«Eravamo in camera, in diretta con 'Uno Mattinà, abbiamo sentito urlare, sbraitare e sbattere la porta. Sono entrati due agenti armati e con il mefisto, hanno buttato giù i due operatori di ripresa a terra, con il ginocchio sulla schiena e facendogli alzare le mani. Non capivano nulla di inglese quindi ci hanno tenuto dieci minuti urlando come pazzi, col kalashnikov puntato alla testa dei colleghi». A raccontare all'Adnkronos la terribile 'disavventurà appena vissuta è Stefania Battistini, l'inviata del Tg1 per raccontare il conflitto in Ucraina che nel momento dell'irruzione si trovava in un hotel a Zaporizhzhia, vicino a Dnipro, insieme ai colleghi Simone Traini e Mauro Folio. «Continuavano a chiederci 'perché siete nel nostro Paese?' -racconta la giornalista- Io, forse perché pensano che le donne siano meno pericolose, sono stata delegata alla ricerca dei documenti». La Battistini ricostruisce la dinamica: «Credo siano stati chiamati dalla direttrice dell'albergo, che credo li abbia chiamati per segnalare un'attività secondo lei sospetta». Il motivo, come spiega l'inviata, è che «qui c'è un livello di paranoia totale, ogni cosa che per loro non è usuale ed è considerata una minaccia. Hanno paura, vivono nel terrore che ci siano spie russe, in parte e comprensibile ma per chi fa il giornalista è un incubo».
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La tensione si è alzata quando gli agenti hanno fatto irruzione anche nella stanza di altri due inviati italiani, Cristiano Tinazzi e Andrea Carrubba, che si trovavano in una delle stanze affianco. «Mi hanno accompagnato a fare la stessa cosa da loro, usandomi come testimone nella loro stanza, hanno rifatto la stessa scena», dice l'inviata.