Ucraina, viaggio nel paese liberato Malaya Rohan. «Razzi persino sui pollai»

Cadaveri per le strade, case devastate e macerie: resti di missili anche nei cortili

Ucraina, viaggio nel paese liberato. «Razzi persino sui pollai»
Ucraina, viaggio nel paese liberato. «Razzi persino sui pollai»
di Davide Arcuri
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Giovedì 31 Marzo 2022, 06:32 - Ultimo aggiornamento: 08:47

KHARKIV - «Ci siamo rifugiati nella scuola, pensavamo che fosse un posto sicuro. Quando i russi sono arrivati hanno preso una ragazza e l'hanno stuprata». Ci troviamo a Malaya Rohan, 20 chilometri a sud est di Kharkiv, un villaggio appena liberato dagli invasori russi. Il battaglione inviato da Mosca per occupare questa piccola borgata era composto da circa 120 soldati. Prima i bombardamenti aerei, poi anche la spietata invasione via terra. Oggi dell'avamposto sopra la collina adiacente, che aveva un ruolo strategico per l'assedio di Kharkiv, sono rimasti solo i resti. Ci sono i corpi senza vita dei soldati «ne abbiamo trovati almeno 12», conferma il comandante Maestro, il nome in codice che è obbligatorio utilizzare per farsi raccontare la battaglia e assistere alle operazioni di smantellamento della postazione: «Dopo giorni di intensi combattimenti li abbiamo costretti alla ritirata, hanno avuto ingenti perdite».

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LIBERTÀ RITROVATA
Per la prima volta dopo settimane i civili possono lasciare gli scantinati: rivedere la luce del sole, tornare a respirare un po' di aria di pace.

Per loro la guerra è finita, almeno per ora. La prima persona che incontriamo entrando in paese è un anziano che si porta a casa un sacchetto di carne fresca donato dall'esercito ucraino. «Siamo senza elettricità, senza gas per scaldarci, non abbiamo nemmeno l'acqua - spiega Vassilij -. Datemi un fucile, voglio uccidere almeno un russo». I militari hanno fatto irruzione nella sua abitazione nei primi giorni di occupazione, ma lui ha deciso di non fuggire: «Gli ho detto che se volevano restare in casa mia avrebbero dovuto uccidermi». C'è tanta rabbia negli occhi della gente di Malaya Rohan ma la paura non è passata, perché qui i cittadini si sono appena svegliati da un incubo. E girando per le strade della cittadina ci vuole un attimo a rendersi conto del perché.

LA DISTRUZIONE
I resti dell'assalto sono ovunque. Perché su questo pugno di case in mezzo alla campagna ucraina esercito russo si è davvero accanito. Bombardamenti a tappeto, tutti contro le case. Nessuna base militare, nessun aeroporto: questo è solo un paesello che ha pagato cara la posizione strategica rispetto a Kharkiv. I crateri sono ovunque e passeggiando tra strade, case, scuole si capisce bene che l'attacco era puntato proprio a radere al suolo il villaggio e a far scappare di corsa la popolazione. Ma il piano qui non ha funzionato. Visto il grado di devastazione verrebbe da pensare ad una città fantasma e invece le persone che hanno resistito in questo inferno sono molte. E lentamente tentano di riprendere la vita di sempre. Davanti a casa di Ilena è piombata dal cielo una bomba di 120 chilogrammi. Una voragine profonda almeno 5 metri e larga 20 occupa tutto l'incrocio. Troviamo Ilena insieme a sua figlia intente a raccogliere le prime macerie davanti a casa. Sollevano una grossa coperta davanti alla finestra per organizzare una protezione artigianale. Ma è solo una parte e lei ci tiene a farci vedere il resto: «Venite, vi mostro che devastazione». Entriamo nel cortile, la macchina è stata distrutta dai detriti di asfalto volati in tutte le direzioni: «Guardate, questi pezzi di metallo sono i resti della bomba russa. Li abbiamo trovati ovunque». Non c'è nemmeno bisogno di entrare in casa, andiamo diretti nel giardino sul retro. In quello che un tempo era un pezzo di terreno per le galline ora c'è un enorme cratere che sembra somigliare a un piccolo lago: «L'acqua ha creato questa pozza enorme, non si vede ma è molto più profondo di così».

PERICOLO SCAMPATO
Quello che non si spiega è come mai bombe di quella portata possano essere state sganciate sulle case, in luoghi indifesi come il cortile della casa di Ilena. Quella notte li hanno sentiti tutti e chiaramente gli aerei arrivare. Il boato e poi il buio: «Il Signore ci ha protetto. Qui nei paraggi sono arrivate tre bombe: una nella via qui a fianco, una davanti e una dietro casa - spiega Irina -. Potevamo non essere più qui, è un miracolo che ancora posiamo raccontare questo incubo». Ci spostiamo di poche centinaia di metri e incontriamo una famiglia di sei persone tra cui una bimba di 10 anni. Hanno appena ricevuto degli aiuti alimentari dall'esercito: un po' di pane, qualche chilo di farina e alcune arance. I loro volti sono ancora sconvolti da settimane senza acqua e cibo rinchiusi in cantina. «Quando hanno iniziato ad attaccare pesantemente - spiega nonna Irina - ci siamo rifugiati tutti nella scuola, un luogo sicuro, consigliato dalle autorità. Ci avevano detto che c'erano i rifugi antiaerei e siamo andati senza perdere tempo».

LO CHOC
Alla fine praticamente tutta Malaya Rohan si è nascosta in quella scuola durante i bombardamenti. Poi sono arrivati i russi, hanno preso possesso della città e anche di tutto il resto. «Una mattina sono entrati nel rifugio e hanno portato via una ragazza, solo Dio sa cosa le hanno fatto». Il racconto qui si fa davvero troppo difficile e l'anziana smette di parlare: deve asciugarsi le lacrime, poi fa segno che no, non riesce a continuare l'intervista.

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