Le aziende che restano in Russia

Non chiudono nemmeno i 112 negozi Leroy Merlin dislocati in Russia e l’azienda non prevede modifiche nella produzione, anzi.

Il vicedirettore generale della filiale russa ha dichiarato: «Dopo l’uscita dal mercato di alcuni player, siamo aperti a proposte per aumentare le forniture e ampliare la gamma». Continuano le attività anche per le Koch Industries, colosso industriale globale: la controllata russa, Guardian Industries, produce vetro in due stabilimenti. L’azienda ha fatto sapere di non avere intenzione di sospendere i lavori per non danneggiare i 600 dipendenti. Burger King - a differenza di McDonald’s - non ha chiuso i locali in Russia. Il colosso ha però sottolineato che gli 800 ristoranti aperti sono gestiti in franchising da un’azienda russa, che si è rifiutata di chiuderli. Stesso problema anche per la catena Subway, che ha annunciato che donerà i profitti generati in Russia per attività umanitarie in Ucraina.

 

Operatività ridotta

Diversi colossi hanno deciso di proseguire con le attività in Russia, ma riducendo l’operatività. Pirelli - tra le azioniste ci sono diverse società cinesi - ha deciso di diminuire la produzione in modo da continuare a pagare gli stipendi. L’azienda farmaceutica Pfizer ha sospeso i nuovi investimenti in Russia, ma ha mantenuto la vendita di farmaci salvavita. Nestlé, dopo essere stata sommersa dalle critiche, ha fatto sapere si avere mantenuto la vendita di beni primari - quindi tutti gli alimentari - e di avere sospeso la distribuzione di altri prodotti, come le capsule per i caffé. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, collegandosi a una manifestazione contro la guerra in corso a Berna, ha ricordato lo slogan della multinazionale (“Buona vita. Buon cibo”) per criticarne il rifiuto «di lasciare la Russia» persino ora «che ci sono minacce ad altri Paesi europei e un ricatto nucleare» da parte di Mosca. «Abbiamo significativamente ridotto le nostre attività in Russia: abbiamo fermato tutto l’import e l’export dalla Russia, ad eccezione dei prodotti essenziali. Non facciamo più investimenti né pubblicizziamo i nostri prodotti. Non facciamo profitti dalle nostre restanti attività. Il fatto che, come altre società, riforniamo la popolazione con importanti alimenti non significa che continuiamo come prima», ha dichiarato un portavoce della multinazionale svizzera.

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