Ucraina, i russi allentano la morsa su Kiev: le truppe (in difficoltà) ripiegano a Sud

Cambiano campo di battaglia e strategie: Kiev adesso sembra essere fuori portata. L’incognita del nucleare

Una mappa dell Institute for the study of war
Una mappa dell’Institute for the study of war
di Marco Ventura
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Venerdì 25 Marzo 2022, 23:55

La mappa animata dell’Institute for the study of war, uno dei più attenti think tank americani che analizzano l’andamento della guerra in Ucraina, mostra plasticamente le prime accelerate fasi dell’invasione russa, poi il rallentamento, lo stallo, e adesso addirittura qualche contrattacco ucraino che erode le conquiste territoriali dell’Armata russa. Non stupisce allora che per la prima volta, ieri, il comandante operativo nonché vicecapo di Stato Maggiore russo, Sergei Rudskoi, abbia tenuto una conferenza stampa per ridefinire gli obiettivi strategici della sedicente “operazione militare speciale” di Putin, circoscrivendoli e confermando il passaggio a una fase nuova, “prolungata”, del conflitto. 

L’AVANZATA

Quasi un congelamento e una maggiore concentrazione sul Donbass, a sud est, e sulla costa del Mare d’Azov. In pratica, la reazione militare ucraina, almeno attorno a Kiev e in vaste zone a oriente del fiume Dnipro, ha costretto i russi a rinunciare all’avanzata e assumere un assetto difensivo. Lo scenario è quello di una svolta, che pone un limite non solo territoriale all’appetito russo (il Donbass) ma anche temporale: il 9 maggio come fine della guerra, giorno della Vittoria per Mosca e di capitolazione della Germania nazista.
Il Pentagono di fatto conferma il senso delle parole del generale Rudskoi.

Kherson, la prima città espugnata dai russi sul fronte Sud, non sarebbe più nel loro “pieno controllo”. Il martellamento di infrastrutture militari e civili avrebbe sguarnito l’arsenale di missili da crociera aria-superficie, e portato all’uso di scorte con una percentuale di fallimenti sui bersagli tra il 20 e il 60 per cento. E poi il morale basso, le defezioni, l’alto numero di vittime che Rudskoi calcola in 1.351 tra i soldati russi, dato ufficiale sicuramente inferiore alla realtà, con l’uccisione di almeno sei comandanti sul capo, a dimostrazione di problemi nella catena di comando e controllo.

Inoltre, la presenza di volontari bielorussi e mercenari ceceni, siriani e privati affiliati a Wagner-Liga, conferma le difficoltà di rimpiazzo delle prime linee. Rudskoi si preoccupa di elencare gli obiettivi raggiunti, in coerenza con quelli annunciati da Putin. Il primo, la smilitarizzazione dell’Ucraina, considerando la “capacità di combattimento sul terreno significativamente ridotta”, la distruzione di infrastrutture e unità militari, l’annientamento totale della Marina e quello parziale della forza aerea. L’avanzata verso le città, sostiene il numero 2 dello Stato Maggiore russo, era funzionale non alla loro conquista ma a prevenire che potessero partire rinforzi verso il Donbass, dove i russi combattono per la sua “liberazione” e la creazione di un corridoio e una continuità territoriale fra la Crimea annessa da Mosca e le Repubbliche separatiste. L’arretramento a Kherson e i mancati progressi a Mikolayv, sul Mar Nero, dimostrano che sempre di più Odessa è fuori, al momento, dai radar dell’invasione.

TEATRI DI GUERRA

Gli unici due teatri di guerra in cui le forze di Mosca ancora avanzano sono Mariupol, con l’abbandono del porto sul Mar d’Azov anche da parte delle autorità cittadine e l’ingresso dei tank nel centro cittadino, e attorno a Donetsk e Luhansk, i capisaldi dei ribelli filo-Putin nell’Est. È remota, ormai, l’eventualità di un ingresso trionfale a Kiev, la capitale, o nelle altre città bombardate in queste settimane, come Kharkiv, a ridosso del confine orientale con la Russia. E quindi è sfumata ormai la promessa di Putin di decapitare il governo di Zelensky e portare alla sbarra i responsabili, a suo dire, del “genocidio” dei russi del Donbass. Da parte loro, gli ucraini possono rivendicare successi non di poco conto, come l’affondamento di navi russe nel porto di Berdyansk, i contrattacchi a Nordovest di Kiev e quelli che hanno sventato le azioni per accerchiare Chernihiv. Per non parlare della notizia, se confermata, della completa distruzione di un’intera brigata motorizzata d’artiglieria: i sopravvissuti sarebbero solo 3 su 648, secondo l’ufficio di presidenza di Kiev. E mentre le truppe e i mezzi russi migliori, quelli della prima ondata, vengono ora rimpiazzati con coscritti e mezzi obsoleti, il flusso di armi dall’Occidente rafforza gli ucraini. Al netto dell’uso sempre possibile dell’arma tattica nucleare o degli agenti chimici, è una situazione, sul terreno, che dovrebbe indurre Mosca a chiudere presto il negoziato. E a studiare bene la narrativa di una vittoria ormai improbabile, almeno rispetto all’ampiezza che Putin si augurava e aspettava. 

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