Ucraina, il fronte del Cremlino: da Cuba alla Bielorussia, ecco la rete che aiuta lo Zar Putin

La Cina resta su una posizione ambigua. Fonti Usa: rispetterà le sanzioni anti-Putin. Magri (Ispi): «La Russia nell’angolo, ora pesa l’incertezza su come reagirà»

Da Cuba alla Bielorussia: la rete che aiuta lo Zar Putin
Da Cuba alla Bielorussia: la rete che aiuta lo Zar Putin
di Mauro Evangelisti
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Lunedì 28 Febbraio 2022, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 15:16

ROMA Putin è sempre più isolato. Dal punto di vista comunicativo è all’angolo. Pesano le immagini drammatiche dei civili ucraini bersaglio dei missili lanciati da uno degli eserciti più potenti al mondo. E la Russia in queste ore ha visto ridursi pesantemente la lista degli amici, si deve accontentare della Transnistria, del Venezuela, di Cuba. Soprattutto conta sulla Bielorussa, ormai stato satellite, che sta fornendo anche supporto. Putin ha sempre meno follower perché anche la Cina sta prendendo con abilità le distanze. Si è astenuta al Consiglio di sicurezza dell’Onu nel voto sulla risoluzione di condanna all’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina. E i media statali cinesi ripetono che è diplomatica, non militare, la via da seguire per risolvere quella che definiscono ambiguamente «la crisi ucraina».

 


DINAMICA
Non c’è la condanna aperta all’invasione e ai missili contro obiettivi civili, però, secondo fonti dell’amministrazione americana, citate dall’agenzia Europa press, la Cina non intende aggirare le sanzioni economiche e finanziare imposte alla Russia dai paesi occidentali: «Gli ultimi indizi indicano che la Cina non andrà in soccorso, sta restringendo la capacità di alcune sue banche a fornire credito agli acquisti di energia alla Russia, il che suggerisce che la Cina stia rispettando le sanzioni americane». L’ambiguità cinese non è solo opportunista, va valutata pensando a Taiwan. Il colosso asiatico ritiene che l’isola sia parte integrante del suo territorio: se da una parte ne reclama la sovranità, dall’altra non può sostenere l’invasione di un territorio sovrano (l’Ucraina). Spiega Paolo Magri, vice presidente esecutivo dell’Ispi e docente di Relazioni Internazionali all’Università Bocconi: «Sorprende la distanza della Cina dalla Russia, sorprende allo stesso modo la posizione che hanno avuto al Consiglio sicurezza, sulla risoluzione di condanna, l’India e gli Emirati Arabi, che si sono astenuti. Ma in sintesi possiamo dire che Putin è sempre più all’angolo».


AMICI
Se si leggono le dichiarazioni ufficiali, un sostegno reale all’invasione arriva davvero da pochi paesi, anche marginali.

La Bielorussa, certo, è molto di più di un alleato di Putin. Ma l’amicizia di Venezuela (cinico Maduro: «Che cosa pretende il mondo? Che Putin rimanga a braccia conserte?») e Cuba è distante e ininfluente. C’è l’Iran tra gli amici, certo. E l’altro giorno c’è stata una telefonata tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e l’omologo iraniano Amirabdollahian. Ma anche il vicino Kazakistan si è rifiutato di riconoscere le repubbliche di Luhansk e Donetsk.


SCENARIO
E soprattutto l’Ungheria di Orban non ha rotto il fronte dell’Unione europea anti Putin. Magri: «Anche la posizione ungherese può sorprendere perché Orban non ha mai nascosto la fascinazione per il modello russo. E l’Ungheria è tra i Paesi che hanno più da perdere dal punto di vista energetico e per l’impatto economico delle sanzioni. È tra i più vulnerabili. Ma nella memoria storica della popolazione ci sono ancora i carri armati del ’56. E questo ricordo così forte ha avuto probabilmente un effetto decisivo». Russia isolata, Cina sempre più fredda.


Ma servirà a fermare l’aggressione dell’Ucraina? Magri: «Questa è la vera domanda. La strada della mancata contrapposizione militare, scelta da Europa e Stati Uniti, porta a mettere in un angolo la Russia di Putin. Certo, è la opzione più saggia perché la risposta militare porterebbe a scenari complessi. Ma non sappiamo, in un Paese opaco come la Russia e con un leader imprevedibile come Putin, quale possa essere la reazione. Questa incertezza peserà nei prossimi giorni sui destini delle popolazioni ucraine». E non solo.
 

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