Ucraina, quanto durerà la guerra? «Un accordo non è vicino, ma il Cremlino ora accetta la leadership di Zelensky»

L'ambasciatore Massolo: "Al momento non vedo mediazioni efficaci. Se una parte dice all'altra che deve arrendersi subito non se ne può uscire"

Ucraina, quanto durerà la guerra? «Un accordo non è vicino, ma il Cremlino ora accetta la leadership di Zelensky»
di Marco Ventura
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Giovedì 17 Marzo 2022, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 09:27

Una bozza in 15 punti come base di un negoziato. La notizia, diffusa dal Financial Times, galvanizza le borse e muove per qualche ora una ventata di ottimismo. Finché Kiev precisa che si tratta solo delle richieste russe e Mosca giudica prematura l'indiscrezione. Scettico (o realista?) Giampiero Massolo, presidente Ispi, già segretario generale della Farnesina e direttore del Dis. «Non vedo al momento esiti negoziali precisi o sbocchi, anche se siamo abituati ad accelerazioni improvvise. È però importante che le due parti si parlino. Un risultato non scontato per gli Ucraini è che mentre Zelensky, nella visione iniziale di Putin, non aveva dignità di capo di Stato, oggi il negoziato si fa con lui. La situazione sul terreno è incompiuta e questo fa sì che non sia alle viste una soluzione negoziale. Tutto dipende dalla percezione che hanno le parti dell'andamento del conflitto».

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Come lo percepisce Putin?
«La sua consapevolezza dei problemi sul terreno è incompleta. È convinto di poter ancora avvantaggiarsi e arrivare a una situazione che si possa descrivere come un esito positivo per lui. Non si spiegherebbe altrimenti come mai alla fase di soffocamento progressivo delle grandi città si sia aggiunto un bombardamento crescente.

Il Blitzkrieg, o guerra lampo, è fallito: le città continuano a non essere sotto il controllo russo. A meno che non si decida di spianarle, ma quanto sarebbe sostenibile per Mosca, agli occhi della propria opinione pubblica, avendo Putin detto che russi e ucraini sono uno stesso popolo? Inoltre, i russi non controllano i cieli e non riescono a fermare l'afflusso di armi all'Ucraina».


Ma è anche difficile che i russi perdano
«Il rapporto di forze è tale, che con ogni probabilità otterranno alla fine un esito positivo, che però si annuncia fin d'ora fortemente mutilato».


Perché, se i tempi non sono maturi, circolano bozze di accordo?
«O i russi vogliono dimostrare al mondo di aver fatto il possibile, oppure si tratta di uno spunto che i negoziatori offrono al capo supremo, a Putin, percepito da loro come non ancora consapevole appieno della situazione. Gli elementi del do ut des sono condizionati da quanto i russi pensano di poter ancora guadagnare e gli ucraini di poter ancora impedire ai russi di guadagnare».


È però evidente il progresso sul concetto di neutralità...
«L'Ucraina aveva già uno status neutrale. Lo aveva dichiarato nell'atto di indipendenza del 1991, che però non ha impedito nel 2014 la presa con la forza della Crimea e l'impossessamento di parte del Donbass. Diversi i modelli evocati: la neutralità dell'Austria nasce da un Patto fra Stati del 1955 e da un atto costituzionale, quelle di Finlandia e Svezia sono scelte tradizionali, storiche. All'Ucraina serve una garanzia di sicurezza esterna, occidentale o di una potenza come la Turchia che è guardiano degli Stretti e dell'accesso al Mar Nero».


Poi c'è il nodo della smilitarizzazione
«Che cosa significa? La riduzione totale all'impotenza militare o una dose di forze armate? L'assenza di basi straniere? La smilitarizzazione coincide per Mosca con la debellatio imposta con un patto di tregua».


La resa, inaccettabile per Kiev. E che ne sarà di Crimea e Donbass?
«Un nodo inestricabile. È difficile per una Ucraina che non sia ridotta a Stato vassallo della Russia accettare a cuor leggero le perdite territoriali. Non si può imporre con un patto quello che la Russia manifestamente non riesce a conquistare. Entra pure in gioco il tema del diritto delle minoranze ucraine e dello status delle minoranze russe nel resto dell'Ucraina».

 


Quindi cosa si può prevedere?
«La Russia in queste settimane è avanzata, dando continuità territoriale tra Crimea e Donbass e cercando di fare altrettanto tra Crimea e Transnistria. Ha occupato territori a Est e a Nordest, e sta marciando da Nord su Kiev. Si può fare come se niente fosse? La Crimea è ascritta di fatto alla Russia, cionondimeno questa incorporazione è avvenuta con un sopruso armato».


C'è il rischio che non se ne esca presto?
«Questa è la mia impressione e il mio timore. La Russia potrebbe restare al di sotto di quello che considera un esito positivo, l'Ucraina potrebbe continuare a opporre resistenza. Tutto ciò allunga i tempi e comporta il rischio che si cristallizzi uno status come in Sud Ossezia, Abkhazia e Transnistria. Un Paese diviso e una presenza militare russa anche là dove prima ufficialmente non c'era, come nel Donbass. Il passare del tempo complica la situazione per i russi, perché dimostra il rischio eccessivo che Putin si è preso. Ecco perché si deve insistere sulla tregua e sui corridoi umanitari, sulla salvaguardia della popolazione civile in uscita. Pur nell'eroismo degli ucraini che resistono per l'indipendenza, e con l'Occidente che li aiuta perché una vittoria di Putin sconvolgerebbe gli equilibri di sicurezza in Europa a netto svantaggio delle democrazie, non possiamo fare come se la popolazione non subisse conseguenze terribili In questo possono esser d'aiuto Paesi come la Cina e la Turchia».


Che cosa significherebbe per l'Ucraina avere come garanti Usa, Regno Unito e Turchia ma non Paesi Ue?
«In un regime di vere garanzie non ci si può limitare a questo. Anzitutto non si può ignorare il formato di Minsk (con anche Francia e Germania, ndr). Usa e Gran Bretagna avevano già prestato garanzie, insieme a Russia, Cina e Francia, su sicurezza, indipendenza e integrità territoriale dell'Ucraina quando col Memorandum di Budapest, Kiev accettò di smaltire la scorta di armi nucleari ereditata dall'Urss, aderì al Trattato di non proliferazione e restituì le testate a Mosca per smantellarle».


Quali sono le mediazioni esterne più efficaci?
«Non è ancora il momento e non ne vedo. Finché una parte dice all'altra che si deve arrendere, non possono esserci altro che buoni uffici».

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